Editoriali 07/05/2021

Io sto con Il Salvagente: chi controlla oggi lo scaffale dell'olio d'oliva?

Io sto con Il Salvagente: chi controlla oggi lo scaffale dell'olio d'oliva?

Non c'è alcuno spirito di ritorsione contro le aziende coinvolte ma sarebbe auspicabile che anche le stesse collaborassero così da fugare qualsiasi dubbio. E se il problema è il test comparativo e chi lo effettua, auspichiamo che lo stesso possa essere fatto dalla Repressione Frodi


I consumatori hanno diritto di pretendere etichette trasparenti che narrano il prodotto che stanno acquistando. Non possono essere ingannati comprando un olio extravergine così come indicato in etichetta e ritrovarsi a casa un olio di categoria inferiore ad un prezzo superiore. L'inchiesta de " Il Salvagente " mediante un campionamento a scaffale e attraverso le analisi chimiche dei laboratori accreditati dell'agenzia delle Dogane, boccia 7 marchi tra cui private label e alcuni brand molto noti nel panorama oleario italiano e mondiale alcuni dei quali già coinvolti nella precedente inchiesta di 6 anni fa.

Sia chiaro: gli oli bocciati non fanno male alla salute, ma l'inganno ai consumatori  è servito. Partiranno i soliti  comunicati a difesa del proprio marchio da parte delle aziende coinvolte scaricando la responsabilità della declassificazione del prodotto allo stato di conservazione nei supermercati o addebitabile alle fasi di trasporto o stoccaggio. Sanno bene però che la loro responsabilità non finisce con la consegna al distributore. In azione i detrattori del panel test. In questi anni molti sono stati i tentativi di abolirlo ma una recente sentenza del Consiglio di Stato ha messo la parola fine alla controversia definendolo uno strumento attendibile ed oggettivo.

Il tema è sempre lo stesso: chi controlla allo scaffale? Come è possibile attendere anni per una verifica che dovrebbe essere fatta più spesso a tutela delle aziende e dei consumatori col l'obiettivo di mettere in sicurezza la reputazione stessa del Madeinitaly. Sappiamo bene quanto sia il danno provocato da simili notizie all'intero comparto. Sui mercati ci vanno anche le piccole aziende olivicole che hanno faticato parecchio ad entrare nei circuiti internazionali e la reputazione di un prodotto è fondamentale per il successo nelle vendite. Si badi bene. Non c'è alcuno spirito di ritorsione contro le aziende coinvolte ma  sarebbe auspicabile che anche le stesse collaborassero così da fugare qualsiasi dubbio. E allora se il problema è il test comparativo e chi lo effettua, auspichiamo che lo stesso possa essere fatto dall'ICQRF (Repressione Frodi) così da eliminare qualsiasi dubbio. Gli ispettori potrebbero anche verificare perché l'olio è venduto sempre sottocosto ad un prezzo che non copre neanche i costi di produzione. In un anno di scarsa produzione olearia in Italia, i consumatori vengono bombardati con mega offerte che a volte non coprono neanche i costi delle bottiglie delle etichette e del tappo senza olio.

Nella legge "salva olio" c'erano norme che regolavano il sottocosto, insieme a molte altre come il tpa, l'abolizione del segreto dell'import e la tutela dei consumatori oltre al panel test come esame probatorio. Non ho mai compreso perché non si è voluto applicarla fino in fondo. Forse andrebbe rivista in qualche parte alla luce di nuove norme comunitarie. Bene ripartiamo da lì. 

