Editoriali 09/08/2019

L'olio d'oliva commodity non può vincere perchè non è frutto dell'amore

L'olio d'oliva commodity non può vincere perchè non è frutto dell'amore

Dalle parole di un frate lette sulla spiaggia: la descrizione della qualità è come il racconto di una bellissima storia d’amore. Un amore che abbiamo la possibilità di ricambiare ogni volta che scegliamo di fare nostra e condividere una bottiglia di olio extra vergine d’oliva italiano di qualità


“È un miope incapace di stupore chi nel cibo scorge oggi solo il frutto della tecnica che ha sostituito antichi attrezzi da lavoro o della scienza che ha inventato mutazioni genetiche: perché un alimento possa soddisfare la nostra fame bisogna infatti che da esso emergano – al di là di proteine, carboidrati e vitamine – l’intelligenza, la passione e il cuore dell’essere umano che trasfigura le creature in dono per il proprio simile.” Leggendo queste parole di Enzo Bianchi ne “Il pane di ieri” ho pensato al senso della qualità.

Nel libro, che racconta la vita contadina del secolo scorso per illuminare valori e idee della società contemporanea, il priore della Comunità monastica di Bose ci fa meditare sul fatto che i frutti della terra possano sfamare veramente solo se trasformati ed elevati per mezzo di un amore che si può addirittura riconoscere.

È noto come il cibo nella cultura contadina sia sempre stato “epifania di rapporti e comunione”, ma accanto a questo aspetto positivo Padre Bianchi tiene a precisare come l’antica vita di campagna, spesso idealizzata, potesse essere anche fonte di “piccole e grandi sofferenze” che la rendevano molto meno idilliaca di come possa apparirci oggi.

D’altronde, in tempi più lontani, tante esistenze venivano fortemente condizionate da scelte e contingenze esterne e l’opzione di una vita contadina gravava spesso come una preferenza obbligata. Oggi invece, grazie all’infinita varietà di professioni e mestieri tra cui le ragazze e i ragazzi italiani hanno la possibilità e la serenità di scegliere, decidere di fare l’agricoltore è quasi sempre il frutto di una scelta misurata e consapevole: l’Italia è addirittura diventata la capofila europea per l’impiego dei giovani in agricoltura, con quasi 60.000 aziende condotte da ragazzi e ragazze con meno di 35 anni (fonte Coldiretti).

Accanto a questi dati virtuosi c’è la consapevolezza che le professioni agricole sono ancora oggi tutt’altro che un’opzione facile e comoda, perché se da un lato il loro esercizio viene agevolato da ricerca e sviluppo tecnologico sempre più avanzati, dall’altro riuscire a organizzare un’attività legata alla terra che sia al contempo soddisfacente e remunerativa sta diventando sempre più complesso per via di alcuni fattori, primi fra tutti i mutamenti climatici in atto, i quali in modo sempre più evidente e invadente stanno trasformando gli ecosistemi e conseguentemente le modalità e le norme di gestione del territorio.

Prova tangibile di questa tendenza sono le ultime annate olivicole, che hanno toccato record storici in termine di volumi, con appena 175mila tonnellate prodotte nell’ultima campagna, e hanno messo duramente alla prova la professionalità e le competenze degli olivicoltori italiani.
Eppure, straordinariamente, a un tanto eccezionale tracollo quantitativo ha fatto fronte un impegno tale da parte di questi eroi nostrani della terra che alla fine dell’ultima stagione, sulla carta la peggiore degli ultimi decenni, si è potuta riconfermare senza alcun dubbio l’indiscussa qualità degli oli extravergini di oliva prodotti in Italia.

I riconoscimenti per le eccellenze tricolore sono giunti sia dai consumatori che dagli assaggiatori di ogni parte del mondo: oltre ai panel accrediti, che hanno riconosciuto e garantito tante eccellenze extravergini, non c’è stato un concorso internazionale che non si sia concluso con un palmares di vincitori a prevalenza Made in Italy.

Gli olivicoltori italiani hanno dato un volto all’idea che la crisi può essere una fonte di opportunità e che quello che a prima vista ha le sembianze di un disastro si può in seguito trasformare in un’occasione addirittura di miglioramento. Avversità climatiche e problemi fitosanitari da bollettino di guerra non hanno fatto altro che stimolarli a trovare soluzioni e cercare di migliorarsi, in uno slancio costante che ha raggiunto vette di qualità altissime nonostante tutti gli ostacoli incontrati nel corso delle recenti campagne, alla fine scansati con successo.

Viene naturale pensare che, da una parte, gli standard di sempre siano stati brillantemente raggiunti e anche superati in un momento così difficile grazie al supporto di tecnica e consapevolezza, ma dall’altra, che almeno una parte di questo successo ampiamente riconosciuto sia frutto di un portentoso, insperato e miracoloso atto d’amore.

“Serve una completa dedizione per ottenere un prodotto di qualità,” afferma Lucia Talotta dell’Oleificio Torchia di Tiriolo, in provincia di Catanzaro. “Trattiamo le piante come fossero figli, talvolta togliendo spazio ad altre cose”, continua la produttrice, che gestisce uliveti secolari di Carolea, affiancati da Coratina e Nocellara di più recente impianto. “Siamo stati sempre presenti sul campo e abbiamo irrigato, raccolto le olive una per una e lavorato in orari in cui normalmente si preferirebbe riposare, selezionando i frutti e gestendoli in maniera scrupolosa, facendo attenzione a tutti i dettagli dal campo al frangitore alla gramola fino alla bottiglia. Alla fine, siamo felici di dire che il nostro lavoro ha avuto dei riconoscimenti tali che non solo ci hanno ripagato dello sforzo ma soprattutto ci spingono a continuare in questa direzione”.

