Editoriali 28/04/2017

Un filo d'olio è poesia, prosa, letteratura...

Dal passato al presente, per non farci solo coinvolgere dagli effluvi sensoriali degli eccellenti oli extra vergine che abbiamo oggi a disposizione. Un percorso del cuore, secondo Ylenia Granitto


“La birra era gelata e berla era una delizia. Le pommes à l’huile erano sode, con l’aceto e l’olio d’oliva eccellente. Misi un po’ di pepe nero sulle patate e intinsi il pane nell’olio d’oliva. Dopo la prima sorsata di birra bevvi e mangiai molto lentamente. Quando ebbi terminato le pommes à l’huile ne ordinai un altro piatto…”

Non credo esista lettore che almeno una volta nella vita non abbia pensato con un po' di nostalgia-per-un’epoca-mai-vissuta alla Parigi degli anni Venti, quella insomma “dei bei tempi andati, quando eravamo molto poveri e molto felici”, come ce ne parla Ernest Hemingway in Festa Mobile. E proprio grazie a questa sua raccolta di racconti autobiografici abbiamo un motivo in più per apprezzare quel periodo spensierato ed essenziale per gli artisti della capitale francese: si poteva assaggiare dell’ottimo olio d’oliva. Questo secondo la descrizione che lo scrittore statunitense ci fa del piatto a base di patate gustato alla Brasserie Lipp sul Boulevard Saint Germain. Anche se non possiamo essere così sicuri di come in realtà fosse quell’olio, ci fidiamo del gusto di Ernest senza farci troppe domande. Soprattutto perché all’epoca non si poteva ancora contare su alcun panel ufficiale né su una codificazione standardizzata dell’extra vergine, che in Europa si è avuta molto più tardi, nel 1966.

“Di nuovo persa nel labirinto. L’odore predominante ricorda quello della Spagna – l’olio di oliva con cui fanno da mangiare”. È l’aprile del 1936 e così inizia la lettera che Anaïs Nin, appena giunta a Fez in Marocco, scrive ad Henry Miller che si trova a Parigi. Nella capitale francese - che ancora vive uno straordinario fermento culturale - al 18 di Villa Seurat, Miller sta scrivendo quel Tropico del Cancro che subirà una sequela di denunce per oscenità, censure e processi nei diversi paesi in cui verrà pubblicato e che sul territorio italiano sarà definitivamente dichiarato non perseguibile solo nel 1968.

Nella città maghrebina Anaïs è ospite nell’agio del Palais Jamai ma non perde occasione di scendere in strada e mescolarsi all’umanità del posto, annotando gesti, fermando immagini e registrando profumi che rivela quotidianamente ad Henry nelle sue lettere, cariche di esperienze e passione. La loro densa corrispondenza è un flusso impetuoso di amore, desiderio, scambio umano e artistico.

Tornando alla considerazione sensoriale di Anaïs, potremmo affermare con discreta certezza che l’odore che lei percepisce distintamente nell’aria di Fez non appartiene ad un olio d’olio che oggi definiremmo extra vergine: siamo già ad aprile inoltrato e le olive marocchine hanno abbondantemente oltrepassato le fasi di invaiatura e maturazione.

Inoltre, seguendo il parallelismo temporale che lei ci fornisce con il suo ‘Diario’, nel secondo volume dell’opera autobiografica troviamo la conferma che quel forte odore deriva dalla molitura, che sta avendo luogo a cielo aperto proprio nei giorni del suo soggiorno. Descrivendo la città, Anaïs ci rivela infatti che “l’olio d’oliva viene spremuto nelle strade, sotto grosse ruote di legno”. Insomma si deve fare ancora parecchia strada per arrivare alle moderne tecniche di frangitura e raccolta e, nel frattempo, spereremmo per lei che non abbia avuto la curiosità di assaggiare quell’olio che forse un panel contemporaneo avrebbe bollato come lampante.

Ma dimentichiamo pure l’odore di morchia e, tornando all’epoca contemporanea, proiettiamo i nostri sensi negli effluvi sensoriali degli eccellenti oli extra vergine che abbiamo oggi a disposizione. Abbiamo l’opportunità di vivere un’epoca di straordinaria qualità e di scelta sensoriale praticamente illimitata; possiamo quindi procurarci un ottimo olio extra vergine di oliva e seguire le indicazioni che ci fornisce Manuel Vázquez Montalbán in Ricette Immorali, una raccolta di deliziose e intriganti ricette da lui elaborate e narrate. Per la preparazione del suo ‘Pane e pomodoro’, lo scrittore e gastronomo spagnolo ci invita a versare un “Filo d’olio. Prendere ogni fetta di pane con le dita dalla parte della crosta, stringerla e lasciarla poi andare in modo che l’olio si sparga liberamente”.

Bibliografia

In questo articolo abbiamo citato e assaggiato:
Ernest Hemingway, Festa Mobile
Anaïs Nin, Diario
Anaïs Nin e Henry Miller, Storia di una passione
Manuel Vázquez Montalbán, Ricette Immorali

di Ylenia Granitto

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

Commenti 0