La filiera olivicola dovrebbe cogliere questa occasione per fare un'attenta riflessione su come sta funzionando l'intero settore. Sento troppi silenzi da qualche parte e qualche balbettio a livello ministeriale. L'olio e' un asset strategico del madeinitaly, identitario del nostro territorio e del nostro modo di concepire la vita. Questo settore va tutelato e non servono solo spot e claim salutistici. Anche questa filiera e' stata pesantemente colpita dal blocco di horeca compensato in parte dall'aumento dell'export e la scarsa produzione in  aree geografiche olearie rende urgente più che mai una presa di posizione forte da parte di tutti gli stakeholders così come è stato fatto per altre filiere, a cominciare dal vino.

di Colomba Mongiello

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Commenti 6

Danilo Scatizzi
Danilo Scatizzi
12 maggio 2021 ore 20:36

Per favore, è ora di finirla con parole, speranze, normative, comparazioni, etc. Mettete in evidenza nomi e cognomi di chi infanga l'olivicoltura italiana e vedrete che il consumatore saprà arrangiarsi da solo.

GIANLUCA RICCHI
GIANLUCA RICCHI
10 maggio 2021 ore 07:10

Get.ma Onorolvole,

Nel lontano 2013/2014 scrissi una raccomandata assieme al mio legale di Genova avv. Vernazza, all’allora Ministro della Agricoltura del Governo Letta. ( la raccomandata sarà in qualche cassetto al Ministero)
La raccomandata aveva come titolo: “ OPERAZIONE TRASPARENZA”.
Una lunga e degna ricostruzione dell’intero comparto oleario partendo ovviamente dall’inizio, ovvero dalla pianta.
Si perchè spesso ci soffermiamo solo ad analizzare l’olio all’interno della bottiglia con la sua etichetta, dimenticandosi di tutto quello che c’è prima. Ebbene le sembrerà impossibile ma in questi giorni stavo appunto rileggendo la raccomandata constatando di quanto attuale fosse ancora la mia lettera pur non avendo avuto mai neanche un riscontro.
Sono passati 8 anni da allora ma io sono ancora un operatore di settore e sono sempre e comunque a disposizione delle istituzioni o degli enti che, pur con difficoltà, hanno la voglia di riequilibrare l’intero comparto.

Eh si perchè se il comparto va riequilibrato, le assicuro che prima di analizzare una bottiglia a scaffale , sono molte le cose da analizzare e comprendere.
Rimango perciò a sua completa disposizione qualora ne avesse bisogno.
Grazie a tutti,

