Editoriali

IL LUOGO DELLE OCCASIONI

10 gennaio 2004 | Sante Ambrosi

Anche quest’anno, come al solito, l’inizio è con tanto clamore, fuochi d’artificio e feste varie. Per festeggiare la fine di un anno. Tutto sembra normale, è normale. Bisogna essere allegri. Allegri di che cosa? Non facciamo domande impertinenti. Allegri bisogna essere, punto e basta. Ma per fare un augurio bisogna pur avere una minima idea di quello che si vuole augurare. Essere allegri del tempo che è passato, come se il tempo fosse una sciagura o una malattia non ha senso. Il tempo non è una sciagura, né una malattia. Il tempo è una occasione per crescere, per sviluppare le nostre capacità. Il tempo è sempre un’occasione, è il luogo delle occasioni da cogliere e sfruttare per noi, per la società.
Non vogliamo fare discorsi metafisici sulla natura del tempo. Anche sant’Agostino non sapeva dare risposte sulla natura del tempo, figuriamoci noi. Però possiamo dire che il tempo serve a maturare la persona, così come la primavera serve per maturare l’estate e l’estate l’autunno e così via. Ma le stagioni portano con loro i frutti specifici. Un autunno senza frutti è un autunno vuoto e miserando. Ma quei frutti sono l’opera di giorni e giorni, di stagioni, una dopo l’altra. Tutto necessario e tutto prezioso.
Allora, se in questo senso si considera il tempo, l’anno ch’è passato dovrebbe essere visibile nei suoi frutti e la gioia, se ha da esserci, dovrebbe essere per i frutti che ci sono e che si vedono. Ma questa gioia è una gioia di stupore, di riconoscenza verso qualcuno, o verso se stessi per quello che si è potuto fare. Ma non una gioia per dimenticare, per liberarsi del tempo. Come dire, una gioia perché il tempo passato è stato prezioso e ce lo teniamo stretto, non vogliamo dimenticarlo. E così anche il futuro. Che il futuro anno sia un’occasione buona e preziosa. Che il futuro anno sia ricco non tanto di cose da trovare come se fossero oggetti trovati per caso o fortune inattese, ma momenti utili per costruire insieme la pace.
Il Papa ogni anno offre un tema particolare perché anche questo augurio non risulti vuoto. Quest’anno il tema è così precisato: il diritto internazionale, una via per la pace.
E’ un bel problema con l’aria di terrorismo internazionale che tira e minaccia tutto il mondo e soprattutto l’Occidente.
Difficile da praticare, anche perché l’idea di diritto che abbiamo noi occidentali non si coniuga con il concetto di diritto che esprimono altre culture, pensiamo alla cultura islamica. Proprio su questo tema era intervenuta, qualche anno fa, la Fallaci con il noto articolo “La rabbia e l’orgoglio”.
La Fallaci, come tanti altri intellettuali, non pensa che sia possibile nessun dialogo. Secondo lei la religione musulmana, e la sua cultura, fanno a pugni con la nostra o con i nostri valori. Ma se fosse così, il mondo andrebbe verso un futuro di guerra tra le religioni con risultati veramente paurosi. Non possiamo accettare questa posizione. Lo diciamo perché in tutte le grandi religioni, nonostante alcune contraddizioni e nonostante certi fenomeni di preoccupante fondamentalismo, contengono grandi valori e genuine aspirazioni verso una convivenza internazionale. Tutto è ancora in nuce, ma con la fatica rinnovata, e con molta pazienza, va portato alla luce ciò che dentro si nasconde. Così si deve parlare di dialogo e di speranze di poter trovare una via d’uscita, senza scorciatoie. Cominciamo a rimettere in discussione tante nostre convinzioni. Una di queste convinzioni da rimettere in discussione è la cosiddetta laicità dell’Europa. Pensavamo di aver sistemato i rapporti con la religiosità relegandola al privato opinabile, e invece tutto sta tornando in discussione, a partire proprio dalla Francia, patria della laicità. Il tema della religione, o delle religioni, irrompe potentemente e da più parti. E da qui si deve ricominciare con molta umiltà e in vero e sincero dialogo tra tutte le parti. Anche il diritto internazionale è tutto da inventare, ma non impossibile, purché si cominci a trovare qualche mattone che avvii la costruzione, un compito difficile, ma che è nelle nostre mani.

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