Editoriali

L'agricoltura italiana che ci piace

Innovare senza perdere la propria identità e senza scopiazzare modelli colturali e culturali di altri Paesi. Una sifda che l'agricoltura italiana ha raccolto con coraggio e tenacia secondo il pensiero di Maurizio Rossellini

23 novembre 2018 | Maurizio Rossellini

Spesso il mondo rurale italiano viene descritto come tradizionale e tradizionalista, ancorato al passato e immobile, in particolare nel Sud Italia.

Io non ho avuto questa impressione.

Durante i tre giorni di MeBiForum a Palermo ho avuto occasione di conoscere da vicino tre comparti strategici per il Made in Italy: ortofrutticolo, vitivinicolo e olivicolo.

Ho parlato molto con addetti ai lavori, operatori, ricercatori e opinion leader, e ho avuto la netta impressione di un forte dinamismo, magari non sbandierato o enfatizzato, ma ben presente.

Chi si ferma è perduto e lo sanno bene tutti i produttori che hanno animato la tre giorni di dibattiti. Magari un po' storditi dalla mole di informazioni ricevute ma particolarmente attenti e ricettivi.

L'agricoltura italiana viene spesso descritta come arretrata, anche dal punto di vista culturale. Ho avuto l'impressione contraria, con particolare sensibilità alle innovazioni, dal campo al mercato.

Avere la capacità di riposizionarsi, magari creando anche nuovi prodotti da quelli tradizionali, come sta facendo il settore ortofrutticolo, non così semplice né così scontato. Significa aver la capacità di reinventarsi e una flessibilità molto importante nel mondo moderno.

Quello che mi ha stupito è l'attenzione verso l'information technology. Nel corso dell'Olive Oil Forum è stato affrontato il tema delle blockchain, una rivoluzione per quanto riguarda trasparenza verso il consumatore e rapporti commerciali, che richiede un diverso approccio, con gli operatori che diventeranno soggetti attivi e non solo passivi.

Il mondo vitivinicolo si è dimostrato anch'esso particolarmente vivace, capace di ragionare non solo intorno al prodotto ma in un'ottica di diversificazione verso il wine tourism e la wine hospitality.

L'agricoltura italiana è bella perchè particolarmente varia e aperta.

Non si appoggia a stereotipi, modelli culturali e colturali esistenti, ma cerca di trovare una propria strada e il proprio percorso nel mondo globalizzato.

E' molto semplice copiare o importare, senza alcun spirito critico, mode e tendenze imperanti in altri Paesi o Continenti.

L'Italia agricola, ne ho avuto la netta impressione, mantiene l'orgoglio di conservare una propria identità, ben definita e ben riconoscibile, anche se in continuo divenire.

Senza farsi mangiare dalla globalizzazione, l'agricoltura nazionale vuol far mangiare italiano al mondo: un cibo biodiverso, sostenibile e salutare.

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