Editoriali

Il prezzo della mancata rivoluzione sull'olio di oliva

Il prezzo della mancata rivoluzione sull'olio di oliva

Negli ultimi due anni abbiano realmente fatto cultura e formazione nel consumatore, o il mercato è stato semplicemente costretto ad acquistare l’unico olio d'oliva disponibile?

10 febbraio 2025 | 15:00 | Piero Palanti

Due anni fa, il settore dell'olio extravergine di oliva sembrava pronto a una rivoluzione. La tempesta perfetta si stava preparando: l’olio usato per speculazioni e condizionamento del mercato era scomparso, a causa di problemi climatici e politiche inadeguate. Niente più oli a 5-6€ al litro. Questa carenza ha portato a un drastico calo dei consumi di oli d'oliva a favore di oli di semi più economici, evidenziando una trasformazione nel comportamento del consumatore e la poca conoscenza del prodotto.

Abbiamo assistito a un aumento dei prezzi dell'olio nella grande distribuzione organizzata e a una proliferazione di bottiglie con la dicitura "100% italiano" come mai prima d'ora. Acquistare direttamente dal produttore è sembrata spesso la soluzione ideale, garantendo una qualità certa allo stesso prezzo. Sembrava un sogno che si stava avverando, una chance per valorizzare l’olio extravergine italiano e il suo ruolo in cucina.

Tuttavia, questa apparente opportunità ha sollevato interrogativi: abbiamo realmente fatto cultura e formazione nel consumatore, o il mercato è stato semplicemente costretto ad acquistare l’unico olio d'oliva disponibile? La situazione attuale, caratterizzata da movimentazioni politiche e speculative, potrebbe riportarci a un mercato italiano invaso da oli di dubbia qualità a prezzi accessibili, rischiando di farci perdere tutti i progressi fatti.

Senza politiche protezionistiche che salvaguardino questo patrimonio tutto italiano, non possiamo permetterci di abbassare la guardia. È necessaria una strategia a lungo termine, che non solo promuova l’olio extravergine, ma formi anche un tessuto di consumatori e produttori consapevoli. Questo processo di formazione è essenziale e richiede l'impegno non solo dei produttori, ma di tutti gli attori coinvolti nella filiera.

Chi si fa carico della formazione?

La risposta è semplice: tutti!

La frase "non è compito nostro" non è più accettabile per chiunque operi nel settore dell'olio extravergine di qualità. La formazione deve essere una componente intrinseca di qualsiasi progetto di valorizzazione; altrimenti, qualsiasi sforzo rischia di trasformarsi in mera speculazione. È troppo facile da seduti “intrufolarsi" nel lavoro altrui, mettere un bollino e vantarsi di essere i migliori. Bisogna rimboccarsi le maniche, scendere dai piedistalli e creare nuovi consumatori consapevoli e funzionali alla causa di tutti. Non basta avere due oli negli scafali e fregiarsi di essere esperti consumatori.

Finché l'olio extravergine in Italia sarà trattato come un semplice grasso per cucinare e quindi come un mezzo tecnico, non ci sarà futuro per questo prodotto e soltanto attraverso la formazione possiamo cambiare questo percorso. Un ristorante che ha due belle bottiglie in sala ma usa un olio economico per le sue preparazioni non è un buon rappresentate della qualità, un cliente che paga a sei, nove mesi dopo l’ennesima telefonata è un cliente da abbandonare, o si lavora insieme allo stesso livello o non si lavora affatto.  L’olio extravergine deve essere un fine e non il mezzo.

Il consumatore ideale? Uno che sia consapevole, curioso e desideroso di apprendere, oltre a mostrare un profondo rispetto per i produttori. Solo attraverso un approccio collaborativo e formativo possiamo garantire un futuro prospero per l'olio extravergine di oliva.

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