Buon lavoro.
Gr

Valentina Sabatini
Valentina Sabatini
09 maggio 2021 ore 06:27

Carissima Onorevole,
la Sua presa di posizione è importante e la apprezzo, insieme a molti altri facenti parti del mondo dell'impresa.
Mi piacerebbe però con spirito costruttivo rappresentare altri punti di vista: quanti controlli le Autorità preposte fanno regolarmente presso le sedi delle aziende confezionatrici? Quanti negli scaffali? Quanti per i prodotti in import ed export?
Le garantisco - fortunatamente - moltissimi.
Carte alla mano potrei illustrarLe il ciclo continuo dei controlli, di cui la stragrande maggioranza - aggiungerei anche qui fortunatamente - con esiti di regolarità.
E nei casi di contestazioni delle Autorità, che pure esistono (e che per certi versi sono ineliminabili in un prodotto vivo come l'olio dove anche il minimo fattore può influire sulla qualità, anche se bisogna ovviamente tendere in via asintotica allo zero delle infrazioni) quante volte ha sentito un'impresa lamentarsi pubblicamente?
Io mai, ho solo assistito, al massimo, ad esercizi del diritto di difesa, che speriamo in questo paese ancora sia un valore, pari almeno, si spera, alla ricerca della migliore qualità dei prodotti alimentari.
E se ci sono da pagare sanzioni si pagano, perchè nessuno è perfetto, nemmeno i primi della classe e tutto questo è normale, o almeno dovrebbe esserlo in un paese normale.
Ora, però, pensare che una rivista - il cui editore potrebbe anche avere potenziali conflitti di interessi - ripercorra una inchiesta identica al passato, quando quella del 2015 venne ribaltata da tutte le Autorità (Giudiziarie per prime), come occorrerebbe dire con un pò di corretta cronaca (invece distorta in questi giorni), non mi sembra tanto normale, nè degno di un paese normale, in cui i provvedimenti delle Autorità (ancora, Giudiziarie per prime) andrebbero rispettati. Nè mi sembra iniziativa editoriale così encomiabile come si vuol far credere con il tam tam degli ultimi giorni.
Si vuole difendere un metodo di miglioramento della qualità degli oli? Bene, mi fa piacere, possiamo e dobbiamo farlo anche noi appartenenti alla industria olearia e siamo già pronti da tempo per farlo.
Ma, mi consenta, la politica non può pretendere che qualcuno si faccia paladino della qualità con metodi irrituali atti solo a screditare le aziende, messe alla berlina senza possibilità di alcuna difesa. Perchè una difesa non esiste, almeno sui media, quando qualsiasi cosa si dica e si proponga, automaticamente, se viene dall'industria, è usata per marchiarla con l'infamia della malefatta.
Il panel test stesso non prevede due controanalisi? Non prevede possibile rettifiche perchè qualcosa può essere male interpretato dagli assaggiatori? A me sembra di si, regolamento alla mano, perchè nemmeno chi fa i controlli può essere ritenuto perfetto, tantomeno se i controlli sono privati e non si sa bene mirati a cosa.
Ma intanto i danni alla aziende (stranamente sempre le stesse e stranamente sempre quelle in crescita), ai lavoratori, al comparto, al paese corrono. E nessuno li pagherà, almeno sino in fondo.
Ed infine perché tutta questa acrimonia, violenza, rifiuto del ragionamento su temi così delicati? Perché si è osato esercitare un diritto, chiedendo un accertamento della AGCM? E' forse una irregolarità degna di essere marchiata come malefatta anche questa?
Carissima Onerevole, io sono contro ogni forma di illegalità, ma anche contro ogni forma di preconcetto, come sicuramente lo sarà anche Lei.
La sua opinione e le sue parole sono importanti come le dicevo all'inizio.
Mi auguro che in futuro possano essere utili a riportare un pò di ordine in questa grande confusione e a non essere strumentalizzate come voce di una sola parte. Quella che sembra avere interesse ad alimentarla la confusione, rifuggendo ogni tipo di razionale approccio alle varie questioni.
L'altra parte è a disposizione per un sano, leale e franco confronto, che prima o poi si aspetta di poter avviare.
Valentina Sabatini