Sul fatto che la qualità richieda la massima attenzione e tanto impegno sia in uliveto che in frantoio non ha dubbi Accursio Alagna, Chief Operating Officer a La Goccia d’oro di Menfi, che racconta come alla cooperativa siciliana dove si producono extravergini da Nocellara del Belice, Cerasuola e Biancolilla, “nessuno ancora si è preso un giorno di vacanza e i tecnici continuano a monitorare giornalmente lo stato di vegetazione degli ulivi per comunicarlo immediatamente ai soci, i quali si tengono pronti a intervenire.”  Per quest’anno non ci sono stati problemi con la tignola e la mosca ma si continua a monitorare senza sosta, spiega Alagna. “Stiamo inoltre valutando il recupero di cultivar antiche, che dimostrano notevole resistenza agli stress e ai cambiamenti climatici a cui ormai inevitabilmente sono sottoposti i nostri ulivi. Non smettiamo di ricercare, impegnarci, mirare alla qualità su ogni fronte”, prosegue il direttore, che aggiunge: “ogni giorno basta dare un’occhiata alle notizie per constatare come flussi ingenti di olio di minore qualità vengono pagati cifre irrisorie al chilo, dall’altra che prodotti biologici vengono valutati cifre molto inferiori rispetto a quelle che noi produttori investiamo per produrli. Il fatto che l’olio extra vergine di oliva possa diventare una commodity è una minaccia che noi produttori italiani di qualità combattiamo con tutte le nostre forze”, conclude Alagna “e per fare questo lavoriamo con un impegno che può nascere solamente da un grande amore per quello che facciamo”.

“Il nostro lavoro è svolto con tanta passione e ne è anche prova il fatto che non ce lo siamo ritrovati ma ce lo siamo proprio scelti”, racconta Devis Zanaica che coltiva Rasara, Grignano, Leccino e Matosso a Cinto Euganeo, dove si trova il suo Frantoio di Cornoleda. “La passione per questa pianta straordinaria e per un frutto così speciale continua a darci tante soddisfazioni. Posso senza dubbio dire che l’attenzione quasi maniacale dall’albero al confezionamento per ogni dettaglio, il rispetto dei giusti tempi e la cura per le nostre olive, così come per quelle degli agricoltori che le affidano fiduciosi al nostro frantoio, non darebbero questi risultati se non avessero alla base una passione ardente”.

Meticolosa attenzione al prodotto durante tutta la fase produttiva e un monitoraggio continuo sono elementi necessari anche per Sergio Cozzaglio, che a Toscolano Maderno sulle sponde del Lago di Garda, gestisce piante di Casaliva, Gargnà, Minìol e Negrèl e ha anche recuperato una varietà olivicola antica attualmente in attesa di denominazione dagli organi ufficiali. “È importante che gli interventi siano sempre più mirati”, osserva, “perché se l’aspetto tecnico è fondamentale per ottenere un prodotto di qualità, la tendenza recente è, ed è giusto che vada, verso una gestione dell’uliveto sempre meno impattante e più rispettosa per l’ambiente, a fronte di un clima sempre più imprevedibile e dei problemi fitosanitari che ne derivano”.
Cozzaglio continua aggiungendo quella che secondo lui è “una delle tecniche agronomiche più importanti: se il nostro impegno non basta e il prodotto non arriva ai livelli qualitativi che avremmo desiderato, è necessario essere onesti e dichiararlo, non mettendolo in commercio”, afferma. “Ci sono tantissimi produttori che anche in annate difficili riescono a fare prodotti straordinari e i consumatori potranno quindi trovare ottimi prodotti in alternativa al nostro. So che dirlo è forte ma avere l’onestà di dichiarare che avremmo potuto fare meglio è un gesto di grande rispetto per noi stessi, per tutta la categoria e per il consumatore. Questo inoltre ci consente anche di fermarci e riorganizzarci per fare ancora meglio la prossima annata”, conclude l’olivicoltore gardesano salutandomi per tornare in uliveto.

Attenzione ai dettagli, cura continua, rispetto, fiducia che non viene meno neanche nei momenti più difficili, ma anche riuscire a mettersi in discussione, correggersi e riprovarci anche quando tutto sembra perduto, per dare ancora di più e fare ancora meglio, attraverso un dialogo costante che alla base ha tanta, tanta passione: la descrizione della qualità è come il racconto di una storia d’amore.

Parlare con i produttori di olio extra vergine di qualità è parlare con persone che amano di un amore autentico, in cui si dà tutto al soggetto amato in modo disinteressato e a costo di privazioni, ma consapevoli che le eventuali rinunce, la fatica e l’impegno verranno ripagati dall’apprezzamento e dalla fruizione da parte di consumatori attenti e consapevoli, che percepiscono quell’amore ricambiandolo con fiducia e gratitudine.

Ciò che differenzia un prodotto qualunque da un prodotto di qualità è l’amore: un amore da riconoscere con lo stesso rispetto e la stessa consapevolezza che ci hanno messo i produttori per ottenere quella qualità, un amore che abbiamo la possibilità di ricambiare ogni volta che scegliamo di fare nostra e condividere una bottiglia di olio extra vergine d’oliva italiano di qualità. Con intelligenza, passione e cuore, come in una bellissima storia d’amore.

di Ylenia Granitto

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