Editoriali 25/10/2019

L'incapacità di esprimere e comunicare valore richiede un rebranding per l'olio italiano

L'incapacità di esprimere e comunicare valore richiede un rebranding per l'olio italiano

Evitiamo di ragionare partendo sempre dall’olio di tutti i giorni. L'extra vergine artigianale deve diventare un valore che tutti, prima o poi, possiamo sentirci di meritare


Mentre nei supermercati proliferano oli extra vergine che vogliono sembrare artigianali grazie a una confezione e una comunicazione che promette autenticità e qualità (con un prezzo non compatibile però con una vera produzione artigianale di qualità), gli oli EVO veramente ricchi di qualità sensoriali e organolettiche, frutto del lavoro straordinario portato avanti da migliaia di piccoli olivicoltori e frantoiani italiani, faticano a trovare la loro strada. Il problema di questi oli, che sono un grandissimo patrimonio della cultura italiana, è che sono spesso percepiti come troppo cari, un lusso per benestanti o per appassionati un po’ fissati con la qualità a tutti i costi.

Bisogna ammettere poi che non sono prodotti facili da conoscere e riconoscere, perché i codici di comunicazione che adottano sono confusi, dispersivi, per non dire indecifrabili. Paradossalmente si verifica spesso che la stessa informazione sul prodotto è carente o assente, perché c’è l’errata convinzione che un olio EVO autentico non debba veicolarla, in quanto sarebbe un approccio da prodotto industriale. Siamo quindi alle prese con un problema che si chiama “incapacità di esprimere e comunicare valore”.

Una buona notizia arriva da Verona, dove si è appena conclusa la quinta edizione di HOSTARIA, il festival del vino ospitato dall’11 al 13 ottobre nelle vie e piazze del centro storico della città, tra decine di cantine, buon cibo e appuntamenti culturali in una cornice d'arte e storia assolutamente spettacolare. È un festival in continua crescita che si sta affermando come una delle manifestazioni popolari italiane più importanti nel promuovere vino e sapori d'eccellenza. La vendita dei biglietti ha registrato un incremento del 21% rispetto alla scarsa edizione (38.000 presenze registrate alle casse), con Wine Lovers e turisti provenienti da più di 20 paesi tra Europa, Asia e Stati Uniti. L’itinerario che ha attraversato il centro storico cittadino, trasformando Verona in una osteria a cielo aperto, ha compreso anche il medioevale ponte di Castelvecchio interamente dedicato all’olio EVO di alta qualità, con degustazioni gratuite di alcune tra le migliori realtà oleicole venete. Quello che si è visto a Verona è che un piccolo gruppo di stand, pur situato all’interno di un grande evento dedicato al vino, ha incontrato un successo di pubblico sorprendente, inaspettato.

Molte visite, tanti italiani, ma anche tantissimi stranieri. Un solo stand, quello di Tenuta Pojana ha offerto in 3 giorni più di 300 assaggi guidati da un assaggiatore professionale (una delle conditio sine qua non per la partecipazione) , con ottimi risultati di vendita. Gli altri stand – il super premiato Frantoio di Riva del Garda, l’AIPO di Verona e Museum (sede tra l’altro di un museo dell’olio del lago di Garda) - hanno registrato un via vai continuo di curiosi, richieste di informazioni, assaggi, attestati di stima e di incoraggiamento.

Quali conclusioni trarre da questo breve ma intenso episodio?

Che per l’olio EVO di qualità la partita è sempre aperta, ma bisogna andare incontro ai consumatori con idee più chiare.

Da un lato ci vuole più informazione, anche sulla confezione, e dall’altro si devono adottare codici più semplici e più adatti ad un pubblico di non intenditori.

Questo approccio funziona, perché significa fare cultura sull’olio partendo dal basso, da semplici nozioni che tutti possono assimilare con facilità. In realtà quando il valore è percepito in tutta la sua grandezza, allora il velo si squarcia. Il prezzo inizia a scivolare in secondo piano, subentra la sorpresa, inizia la curiosità e alla fine nasce la consapevolezza.

Sono percorsi che abbiamo già visto nel vino, in molte specialità alimentari italiane come anche in altri settori merceologici. Quando si comprende veramente il valore di un prodotto, ci affascina tutto quello che ci sta dentro e dietro, tutto ciò lo ha portato a essere quello che è.

Certo i soldi sono soldi e non possiamo dimenticare che per molti consumatori e molte famiglie non è facile far quadrare i conti. Ma evitiamo di ragionare partendo sempre dall’olio di tutti i giorni, quello appunto per cui prevale la funzione di condimento/ingrediente continuativo.

La strada del valore non inizia da lì, ma dallo sforzo di trasformare l’olio EVO di qualità in alimento pregiato. Un valore che tutti, prima o poi, possiamo sentirci di meritare.

di Mariagrazia Bertaroli

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Commenti 1

Lucio Schembari
Lucio Schembari
01 novembre 2019 ore 13:46

Perfettamente d’accordo. Opero in Giappone come importatore e distributore di olio italiano dal 2011, e la mia azione si è svolta e si svolge attualmente proprio nel mettere nelle condizioni il consumatore finale di capire il lavoro maniacale dei produttori che gli presento. Non è una via immediata ma è l’unica se si vuole cercare una stabilità e consapevolezza nel Cosimo di evo di qualità. Qui in Giappone l’evo ha una storia particolare, c’ Grande interesse ma ci sono molti consumatori occasionali ancora. Mancano propio le nozioni base e la commercializzazione e spesso delegata ad altri fattori che non siano l’informazione è la consapevolizzazione del consumatore. La
Comunicazione e fondamentale, la
confezione altrettanto! E allora mi sorge un dubbio...le aziende italiane che si occupano della confezione ( bottiglie, tappi, ecc) sono al passo con le innovazioni che ci sono nel campo tecnico dell olio? (Tipo sistemi estrattivi e tecniche di coltivazione ,ecc.)