Editoriali

QUESTA POLITICA GRIDATA

09 dicembre 2006 | Sante Ambrosi

Confesso che da un po’ di tempo mi riesce sempre più difficile a seguire i dibattiti politici che occupano buona parte dei giornali radio e le prime pagine dei quotidiani. E’ una insofferenza che nasce dal fatto che i nostri politici, non tutti, per fortuna, sembrano dominati da una hybris malefica del parlare male a tutti costi del proprio avversario politico. Non una contrapposizione ragionata, con argomenti e prove, con proposte alternative possibili, ma una contrapposizione fatta molto spesso di frasi fatte, di slogan che denunciano tutto il male possibile nell’avversario.

Un governo tenta di mettere un po’ di ordine e di rigore nelle professioni e subito una valanga di improperi contro chi tenta di rimuovere certi fardelli strutturali che appesantiscono le nostre burocrazie. Guai, poi, toccare certi settori, come le nostre università, le carriere nei posti pubblici. E così abbiamo società come l’Alitalia, le Ferrovie dello Stato in perenne bancarotta, mentre i dirigenti vengono bonariamente spostati con buone uscite che gridano vendetta al povero cittadino, che deve campare con un ridotto stipendio. Invece di chiedergli conto dell’operato, lo si sposta con estrema cautela, per non offendere quella parte politica che lo sostiene.
E, poi, quel gridare continuo, come se la ragione possa essere dalla parte di chi più grida e parla male dell’avversario.

No, questa politica non mi piace. Vorrei vedere politici più modesti, che usano le parole dopo averle meditate e che le pronunciassero con estrema cautele, con rigore e con po’ di pudore.
Ma chi ha più pudore di parlare, di usare la parola per sostenere la propria tesi? La parola è diventata una pietra che si scaglia contro l’avversario, svuotata del suo significato primo, che dovrebbe essere quello di esprimere un concetto, un’idea utili per la costruzione di un’opera. Pensiamo alle pietre di una cattedrale gotica del medioevo. Lì, le pietre sono tutte ben scelte, levigate, ordinate in modo che risplenda la magnificenza del discorso architettonico ed anche teologico. Non c’è più pudore nell’uso della parola perché essa ha perso ogni magnificenza e si è ridotta a cosa da brandire ed agitare con forza.

Vorrei vedere politici più cauti e modesti, che pronuncino parole che senti cariche di una densità affascinante di verità meditate, ragionate con discorsi chiari e comprensibili. Ma la modestia e la mitezza sono virtù che non abitano i palazzi dei nostri politici. Come sono lontani i tempi e i modi di un Giorgio La Pira, politico che faticava ad esprimersi, ma che avvertivi in lui una forza di pensiero che entusiasmava anche coloro che erano su posizioni molto diverse dalle sue.

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