Alessandro Vujovic
Alessandro Vujovic
08 maggio 2021 ore 17:32

È chiaro che il consumatore, al momento dell’acquisto di un prodotto, deve avere la consapevolezza della qualità del prodotto che acquista ed il produttore / venditore devono garantirla fino al termine minimo di conservazione.
Nel caso dell’olio la normativa è decisamente carente, frutto di un compromesso a ribasso in ambito europeo, dove hanno avuto un peso maggiore i produttori di una bassa qualità rispetto agli altri; basti pensare al valore massimo dell’acidità di un extravergine o quello del limite degli Etil esteri degli acidi grassi. Manca una legge che garantisca non solo la qualità merceologica, cioè la rispondenza ai parametri che valutano lo stato di degradazione, ma pure la qualità salutistica, la qualità organolettica e quella igienico sanitaria.
Quindi la prima cosa che rilevo è quella che la legge non tutela a sufficienza la qualità di questo prodotto ovvero sotto l’etichetta di “extravergine” ci può essere di tutto, basta che risponde a pochi parametri. È come se mettessimo un adesivo della Ferrari su una utilitaria e poi pretendessimo di viaggiare con tutti i confort ed a velocità elevatissima.
Secondo punto, ma lo Stato ha creato nel tempo una cultura tale da dare la consapevolezza al consumatore del valore di ciò che acquista? oppure questa mancanza di una cultura della qualità perché è disconosciuta o tollerata?
Ma come mai quando vado a spiegare che cosa è l’olio di oliva ai ragazzi delle scuole loro sono meravigliati del fatto che fino a quel momento nessuno spiega queste cose? Nessuno che insegni loro a interpretare quanto riportato in una etichetta? Perché non investiamo nella cultura dell’alimentazione, non solo dell’EVO, soprattutto con i giovani?
È stata presa qualche iniziativa dopo il rapporto dell’Unicef che evidenzia una condizione di malnutrizione nel mondo infantile e giovanile con livelli di sovrappeso ed obesità, in Italia, dal 25 al 36% della popolazione tra i 5 e i 19 anni?
Ma quando un acquirente acquista una bottiglia di olio extravergine e lo paga meno del costo del contenitore in vetro, delle etichette, del tappo, del confezionamento e del trasporto, ma qualcuno ha cercato di educarlo su cosa possa esserci all’interno della confezione?
Terzo punto, ma l’organizzazione degli organi di verifica “ufficiali” è sufficiente per tenere sotto controllo questo settore così complicato oppure è necessario un loro potenziamento? La quantità di controlli fatti “a campione” è sufficientemente rappresentativa della realtà del mercato? e questi controlli di "routine" sono sufficienti a dare sicurezza ai consumatori?
Ma le leggi a tutela del consumatore sono adeguate al fine di contrastare gli illeciti oppure vale la pena di commetterli, rischiando una sanzione, in quanto il guadagno proveniente dall’illecito è di gran lunga superiore?
Ormai è opinione comune che una volta l’Italia era la patria del diritto, fin dai tempi dei romani ma che oggi è diventata la patria dei pasticci legislativi, dei provvedimenti che ingarbugliano le leggi esistenti e che finiscono per depenalizzare o ridurre drasticamente le condanne penali e le sanzioni amministrative.
Credo infine anche che sia assurdo che il produttore al quale viene fatto presente un problema come questo, con tutti i limiti metodologici che esso possa avere, rifiuti la collaborazione a migliorare soprattutto come forma di rispetto al consumatore.

Mauro Galardi
Mauro Galardi
08 maggio 2021 ore 17:04

Condivido pienamente il commento di Angelo Bo e ribadisco che l'attuale parametrizzazione delle caratteristiche dell'extravergine risulta assolutamente inadeguata per la valorizzazione dell'olio di alto valore organolettico e salutistico. Risulta pertanto indispensabile individuare una nuova categoria di prodotto da selezionare individuando valori analitici più restrittivi degli attuali

Angelo Bo
Angelo Bo
08 maggio 2021 ore 11:54

Gentile Onorevole, capisco molte delle sue osservazioni/riflessioni e ne condivido i principi da agronomo e olivicoltore.
Il punto fondamentale come tutti ben sappiamo è che i controlli a scaffale saranno sicuramente da potenziare. Ma mi sento anche vicino a chi deve effettuare quei controlli, perché li sento dalla parte degli olivicoltori onesti. Sinchè gli ispettori si troveranno a fare il dribling in una normativa infinita ed al contempo lacunosa non saranno nemmeno messi nelle condizioni migliori per lavorare. Storicamente il mondo dell'olio si è schierato a difesa del panel di assaggio come strumento antifrode, ma questo sappiamo anche che è fragile se non è supportato da parametri analitici solidi. Aspetto quest'ultimo che non abbiamo, perchè a definire l'eccellenza sono un'acidità altissima, perossidi stratosferici e latitanti contenuti in polifenoli ... Serve una stretta e i furbetti non si possono contenere solo con la serietà del settore, se lo stato non fa la sua parte. Si … le dico molto sinceramente che non mi sento tutelato, anzi mi sento proprio abbandonato da uno stato che ormai è distratto e non per colpa del covid, che è cosa assai più recente dei problemi del settore olivicolo/oleario.
Le riconosco e la ringrazio per l’impegno che mette nelle sue battaglie, ma penso con grande rammarico che se non riusciamo a dare una connotazione chiara alla qualità di un’eccellenza vera del nostro territorio a breve termine, vedremo distrutto definitivamente un settore importante della nostra agricoltura.
Cordiali saluti
Angelo Bo