Editoriali
La protesta degli agricoltori arriva tardi: la razzia è già avvenuta
Crisi ricorrenti, a partire proprio da quella dell’agricoltura del 2004, ma le proteste arrivano tardi. Il sistema della finanza, il neoliberismo, facendosi forte dell’intelligenza artificiale, sta aggiornando le sue strategie
02 febbraio 2024 | Pasquale Di Lena
Non nascondo che provo imbarazzo nel commentare le tante manifestazioni di protesta dei coltivatori e produttori agricoli che hanno animato l’intero mese di Gennaio e continuano con maggiore determinazione. Un mondo, quello dell’agricoltura, che mi appartiene per nascita, studi, passione, e, che ho avuto anche la fortuna di rappresentare nella Toscana dei mezzadri-coltivatori, quale dirigente: prima dell’Alleanza dei contadini dei Sereni e degli Esposto, poi della Confederazione italiana coltivatori (Cic) e della Confederazione italiana Agricoltori (Cia) degli Avolio e dei Politi, dando il mio contributo alla loro fondazione.
Il primario settore dell’economia che, da qualche decennio, vive una marginalità perdente per lo sviluppo economico del Paese e della Ue.
Negli ultimi cinquant’anni a pagare il prezzo più alto di uno sviluppo economico, non a caso segnato da pesanti crisi, è la natura che l’agricoltura, da sempre, ha ben rappresentato con la presenza dell’uomo coltivatore. Tutto questo fino a quando l’uomo contraccambiava la generosità della terra con la cura e l’amore, senza violentarla con i possenti mezzi e senza intossicarla e avvelenarla con la chimica e i medicinali. Solo per avere la quantità, l’anima del consumismo, e non più la qualità, cioè la salute espressa dal cibo, l’atto agricolo per eccellenza. Crisi ricorrenti, a partire proprio da quella dell’agricoltura del 2004, oggi, tutte raccolte dentro quella climatica, che basta ed avanza per significare un sistema sempre più impazzito.
Nella protesta del mondo agricolo contro le politiche dell’Ue e nazionali, partita in Francia e in Germania e che si è andata allargando coinvolgendo altri paesi, compresa l’Italia, i protagonisti non sono i produttori ma gli enormi trattori, grandi quanto una casa di tre piani, progettati e realizzati per un’agricoltura industrializzata per le grandi estensioni e indirizzata – come sopra veniva sottolineato - a produrre quantità a spesa della fertilità naturale e, nel tempo, anche di quella artificiale, visto che hanno lasciato il deserto laddove questo modo di fare agricoltura si è più diffuso. Una superficie enorme di terreni da rigenerare e una perdita netta di ruralità - l’espressione alta di piante, animali, e persone - a vantaggio dell’urbanizzazione, cioè del cemento e dell’asfalto. Un furto enorme di territorio e, con esso, di paesaggio e ambiente, storia e cultura, agricoltura e tradizioni. In pratica una perdita di bellezza e bontà, di felicità e benessere.
A completare il quadro del fallimento di una politica dettata dalle lobby delle multinazionali lo stravolgimento del mercato con la presenza sempre più asfissiante dei centri commerciali e super mercati.
A pagare le spese di questo fallimento, con le banche assolute protagoniste, il mondo contadino, la ruralità, la biodiversità, le aree interne e quelle più marginali. In particolare le piccole e medie aziende nelle mani di venditori e tecnici al servizio dei fabbricanti di trattori e attrezzature; delle multinazionali della genetica, dei prodotti chimici e farmaceutici. Stiamo parlando di una piccola e media azienda che non ha avuto, e non ha, la possibilità di ammortizzare i costi e di reggere i prezzi imposti da chi domina il mercato, alimentando, così, solo la voracità, non solo di denaro, della finanza (multinazionali e banche), che ben rappresenta il sistema neoliberista, quello che sta mettendo in crisi la natura e, con essa, il domani stesso dell’umanità.
A completare il quadro di un mondo in grande difficoltà la perdita del ruolo di rappresentanza delle organizzazioni professionali e sindacali, troppo spesso distratte nel loro compito di difesa degli interessi dei propri associati, contro una politica sostenuta dall’elargizione di finanziamenti, visti per troppo tempo come una benedizione, e da un eccesso di burocrazia che ha asservito ancor di più il mondo agricolo.
Sta qui il mio imbarazzo, e non solo, anche e soprattutto la paura, avendo contezza delle capacità del sistema e dei mezzi in suo possesso, della strumentalizzazione di una protesta portata avanti da un mondo abituato a sopportare gli eventi e le avversità.
Una protesta sacrosanta che arriva con un pesante ritardo e nel momento in cui il sistema della finanza, il neoliberismo, facendosi forte dell’intelligenza artificiale, sta aggiornando le sue strategie. Hanno come solo e unico obiettivo il denaro e tutto a spese della natura, con l’umanità che, con la carne coltivata in laboratorio, verrà separata dagli altri componenti, i vegetali e gli animali. Una scelta – dicono - che serve per porre fine allo strazio che gli animali vivono nelle stalle intensive. In pratica il solito tasto del sistema: distruggo dopo avere incassato lauti profitti per continuare a guadagnare, e ancor di più, con scelte alternative.
Foto in anteprima: Original image by McKay Savage. Uploaded by Mark Cartwright, published on 28 January 2015
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