Editoriali 19/04/2024

I suoli agricoli europei in pericolo: ci riguarda tutti

I suoli agricoli europei in pericolo: ci riguarda tutti

Solo oggi il primo atto legislativo a livello europeo che fa riferimento al suolo e, cioè la necessità di un monitoraggio della situazione e di interventi per avere suoli sani entro il 2050


Un suolo degradato, inquinato, ha bisogno di attenzione, di cure e, soprattutto, di tempo per tornare a produrre cibo. Il 60-70% dei suoli europei è in uno stato di degrado, non solo per l’espansione urbana, le colate di cemento e asfalto, ma anche per quell’agricoltura industrializzata o intensiva sostenuta da un sistema che preferisce la quantità alla qualità. Una situazione davvero preoccupante che non allarma il mondo dell’agricoltura italiana e il mondo di chi questo nostro Paese, ai diversi livelli, lo governa. Meno che mai quello europeo, visto che è di qualche giorno fa il primo atto legislativo dedicato al suolo, una proposta della Commissione Ue per il monitoraggio del suolo, votato dal Parlamento, non all’unanimità, ma da una maggioranza di 336 parlamentari, con 242 che si sono dichiarati contro e 36 astenuti. Come dire che per un numero consistente di chi decide delle sorti del futuro dell’Europa il problema del furto di territorio e, con esso, della fertilità del suolo, dell’agricoltura, del cibo, della sicurezza e sovranità alimentare, non esiste. In pratica  non esiste la crisi climatica, né quella della biodiversità, dell’abbandono, della riduzione/cancellazione della ruralità. Queste ed altre crisi che il degrado dei suoli alimenta.

Si sa che l’agricoltura intensiva, preferita dalle multinazionali e dalle banche, è, con gli allevamenti e dopo i fossili, la seconda voce della crisi del clima. Si sa anche che è, però, la prima vittima dei disastri provocati dalla stessa. Ecco perché, in precedenti articoli, ho addebitato ai trattori, non agli agricoltori,  la protesta che, a cavallo inverno/primavera, ha interessato la gran parte dei  paesi dell’Ue. Lunghe file di trattori enormi ispirate e promosse – è quello che ho pensato - dalle multinazionali dei mezzi tecnici che non vogliono perdere l’80% delle risorse finanziarie europee per l’agricoltura. Risorse avvelenate, visto che sono la causa  prima del pesante degrado del suolo. Non a caso la sola decisione presa dalla commissione europea, in risposta alla protesta, è stata quella della eliminazione delle ultime protezioni ambientali per dare alle banche e alle multinazionali la continuità di influenzare i governi, a partire da quello europeo, a fare scelte che alimentano i loro profitti, anche se provocano disastri. E non solo, che portano alla cancellazione di un mondo, quello contadino e, con esso, dell’agricoltura legata alla qualità dell’origine, il territorio, e alla biodiversità. Quella, soprattutto, della Dieta mediterranea che è vista come un grande ostacolo sulla strada intrapresa della scelta di un cibo alternativo, dichiarato coltivato – senza specificare “in laboratorio” – che andrà a sostituire presto quello prodotto dalla fertilità del suolo, con il terreno e la campagna protagonisti grazie all’esperienza, cura e intelligenza, non artificiale, del coltivatore. Si parla di un investimento di  800 miliardi di dollari, una gran parte di questa enorme massa di denaro destinato a convincere della sua bontà il consumatore.  La dimostrazione che il sistema delle banche e delle multinazionali non dorme perché non ha tempo da perdere se vuole appagare la fame e la sete del suo dio insaziabile, il denaro.

Una riflessione, questa mia, che parte con la notizia, di qualche settimana fa, della inaugurazione a Roma, con gli applausi del Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e Forestale, di Qualivita e delle organizzazioni professionali agricole, il 700° ristorante della multinazionale McDonald’s. Gli stessi che, un giorno sì e un giorno no, si fanno vanto dei successi dell’agroalimentare italiano, ma che non hanno mai speso una parola sul furto di territorio (2,5 mq/secondo in Italia) e sul degrado del suolo con l’agricoltura intensiva. Un riflessione che si chiude con la notizia di qualche giorno fa del primo atto legislativo a livello europeo che fa riferimento al suolo e, cioè la necessità di un monitoraggio della situazione e di interventi per avere suoli sani entro il 2050. Quella dei tempi, ancor più se lontani, è una necessità diffusa nelle istituzioni per non allarmare la finanza e non mettere in crisi le borse, i profitti. Tempi che non vengono mai rispettati, come quelli stabiliti nel 2015 a Parigi per affrontare la già grave situazione climatica, diversamente se si tratta di alimentare la guerra con le armi. Queste sì che interessano, visto che il sistema neoliberista, che governa il mondo, porta ad aumentare i profitti quando depreda e distrugge, con il suolo che paga il prezzo più alto, e, non solo, anche quando c’è da porre mano alla ricostruzione. Con la politica nelle sue mani si sente padrone di fare tutto quello che vuole. Anche provocare disastri che mettono in crisi la natura, soprattutto i rapporti tra i suoi protagonisti, con gli umani sempre più aggressivi nei confronti degli atri due componenti,  i vegetali e gli animali.  Nel tempo del consumismo spietato è possibile questo e altro con noi umani nelle mani dell’intelligenza artificiale e dell’onnipresente dio denaro.  


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Commenti 1

Vito Cartolano
Vito Cartolano
20 aprile 2024 ore 09:52

Sarebbe gradita una maggiore attenzione anche a questo pericolo (molto più attuale):
Il DM sulle Aree Idonee chiede alle Regioni di individuare spazi sul proprio territorio per la localizzazione di 80 Gigawatt di nuova potenza rinnovabile entro il 2030.
Dalla tabella 4 allegata al PNIEC 2023 - Executive Summary, si evince che il 77,2% delle installazioni sono di solare fotovoltaico nelle sue varie forme, pari a 61,76 Gw.
Considerando che per installare un potenziale produttivo di 1 Mw occorrono mediamente due ettari, servono per il 2030 123.530 ettari, pari a 1235,3 kmq di suoli che, in ragione della taglia minima degli impianti per rendere bancabile l’investimento (si chiama: utility scale), sono essenzialmente agricoli. Difatti la grandezza media degli impianti attualmente in corso di autorizzazione è di 84 ettari.
Ne consegue che si utilizzeranno suoli agricoli pianeggianti o collinari spesso coincidenti con quelli più facilmente coltivabili, irrigabili e meglio collegati.
Francia. Niente fotovoltaico sui terreni in attualità di coltivazione. Così Parigi tutela la sovranità alimentare
https://www.agrisole.ilsole24ore.com/art/politiche-agricole/2024-04-17/niente-fotovoltaico-aziende-agricole-attive-cosi-parigi-tutela-sovranita-alimentare-140113.php?uuid=AFMdxUUB&cmpid=nlqet