Editoriali

INTERESSI PARTICOLARI SULL'OLIO DI OLIVA

03 marzo 2007 | Luigi Caricato

Credetemi: è proprio difficile comprendere il perverso meccanismo che muove alcuni soggetti verso scelte oggettivamente infauste.

Penso alla questione delle ampolle nei ristoranti, ai giochi assurdi che si sono verificati nel corso dei mesi successivi all’emanazione della legge 81/2006, laddove si imponeva il divieto, ai pubblici esercizi, di presentare l’olio di oliva nelle assurde oliere.

La pratica del rabbocco è nota a tutti e non sto qui a ribadirla. Il malcostume della ristorazione è esecrabile ma, nonostante una apposita legge, le resistenze sono state così forti da lasciar tutto come prima.

Oggettivamente occorre riconoscere che il mondo della ristorazione non ha capito l’importanza di un simile provvedimento, e questo lascia un po’ l’amaro in bocca.
Anche perché non si capisce il motivo per cui un’intera categoria – a parte le solite eccezioni – si opponga a qualcosa che ha un nesso logico.
Nelle ampolle l’olio, anche il più buono, è destinato a ossidarsi. Si tratta di un principio elementare, e francamente stupisce che un concetto così semplice e immediato non venga assimilato.

Ciò che più sorprende, è l’atteggiamento, ostico e avverso, di chi ha voluto contrastare una norma a priori, senza considerare le ragioni che hanno scaturito l’emanazione della legge.

Stupisce soprattutto che l’iniziativa sia partita dalla Confesercenti di Savona, ovvero da una realtà associativa i cui membri operano in un’areale olivicolo di chiara fama.

Ho provato un senso di delusione per la Liguria.
Anche perché ho ancora l’immagine di una terra oliandola dal passato glorioso.
Ora sono invece preoccupato per il futuro di questa terra, incapace com’è di capire qualcosa di molto elementare: le ampolle vanno dismesse, lo si voglia o meno, non ha alcun senso mantenerle.

Lo ripeto: non aver capito un passaggio così elementare mi lascia senza parole.
Non solo: che l’iniziativa sia partita da Savona ha l’effetto devastante della beffa.

Cosa dicono – mi chiedo – i produttori olivicoli savonesi?
Se ne stanno forse in silenzio?
Oh, povera Liguria dell’olio! Che tristezza.
Addio passato glorioso, è proprio il caso di dire. Si è purtroppo innestata una terribile fase di decadenza ch’è piuttosto difficile frenare.

Ciò che più sorprende è che è sempre la Liguria ad aver contrastato un’altra norma, questa volta comunitaria, che fa riferimento al Regolamento 1019/2002 circa il divieto di vendere olio allo stato sfuso.
Ci si era appellati al Tar della Liguria e nonostante l’evolversi della situazione, c’è chi continua ancora a battagliare senza motivazioni credibili, se non per questioni legate a interessi particolari. Perché? Dico: perché?

Non comprendo questo voler arretrare, questa mentalità così fortemente oppositiva.
Non comprendo soprattutto perché non si voglia accettare qualcosa che è pensata solo a esclusivo vantaggio di un prodotto, l’olio extra vergine di oliva, che merita maggiore rispetto e considerazione.

Che tali azioni di contrasto provengano dalla Liguria, una terra di antica tradizione olivicola, è ancora più triste.
Vincono, evidentemente, gli interessi particolari, quelli delle specifiche categorie.

Quanto alle ampolle, c’è la categoria dei pubblici esercizi, che non accetta l’idea che un olio extra vergine di oliva debba essere presentato esclusivamente in bottiglia chiusa, sigillata, a protezione del prodotto, affinché non si verifichi l’orrorifica pratica del rabbocco.

Quanto al divieto della vendita di olio sfuso, c’è la categoria dei produttori olivicoli e dei frantoiani, spero una minoranza, ovvero quelli che non hanno ancora compreso che un prodotto come l’olio extra vergine di oliva merita ben altra considerazione.

Insomma, la strada verso la qualità – e verso la tutela del prodotto olio extra vergine di oliva – è sempre più dura, è sempre più difficile.





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