Editoriali
Dall’hobbismo all’imprenditorialità in olivicoltura, un passo non scontato
Trasformare l'oliveto di famiglia in un’azienda olivicola di successo non è banale. Il rischio è rompere qualcosa di prezioso
27 settembre 2024 | Giosetta Ciuffa
Arriva da Haifa, città nel nord di Israele ai piedi del Monte Carmelo, la notizia della rottura di un vaso risalente a 3.500 anni fa, andato in pezzi poiché un bambino lo ha toccato e fatto cadere. Il museo Reuben e Edith Hecht, in cui il reperto è conservato, crede infatti nella fruizione delle opere senza teche né protezioni. Il vaso era considerato una rarità proprio perché intatto: risale infatti all’età del Bronzo, quindi tra il 2200 e il 1500 a.C., precedente all’epoca del re biblico Davide - consacrato con l’olio del corno di Samuele - e del re Salomone; caratteristico della regione di Canaan sulla costa orientale del Mediterraneo, veniva usato per il trasporto di vino e olio. Oltre al dispiacere di una politica museale dalle conseguenze stavolta nefaste, emerge un concetto che tarda a essere compreso dagli olivicoltori odierni, quelli che sembrano non cogliere il balzo di millenni, quando l’olio si conservava in recipienti del genere e non ci si poteva avvalere delle conoscenze attuali e del supporto della tecnologia.
Non siamo più nell’età del Bronzo o in un versetto biblico e se si vuole un prodotto buono o migliore è indispensabile che si accolga l’innovazione, che intanto, per chi è alle prime armi, potrebbe essere anche solo un cambio di passo mettendosi in discussione. Partire da piccoli accorgimenti che innanzitutto possono apportare benefici anche solo a suolo (inerbimento), ambiente (divieto di bruciatura), piante (corretta potatura) e che possono inoltre essere fonte di contributi. Si potranno poi ricercare i finanziamenti più adatti per ammodernare la propria azienda: non saranno tantissimi ma certamente non mancano. L’invito però è sempre a non diventare una di quelle aziende che sopravvivono solo grazie ad essi e che solo per essi esistono: ecco la necessità di una pianificazione e di obiettivi misurati e misurabili, comunque necessari anche solo per avviare l’azienda agricola.
Posto che individuare tali obiettivi è un’attività che non si improvvisa e richiede esperienza e pratica, è raro che gli olivicoltori ci si cimentino, occupati come sono a fare gli equilibristi tra il lavoro vero, la vita privata, i conti a fine mese in cui infilare anche la gestione hobbistica dell’oliveto. Quanti tra coloro che si riconoscono in questa descrizione hanno steso un piano business per ragionare in maniera più organica, o si accontentano piuttosto di non dover comprare l’olio, senza realizzare che invece la spesa è ben superiore? O invece potrebbe risultare una gestione tutto sommato oculata e quindi varrebbe la pena analizzare alcuni aspetti per un eventuale passaggio all’imprenditoria,
Se in fin dei conti sotto sotto si desidera lasciare la vita condotta fino a quel momento e trasformare l’evasione di qualche giorno in uno stile di vita continuativo, andando a ingrossare le fila di quegli olivicoltori che pur non consigliandolo a nessuno non mollerebbero di un centimetro (ossia tutti quelli realisti ma mossi dalla passione), quello di cui c’è bisogno è più che mai un business plan, o almeno un abbozzo, che serva a capire se è sensato, oltre che possibile, aprire un’azienda agricola e come. Un business plan è ovviamente tutt’altra cosa e va redatto professionalmente; focalizzarsi però su un papabile progetto al fine di meglio definirlo è comunque un buon esercizio che dovrebbero fare tutti (anche chi l’azienda olivicola ce l’ha già, per verificare quanto si stanno centrando gli obiettivi).
A titolo puramente di suggerimento, si può iniziare dal tipo di attività che già si porta avanti: per esempio, (tot) ettari (piani/collinari, unica parcella/separati, tipo di suolo, esposizione, vicinanza a corsi d’acqua…) nella campagna in provincia di (città), a (tot) mt slm, a (tot) km dal centro più vicino (e cosa offre in quanto ad attrattività) con coltivazione di (tipi di colture) tra cui olivi di (cultivar autoctone/allogene, comuni/rare) in asciutta/in irriguo, convenzionale/bio, di età media (anni) che mediamente producono (tot) kg/q di olive (e forniscono lt olio/kg da mensa) che l’azienda potrebbe commercializzare (all’ingrosso/al dettaglio e come, nello specifico) anche nei locali aziendali adatti a (ricezione ospiti/agriturismo/attività oleoturistica/ristorazione e eventuali servizi aggiuntivi).
Solamente un abbozzo, da cui poi si analizza di quali competenze e locali si dispone o meno, su quale prodotto puntare e di che tipo; altro elemento fondamentale, a quale mercato rivolgersi e vedere se si è competitivi (e definire la concorrenza) e quali occasioni offre di crescita; soprattutto, fare i conti con gli aspetti economico-finanziari, senza dimenticare gli elementi distintivi e innovativi che non vanno trascurati, altrimenti difficilmente si rivelerà un’idea vincente. I primi sono quelli che dovrebbero far scegliere il proprio prodotto rispetto all’altrui mentre per innovazione non si intende la tecnologia ma, banalmente, novità significative tali da cambiare il corso dell’azienda o del prodotto. Senza tralasciare la parte di comunicazione e marketing, che però in questa fase di abbozzo può attendere. Già solo riflettere su questo schema è un valido mettersi alla prova - sulla carta - per rivolgersi o meno a qualcuno che possa stilare il vero e proprio piano d’impresa (il professionista stesso avrà bisogno di uno stralcio simile). Primo tra tutti però va definito l’obiettivo aziendale: la produzione di olio? di olive? per farne che, autoconsumo o vendere il prodotto a consumatori o imbottigliatori? O valutare i vantaggi di imbottigliare in azienda? E così via…
Considerato che, a meno che non si posseggano almeno 20 ettari (ma un buon business plan sarà in grado di definire indicativamente anche se e quando acquisire ulteriori terreni), si resterà comunque a un livello marginale dell’imprenditoria olivicola dovendo inoltre impegnarcisi al massimo e facendo tutto da soli, pensare alla propria azienda agricola in ottica business è il minimo per non andare in perdita e essere costretti all’abbandono. E aver curato un oliveto a lungo per poi abbandonarlo all'incuria è un dispiacere simile a quello provato alla notizia del vasellame esposto nel museo Hecht, conservatosi dai re ai… rei, con l’unica differenza che il distruttore di vasi ha sì e no 5 anni…