Editoriali
Il potere di guardare al futuro
E' certo che viviamo una fase di passaggio e che saremo giudicati. Sull'incertezza di oggi si costruirà il futuro di domani e tutti noi siamo chiamati a esserne attori, non solo spettatori. Una responsabilità che spaventa ma in fondo incuriosisce
01 settembre 2017 | Alberto Grimelli
Ora che il mito dell'innovazione ha finito la sua corsa, cosa ci aspetta per il futuro?
La storia dell'uomo è costellata di cicli economici, che hanno portato con sé anche rivoluzioni sociali e politiche.
Negli ultimi duecento anni, dalla rivoluzione industriale in poi, viviamo nell'epoca dell'innovazione. 
E' stata l'innovazione a farci molte promesse, in gran parte mantenute, almeno fino a qualche anno fa.
Credo che sui libri di storia il 15 settembre 2008, con il fallimento di Lehman Brothers, verrà considerato l'inizio della fine dell'epoca dell'innovazione.
Ma quali sono le regole su cui poggia l'epoca dell'innovazione?
La prima, essenziale, è che ogni innovazione migliora la nostra vita, pertanto, e questa è la seconda regola, è nostro interesse e “dovere” acquistare la nuova innovazione. Questi acquisti stimolano l'economia e quindi nuova innovazione, e così in eterno.
Il consumismo è la conseguenza, non la causa del ciclo dell'innovazione.
E' chiaro che dovremmo chiederci se l'innovazione mantiene davvero la sua promessa fondante.
Fino a qualche anno fa era certamente così.
La lavatrice ha sicuramente migliorato la qualità della vita in famiglia. L'auto ha certamente migliorato la qualità della mobilità.
Lasciamo un attimo da parte le conseguenze di queste innovazioni.
Concentriamoci solo sull'innovazione in quanto tale.
Siamo sicuri che una fotocamera di 12 mega pixel sia poi tanto meglio di una da 9 mega pixel?
Siamo sicuri di poter distinguere tra la qualità delle immagini di televisori hd, full hd e ultra hd?
Chiediamoci perchè le innovazioni, o presunte tali, si susseguono a ritmo così serrato.
Tra un modello e l'altro di auto passavano anni, così come tra un modello di cellulare e l'altro. Ora ogni sei mesi abbiamo il nuovo modello che ci promette innovazioni mirabolanti. Ma mantiene le promesse? Perchè è necessario sfornare innovazioni a così breve distanza di tempo?
Forse occorre mantenere sempre più alta l'attenzione delle persone, evitando che vengano attratte da altro.
Ma cosa esattamente?
Dobbiamo guardare al mercato, alla crescita esponenziale del biologico, ai farmer's market e a un altro stile di vita e consumo che sta sempre più prendendo piede.
Credo, senza poi neanche un eccessivo sforzo di fantasia, che il prossimo ciclo economico si baserà sul benessere.
E' evidente che il ciclo economico del benessere si avvantaggerà dell'innovazione, ma l'innovazione sarà finalizzata, non sarà l'obiettivo in sé.
Come verrà declinato il benessere lo scopriremo nei prossimi anni e nei prossimi decenni. Sarà un benessere egoistico ed edonistico oppure civile e partecipato?
Le fasi di passaggio, tra un ciclo economico-sociale-politico e l'altro, portano con sé una buona dose di incertezza, ma hanno anche dei vantaggi, lasciandoci immaginare il futuro che vorremmo. Anzi di più, essendo un magma indistinto, col nostro impegno quotidiano possiamo contribuire a forgiare questo futuro.
E' certo che viviamo una fase di passaggio e che saremo giudicati.
Non vi nascondo che mi piacerebbe avere una macchina del tempo per sapere il voto assegnatoci dalla nostra progenie.
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francesco travaglini
02 settembre 2017 ore 11:08MI hai fatto venire in mente, Alberto, un vecchio post ispirato ad un libro di Riccardo Luna.
L'"innovazione senza permesso ovvero quella che ti fa fare mentre pensi e non dopo.
Quella che parte dalla testa e dallo stomaco insieme.
Quella che ti fa stringere prima i pugni e dopo i denti per cercare di realizzarla.
Quella che non vedi e non senti ma che annusi.
Quella che ti fa sentire una rosa in mezzo ai carciofi ma che ti fa sembrare un cardo nel bel mezzo di un prato.
Poi se prima che ai denari pensi ai benefici di tutti allora l‘innovazione senza permesso è un’innovazione sociale"
L'innovazione non chiude mai i suoi cicli, ha dei momenti in cui è fragorosa, dirompente ed altri in cui è più sterile.
In una visione epocale, secondo il mio punto di vista, questo un momento straordinariamente positivo. :-)