Editoriali
IL NEMICO
21 luglio 2007 | Luigi Caricato
LâItalia ha molti problemi. Uno dei più spinosi e irrisolti è quello di vivere una drammatica e profonda contrapposizione tra le parti, segnando così uno iato, in molti casi incolmabile, tra destra e sinistra, tra bianco e nero, tra alto e basso. Insomma, i guelfi e i ghibellini ancora combattono la propria personale battaglia, resistendo ad ogni buon senso.
E' quanto ovviamente accade tra i vari soggetti implicati, più o meno direttamente, anche nel mondo dellâolio di oliva. Mi spiace per quei lettori che subiscono la mia insistenza sulle problematiche di un comparto che evidentemente sta molto a cuore al settimanale "Teatro Naturale", ma, d'altra parte, la nostra rivista è una voce importante per tutto il settore. Non possiamo trascurarne le molte problematiche, le quali peraltro a ben osservare si possono replicare tal quali, seppure con qualche lieve modifica e adattamento, ad altri settori della nostra agricoltura.
Veniamo al dunque. Câè, non ancora scalfita, la pessima abitudine di contrapporre i vari attori della filiera, considerando soprattutto cattivi nemici quelli che fanno parte delle cosiddette aziende di marca. Ed è un grave errore che si ripercuote sugli equilibri e sulle dinamiche del comparto. Perché con un simile atteggiamento si stanno svuotando di valore, di senso e di identità tutti i grandi marchi storici, quelli che, non a caso, hanno fatto grande il nostro Paese, rendendo di fatto possibile il successo del made in Italy nel mondo.
Al di là delle apparenze, la situazione attuale non è tra le più felici. La Spagna ci sta dominando, avendo acquisito marchi come Carapelli e Sasso, e avendone di mira altri, altrettanto considerevoli per importanza e fatturato.
Sì, è la solita litania, qualcuno potrà dire, ma è bene sentirne sempre il suono, costantemente, per non dimenticare il proprio ruolo all'interno del comparto. Affinché si vegli sul futuro del nostro mondo produttivo. Già , perché la campagna acquisti spagnola non si limita qui.
Câè da aver paura solo a pensarci: tra Puglia e Calabria sono diventati infatti di proprietà spagnola ben sei grandi frantoi. Chi sottovaluta la realtà non immagina le ripercussioni, perché è indotto a ignorare le reali intenzioni della strategia conquistatrice da parte degli iberici.
Con la prossima campagna olearia - è questa la novità , comunicata recentemente dal direttore Unaprol Ranieri Filo della Torre - tali frantoi, ora in mano iberica, effettueranno la molitura delle olive allla tariffa, irrisoria,di 2 euro al quintale, mentre a noi â giusto per avere unâidea â la lavorazione delle olive costa sette, otto volte di più.
Si può ben comprendere lâeffetto tsunami che ci sarà tra breve.
Sarà - immagino - una stagione da crisi nerissima. Anche perché, sempre questâanno, la Spagna ha acquistato 50 aziende agricole, buona parte delle quali ubicate in Toscana, Umbria e Puglia, proprio laddove câè maggiore convenienza e visibilità .
Di questo passo, il mercato della cosiddetta nicchia diventerà più difficile e arduo per chi non sa gestire correttamente i costi di produzione e non dispone di una buona struttura commerciale.
Ebbene, alla luce di tutto ciò, cosa succede in Italia? Si discute sul nulla, si ignora la portata dellâagguerritissima avanzata spagnola, e nel frattempo si dibatte, per puro diletto, sul sesso degli angeli, anziché contrapporre una linea comune di difesa e di contrattacco.
Così, in questa Italia rissosa e sbadata, vi sono alcuni che solo per il gusto di essere contro si divertono a sparare a zero sulle poche grandi famiglie che ancora si occupano di commercio dâolio, facendo volumi e fatturato.
Lâidea dominante è che chi è grande è, in quanto tale, ipso facto cattivo, da considerare nemico.
La cosa strana, tuttavia, è che questo atteggiamento di chiusura mentale venga riservato solo allâolio extra vergine di oliva, e non ad altri prodotti alimentari.
Nessuno ci pensa, ma in fondo è una battaglia risibile, che non arreca nulla di buono al comparto oleario italiano.
La soluzione invece câè: armonizzare la filiera, consentendo a chiunque di avere margini di guadagno adeguati con lâobiettivo di favorire lâacquisizione di una sana cultura dellâolio.
Solo il consumatore informato può difendersi dalle speculazioni e salvare, di conseguenza, il comparto oleario tutto, dal contadino allâindustriale, al commerciante.
I lavori del progetto âIl risorgimento dellâolio italianoâ, di cui "Teatro Naturale" si è fatto promotore, puntano proprio a questo: a salvaguardare la nostra tradizione olearia al di là di ogni appartenenza. Si tratta espressamente di un tavolo di filiera che con settembre giungerà , a Dio piacendo, alla stesura di un testo, ovvero di un documento programmatico largamente condiviso e (si spera) sottoscritto da tutti gli attori della filiera, consumatori compresi.
Ce lo auguriamo di cuore, se così non fosse sapremo a chi imputare la colpa di non crederci, di non fare il possibile.
Per concludere, al di là delle appartenenze, al di là dei guelfi e ghibellini in versione moderna e post-moderna: al primo posto dovrà esserci sempre lâolio extra vergine di oliva, solo e soltanto l'olio extra vergine di oliva.
In seconda battuta verrano invece gli interessi di parte, in unâottica comunque di massimo rispetto per le regole condivise.
Il mio invito è di evitare di gettare fango su un sistema che finora ha retto bene, ma che sta iniziando a perdere colpi, per mancanza di uno sguardo lucido sul futuro.
Il nemico è dentro e fuori di noi. Prevalga allora l'intelligenza sulle vecchie logiche fatte di contrapposizioni e divisioni.
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