Editoriali
La Dieta Mediterranea, così poco amata dalle multinazionali del cibo

Si vuole far passare l’idea che l’olio extra vergine di oliva è un prodotto di nicchia, solo per pochi, per incentivare oli scadenti o di altri vegetali e grassi di origine animale
08 settembre 2023 | Pasquale Di Lena
Sfogliando, per passione e cultura, le pubblicazioni riguardanti l’olivo e il suo olio evo, troviamo sempre più numerosi e interessanti i risultati delle ricerche che istituti specializzati e Università di ogni parte del mondo dedicano alla bontà della Dieta Mediterranea, che ha nell’olio il suo filo conduttore. Non a caso si rafforza sul podio più alto delle diete più note e diffuse al mondo. Filo conduttore di questo stile di vita caratterizzato da un consumo abbondante di frutta, verdura e cereali, è - come sappiamo noi che lo usiamo in cucina e a tavola, e, come hanno sempre saputo i nostri avi che per millenni si sono nutriti fino a considerarlo una panacea, ovvero rimedio universale e onnipotente di ogni male - l’olio extravergine di oliva. Studi che sottolineano, tutti, effetto benefico per la salute l’utilizzo dell’olio e la verifica, in questo inizio del terzo millennio, della sua applicabilità per le più diverse popolazioni. Per non parlare del contributo che esso dà alla bontà di un piatto che racconta, con l’abbinamento di un buon bicchiere di vino, proprio il Mediterraneo e le sue civiltà da oltre seimila anni di storia. Sono questi i risultati di approfondite ricerche, partite con le indagini portate avanti, alla fine degli anni cinquanta, da fisiologo e biologo americano Ancel Keys, prima a Nicotera in Calabria e poi a Poppi nel mare del Cilento in Campania. Un modello nutrizionale contrassegnato dalla “piramide della bontà” utile a prevenire malattie, in particolare quelle del benessere (diabete, cancro, ipertensione, Alzheimer e, soprattutto, cardiovascolari) che, da oltre cinquant’anni, preoccupano sempre più le popolazioni del mondo contrassegnate da società opulente, capaci solo di consumare.
Per fortuna c’è questa caratteristica tutta mediterranea con la sua notorietà e, ripensando agli attacchi al vino partiti negli anni ottanta, ci fa dire che anche l’olio di oliva non piace alle multinazionali, le potenze che con le banche rappresentano il sistema neoliberista, sempre più dominante in ogni angolo del pianeta. È di qualche mese fa l’ultimo attacco al vino, il concorrente delle loro bevande alcoliche e analcoliche, con le lobby impegnate a Bruxelles per l’approvazione di una legge pronta a dichiararlo nocivo per la salute, al pari delle sigarette. Tutto per colpa della sua componente alcolica, dimenticando la presenza dell’alcol nella loro birra e, soprattutto, i disastri provocati dalle loro bevande contenenti zucchero ed altre sostanze che minano la salute, a partire dai bambini.
Ora, approfittando delle difficoltà dell’olivicoltura per colpa della siccità causata dai cambiamenti climatici e, per la carenza di olio evo, che ha portato al rialzo del prezzo dell’olio evo sui mercati, stanno promuovendo una vera e propria campagna per dire che l’olio sta diventando più prezioso dell’oro. In pratica vogliono far passare l’idea che l’olio è un prodotto di nicchia, solo per pochi, in modo da modificare il suo rapporto, soprattutto nei paesi del Mediterraneo, con la massa dei consumatori e portarli ad acquistare oli scadenti di oliva o di altri vegetali e grassi di origine animale. In pratica i loro prodotti. Ancora una volta a pagare le scelte di queste potenze fanatiche del dio denaro sono gli olivicoltori e, per le cose sopra sottolineate, i consumatori che rischiano di perdere due amici, l’olio e il vino, e con essi il gusto della buona cucina e della convivialità che la tavola dà; la bellezza del paesaggio e la cura dell’ambiente; le tante significative tradizioni; la buona agricoltura della famiglia contadina e i tanti primati segnati dai due sopracitati testimoni di territori, che, in Italia e nel resto dell’area mediterranea, rischiano il totale abbandono. Il dio denaro continuerà, così, a spadroneggiare con: le perforazioni; la distruzione della biodiversità; le guerre, che richiedono sempre più armi, e sempre più sofisticate; l’intelligenza artificiale, che separerà l’umanità dal resto della natura. E noi diventare sempre più numeri destinati solo a consumare quel che resta del pianeta fino a quando il clima ce lo consentirà. Numeri, però, che solo se hanno la capacità di sommarsi per far rivivere i valori possono diventare una forza capace di cancellare per sempre il mostro che depreda e distrugge.
Ci piace credere che, da qualche parte di questo mondo, viva il novello Davide pronto a ripetere il gesto liberatorio del Davide raccontato dalla Bibbia, quando con la sua fionda lanciò la pietra che ammazzò Golia e fece tirare agli impauriti ebrei un sospiro di sollievo. Un atto di grande coraggio è quello che serve per non darla vinta ai Filistei del momento, sempre più affamati non solo della bellezza di ambienti e paesaggi, della bontà di suolo fertile e biodiversità, ma anche, dei valori della storia e della cultura, che il Mediterraneo da millenni esprime e racconta, con il vino e l’olio grandi protagonisti e al centro della ritualità.
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