Editoriali

TERRENO MINATO

25 marzo 2006 | Franco Bonaviri

E’ clima da guerra civile. E’ sufficiente continuare con tali ritmi e intensità che i disordini saranno pane quotidiano. Si spera nel buon senso.
Eppure il clima di odio qualcuno l’ha sapientemente alimentato, ad arte. La realtà di questa campagna elettorale è implacabile. Si vuol tornare agli anni bui, ai terribili e idioti anni Settanta. Si vuole insistere con le divisioni e marcare stretto, fino a togliere il respiro non all’avversario, ma al nemico addirittura.

Oggi – strano a dirsi! – non si può più parlare di Berlusconi. Nemmeno le critiche sono possibili, tanto è bersagliato da schermaglie di odio puro, allo stato primitivo. Non conviene parlare di Berlusconi perché è terreno minato. Chi non sputa addosso all’odiato nemico non è degno di esistere, non fa parte della “società civile”.
Allora – posta tale premessa – la prima considerazione da fare è molto semplice: può dirsi vera democrazia quella in cui non sia possibile dare voce e spazio a un candidato premier? Tutti sostengono che Berlusconi spadroneggi ovunque perché ha in mano i media ed è un uomo potente e ricco, e quanto ricco!
E’ davvero così? C’è da riflettere su tale anomalia, sempre se si voglia essere davvero onesti con se stessi.

Io non sono con Berlusconi, e men che meno con Prodi.
Entrambi sono lontani da ciò che il Paese necessita.
Ci vogliono figure nuove, ma ci ritroviamo ancora con i due a confrontarsi (o scontrarsi?) a distanza di dieci anni. Loro due, faccia a faccia, in un’Italia che sta puntualmente rinunciando al proprio futuro fossilizzandosi nel già noto.
Occorrono volti nuovi, e invece ci ritroviamo il passato tal quale. Insomma: non c’è alternativa.

Si vive una situazione preoccupante. Già il fatto stesso che io debba esprimere la mia non appartenenza, la mia reale e non fittizia equidistanza da tutte (dico tutte) le forze politiche in campo, la dice lunga. E’ segno di un modo di agire inquinato da sentimenti di odio. Ma chi l’ha alimentato questo clima d’odio? Lo sanno tutti, anche se non sta bene dirlo, perché non si ha il coraggio di ammettere lo stato delle cose, in cui si muove e si agita la nostra pessima, mediocre classe politica

Io francamente mi sento a disagio in questa Italia balorda, in cui non esiste il senso del fare politica al d là delle appartenenze.
Meglio, per certi versi, quella che si diceva “prima Repubblica”, sporca, malandrina, seria certamente no, ma più dignitosa .

Oggi è uno schifo, con personaggi da vomito, nauseabondi.
Andare a votare? E perché mai? Non lo so. Nutro forti dubbi.
Si può andare a votare scegliendo il meno peggio? Questo sì. Nulla di nuovo sotto al sole, è ciò che in Italia è sempre avvenuto. Ma cos’è il meno peggio? E’ difficile stabilirlo.

D’Alema, quell’uomo antipatico, con la faccia sempre incazzata e altera (meglio Veltroni, credetemi), sostiene che il Paese ha interesse verso il bipolarismo e che è proprio nella logica del bipolarismo che l’Italia ha necessità di una destra che lui definisce “normale, moderata e di tipo europeo”. E’ ovvio che poi aggiunga – com’è nel suo carattere acido (ripeto: meglio Veltroni) – la stoccata finale a Berlusconi, il quale, a suo dire, “non rappresenta questa destra e la condizione perché questa aspirazione possa realizzarsi è che Berlusconi perda le elezioni”.


Ecco, io credo invece a ciò che con grande intelligenza ha scritto Claudio Rinaldi nel volume I sinistrati. L'odissea di Prodi, D'Alema & co. per Laterza, e nel cui risvolto testualmente si legge: “Non è pensabile che il centro-sinistra vada avanti a oltranza in condizioni così balorde, con un leader senza partito e un coacervo di partiti medio-piccoli senza autentici leader. L’Italia che non si riconosce nella destra merita qualcosa di meglio”.

Già, è giunta l’ora di cambiare aria. Occorrono, io credo, leader nuovi e credibili, ma nemmeno questa volta, con queste politiche assurde, in mano ai soliti noti, abbiamo l’occasione di vedere avverata la svolta tanto attesa. Non saranno contenti gli elettori di destra e nemmeno quelli di sinistra. Si continuerà a votare optando per il meno peggio; oppure, come spesso accade, secondo le appartenenze o le convenienze. L’Italia resterà intanto imprigionata ancora al suo destino di Paese mediocre.

Votate, votate pure. Che vinca Berlusconi, o che vinca Prodi, nulla cambierà.

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