Editoriali
PICCOLO E' BELLO
16 settembre 2006 | Mena Aloia
Piccolo è bello. Così si intitola il libro di un economista inglese, Ernest F. Schumacher, divenuto un bestseller alla fine degli anni Settanta.
Erano i tempi in cui si usciva dal mito degli anni Sessanta delle âeconomie di scalaâ e delle conseguenti grandi dimensioni aziendali e si diffondeva il fenomeno del decentramento produttivo, inteso come politica aziendale alternativa allâintegrazione verticale.
La disintegrazione verticale dei processi di produzione, la specializzazione degli impianti e la divisione del lavoro tra imprese diede vita a un vero e proprio modello di sviluppo industriale (M. Rispoli) che si diffuse in quasi tutte le economie industrializzate, sebbene in nessun altro paese abbia raggiunto unâintensità paragonabile a quella italiana.
Il nostro sistema industriale si è sempre caratterizzato per una presenza diffusa e rilevante di imprese di micro, piccole e medie dimensioni, interessate a singole fasi di un processo produttivo. Questa strategia ha permesso la creazione di poli di eccellenza significativi nel nostro paese. Sono tante le micro imprese che rappresentano un modello, da imitare, di efficienza.
âPiccolo è belloâ, è uno slogan che in questi casi può essere usato.
Lâimportante, però, è non cadere nel ridicolo.
Piccolo è bello non vuol dire non dare alcuna importanza alle dimensioni aziendali, anzi, semmai, è vero proprio il contrario.
Significa valutare bene qual è la dimensione ottimale per raggiungere la migliore performance sia in termini di reddito che di qualità di prodotto che di struttura organizzativa.
Purtroppo a volte ci si dimentica che unâimpresa è tutto ciò, e sotto lo slogan âpiccolo è belloâ si vedono nascere continuamente microscopiche imprese gestite da uomini e donne che sembrano aver scelto più un hobby che una professione.
Ognuno è libero, intendiamoci, di dare libero sfogo ai propri sogni, ma, mi chiedo, basta avere una partita Iva per poter dire di avere unâattività ?
Purtroppo si.
Mi si potrebbe replicare, ma dovâè il problema?
Che fastidio possono dare?
Le risposte in un caso empirico.
La Camera di Commercio di una regione del Sud ha studiato un progetto per affiancare le aziende agroalimentari locali nella vendita dei loro prodotti.
Lâaiuto vuole essere concreto, così la Camera di Commercio stipula un contratto con una società di distribuzione che accetta di vendere i prodotti regionali in un loro negozio.
Vengono messi a disposizione cinque metri lineari di scaffali.
Tutte le aziende produttrici possono partecipare al progetto e in più di sessanta aderiscono, anche perché non ci sono costi da supportare.
Al primo incontro con i produttori tenutosi una settimana fa, per meglio definire alcuni punti dellâaccordo, hanno partecipato in una ventina e fra questi alcuni casi mi hanno particolarmente colpita e portata a riflettere sullâimportanza da attribuire alle dimensioni minime da cui non si può prescindere per poter parlare di impresa.
La prima persona che ho conosciuto è stato un pensionato che ha sempre amato quel pezzetto di terra di cui si può occupare solo ora che ha tanto tempo libero. Il fatto di vivere a 400 km di distanza non sembra per lui un deterrente.
Hobby o lavoro, mi chiedo?
Câè, poi, chi non aspetta di andare in pensione e anche se per otto ore al giorno, tutti i giorni della sua vita fa altro, si ritiene un imprenditore agricolo ed è fiero della straordinaria marmellata di ciliegie che ha prodotto questâestate. Roba genuina, fatta in casa dalla moglie e dalla suocera.
E che ne pensate di chi vuol vendere un prodotto che non ha, perché deve aspettare il nuovo raccolto?
Ancora, vi chiederete, dovâè il problema?
Il problema è che metà delle aziende presenti non erano nelle condizioni di firmare un semplice contratto standard. Emergeva, con chiarezza, una grave mancanza di competenze per chi vuol far crescere la propria azienda: etichette inadeguate, mancanza di prodotto, problemi nelle consegne.
Allora mi chiedo: è opportuno che tali aziende debbano entrare in un sistema distributivo a loro inadeguato accanto ad aziende con delle reali possibilità e capacità di sviluppo?
Meglio precisare che non discuto se sia giusto o no perchè il concetto di giustizia non appartiene allâeconomia.
Mi chiedo solo se aziende così microscopiche, con costi di produzione medi più alti, con insufficienti quantitativi minimi di scorte e inadeguate competenze gestionali, non siano causa di poca competitività del nostro sistema economico e di spreco di risorse pubbliche.
Potrebbero interessarti
Editoriali
Grazie ai dazi di Trump anche nuove opportunità di promozione e comunicazione

Dal 7% della quota di mercato in Canada che l’Italia dei vini allora, deteneva con prodotti, nella generalità dei casi, scadenti, è passata, agli inizi del terzo millennio, a oltre il 30%, soprattutto grazie a una forte spinta iniziale nel campo della comunicazione
01 agosto 2025 | 12:00 | Pasquale Di Lena
Editoriali
L’olio d'oliva non lo fa il frantoio, ma si fa con il frantoio

Il frantoio va utilizzato e inteso quasi come uno strumento musicale che ha i suoi accordi da tarare a seconda della varietà delle olive e del loro grado di maturazione. Superiamo gli anacronismi del passato: l'olio non si compra più nell'elaiopolio
25 luglio 2025 | 12:00 | Giulio Scatolini
Editoriali
Addio cara Aifo: manca una proposta politica olearia che guardi al futuro

Niente confronto e nessuna visione: la storica associazione dei frantoiani olearia avrebbe bisogno di un radicale rinnovamento. Il passo indietro come Presidente dei Mastri oleari e da Aifo
21 luglio 2025 | 11:00 | Giampaolo Sodano
Editoriali
Difenderci dall’olio di oliva che sa di pipì di gatto: la scelta a scaffale

Fino a un paio d’anni fa il 75% dell’olio di olvia consumato in Italia era venduto nella GDO. E gran parte di quell’olio aveva un denominatore comune: il sentore di “pipì di gatto”
18 luglio 2025 | 12:00 | Piero Palanti
Editoriali
Olio extravergine di oliva 100% italiano a 5,99 euro al litro: dolcetto o scherzetto?

Dietro le quinte dell’offerta Esselunga su olio extravergine di oliva nazionale a marchio Cirio. Una promozione di 14 giorni che ha fatto molto rumore nel settore. Ecco cosa si nasconde dietro al “sottocosto” più aggressivo dell’anno sul 100% italiano
26 giugno 2025 | 09:00 | Alberto Grimelli
Editoriali
Obiettivo terrorizzare i giovani sul vino: si apre la strada ai dealcolati

Il vino è un patrimonio culturale dell’umanità, dei figli di Dioniso e di Bacco in particolare, che lo hanno diffuso nel Mesiterraneo.Ma il mondo va in un'altra direzione: Bill Gates ha investito nel grasso del futuro, il “burro d’aria”, fatto a partire dall’anidride carbonica e acqua, senza ingredienti animali
23 giugno 2025 | 14:00 | Pasquale Di Lena