Editoriali

ETICHETTATURA. BATTAGLIA PERSA

02 dicembre 2006 | Mena Aloia

17 ottobre 2006: la Commissione europea chiede formalmente all’Italia l’abrogazione della Legge 204/2004 recante disposizioni urgenti per l’etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca.
Viene concesso un mese di tempo altrimenti scatterà la procedura d’infrazione.
Il mese è abbondantemente passato e l’Italia non ha preso alcun provvedimento.

L’unica voce che si è alzata, inopportuna e fuori luogo, è quella della senatrice dei Verdi De Petris, firmataria, insieme ad altri 16 senatori di una mozione presentata il 21 novembre 2006 in cui si chiede l’impegno del Governo “a non assumere iniziative dirette all'abrogazione della legge 3 agosto 2004, n. 204; ad adoperarsi per sostenere in sede comunitaria tale provvedimento (…); ad emanare il decreto sulla definizione dei criteri per l'indicazione obbligatoria nell'etichettatura degli oli di oliva vergini ed extravergini del luogo di coltivazione e di molitura delle olive;
ad intervenire in tutte le istanze dell'Unione europea per estendere l'etichettatura di origine ai prodotti agroalimentari ancora non soggetti a tale obbligo
”.

Ecco dunque un altro intervento della De Petris in materia di olio di oliva che, nella peggiore delle ipotesi, farà solo dei danni e, nella migliore, non modificherà in alcun modo lo stato delle cose.
La De Petris non è nuova a questi interventi, già qualche mese fa aveva inserito quattro righe nella Legge n. 81 dell’11 marzo 2006 dove si vietava l’utilizzo delle ampolle nei ristoranti.
Iniziativa lodevole, peccato però che nei fatti è una norma praticamente ignorata da tutti, dai ristoratori agli organismi di controllo.
Dopo tutto una norma che vieta solo e nulla impone lascia degli spazi enormi alle più bizzarre interpretazioni.
Risultato: nulla è cambiato, al massimo i ristoratori più vigili hanno avuto l’accortezza di comprare un paio di bottiglie etichettate che provvedono regolarmente a rimboccare.
Così non si difende il nostro olio, lo si offende.

Ma torniamo alla questione degli ultimi giorni, la Legge 204/2004 all’art. 1 bis prevede espressamente l’indicazione obbligatoria nell’etichettatura dell’origine dei prodotti alimentari. L’obbligo è esteso a tutti i prodotti al fine, come si legge, di consentire al consumatore finale di compiere scelte consapevoli. La Legge prevede, poi, all’art. 1 ter un obbligo specifico per l’etichettatura degli oli di oliva vergini ed extra vergini che deve riportare l’indicazione del luogo di coltivazione e di molitura delle olive.

Ma avete mai letto un’etichetta, eccezion fatta naturalmente per gli oli Dop ed Igp, con simili informazioni?
Possibile che nessuno rispetti questa Legge dello Stato?
Ovviamente non è così.
Le etichette in commercio rispettano pienamente la normativa attualmente vigente in materia.
Il riferimento normativo da seguire, come bene ha specificato la Circolare del 15 ottobre n. 169, è il regolamento CEE 1019/02 per cui l’operatività degli obblighi concernenti le diciture aggiuntive introdotte dal citato Art. 1 ter è subordinata all’entrata in vigore del decreto ministeriale previsto da detto art. 1 ter.

Una circolare chiara, che trova conferma, a scanso di ogni possibile equivoco, in quella successiva dell'1 dicembre 2004 in cui, a proposito dell’etichettatura degli oli di oliva, si legge:
“le disposizioni sopraindicate non sono immediatamente operative in quant o con esse il legislatore ha inteso formalizzare nel contesto di un atto legislativo alcuni principi ispiratori della politica di settore, che dovranno tuttavia essere tradotti in disposizioni concretamente operative mediante successivi atti normativi.
Fino all’emanazione dei detti provvedimenti le sopraindicate disposizioni della legge 3 agosto 2004, n. 204, non incidono nei rapporti e sui comportamenti degli operatori
.”
Come dire: la legge c’è ma non si applica.

La Commissione europea da subito bocciò l’obbligo generalizzato dell’origine in etichetta ritenendolo incompatibile con l’art. 28 del Trattato Ue, perché ostacolerebbe gli scambi intracomunitari in quanto inciterebbe il consumatore a preferire i prodotti nazionali.
Non è bastato all’Ue il congelamento di fatto della legge con le successive circolari.
Noi italiani pensiamo troppo spesso di essere furbi.
L’intero art. 1 bis, se proprio vogliamo dirla tutta, è stato introdotto sperando di ingannare l’Ue, la legge 204/2004, infatti, doveva prevedere disposizioni urgenti per l’etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari: latte, passata di pomodoro, vitello, pollo, olio di oliva. Preso poi da grandi ambizioni, il legislatore con l’art. 1 bis ha esteso l’indicazione obbligatoria dell’origine a tutti i prodotti alimentari, ma sapendo di non fare cosa gradita all’Ue ha tenuto il tutto nascosto non notificando a Bruxelles il provvedimento allo stato di progetto, ma solo dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Non sono schierata con l’Ue, dico solo che le battaglie per difendere il made in Italy vanno fatte nei luoghi giusti e con i mezzi giusti.
Non si può fare della demagogia spicciola una virtù, non si può ingannare il consumatore facendogli credere che le istituzioni sono al suo fianco, per poi dare la colpa dei propri fallimenti all’ Unione Europea.
Le leggi non vanno solo scritte, bisogna pensare anche a come implementarle.
Ecco perché mi indigno, se per pura propaganda politica si difende una legge che, ad oggi, non ha prodotto alcun effetto nel settore dell’olio di oliva ed in molti altri.

L’etichettatura è una cosa seria, non banalizziamola in questo modo.
Il prodotto olio di oliva in tutte le sue categorie merceologiche è etichettato in modo quasi ridicolo in alcuni punti.
Allora, se si vuole intervenire, facciamolo in modo serio considerando sia le esigenze del consumatore che quelle delle aziende che commercializzano il prodotto.

Il consumatore ha tutto il diritto di sapere la provenienza del prodotto che compra e l’imprenditore ha tutto il diritto di sapere se scriverla oppure no, questa provenienza, in etichetta.
Le aziende non stampano le etichette alla copisteria sotto casa, magari dieci alla volta!
Sono un investimento serio e importante.
Non si può chiedere al Governo di emanare un decreto sulla definizione dei criteri per l'indicazione obbligatoria nell'etichettatura degli oli di oliva vergini ed extra vergini del luogo di coltivazione e di molitura delle olive sapendo già che l’Ue aprirebbe un contenzioso.
Non si “gioca” così con il lavoro degli altri.

Le leggi, non sempre giuste, devono essere quantomeno chiare e durature, perché poi, a far visita alle aziende non va la senatrice De Petris in veste di paladina dell’olio di oliva italiano, ma arriva la Repressione Frodi che se trova etichette non a norma multa fino a 30 mila euro il mal capitato.

Non esiste più il senso della misura, non esiste più il senso del denaro.


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