Editoriali

Un solo porto di sbarco per l'olio di oliva straniero in arrivo in Italia

La proposta shock del presidente di Confagricoltura Puglia, nonchè responsabile del settore olio di oliva della confederazione agricola, per rendere più efficienti i controlli e più trasparente la filiera

26 febbraio 2016 | Donato Rossi

Due sono i fattori da tempo indicati come minacce per lo sviluppo del settore olivicolo-oleario in Italia: la crescente competizione internazionale in termini di costi di produzione e qualità olivicola e la scarsa capacità delle imprese italiane di fare sistema e di aumentare il quantitativo produttivo. Ma dalla loro, i produttori italiani hanno una serie di elementi sui quali contare: la crescente sensibilità dei consumatori verso la qualità dei prodotti agroalimentari, l’aumento dei consumi pro capite nei Paesi emergenti, la considerazione dell’olio d’oliva come di un prodotto salutistico parte integrante della dieta mediterranea. Perché gli effetti positivi di questi elementi non vengano completamente azzerati dalle minacce al settore, c’è un unico momento, un fermo immagine sul quale tutti noi dovremmo concentrare la nostra attenzione: i controlli all’ingresso sul nostro territorio dell’olio d’oliva. E mi riferisco in particolare all’ingresso nei porti, dove le Dogane già svolgono un importantissimo lavoro. Ma è necessario, a mio avviso, fare un ulteriore sforzo. La mia idea è di accentrare in un unico punto di scalo l’ingresso in Italia di tutto il prodotto straniero, comunitario e non. L’esigenza di potenziare i controlli ai porti è stata percepita con forza lo scorso anno, quando la situazione drammatica della campagna olearia fece sentire come un macigno il peso delle importazioni sulle aziende italiane. Quest’anno, fortunatamente, i dati ci dicono che la campagna olearia si è attestata su valori nettamente più alti: Ismea parla di un volume produttivo atteso di quasi 380mila tonnellate, un più 70% rispetto allo scorso anno. Contestualmente l’import è diminuito in termini di quantità, ma ha subito un incremento di quasi il 40% in termini di valore.

Come si vede, nonostante il quadro generale quest’anno sia nettamente positivo, il problema della concorrenza internazionale resta e va affrontato in modo definitivo. Di qui la mia proposta di rivedere il sistema dei controlli. Accentrando su un’unica destinazione su tutto il territorio nazionale otterremmo diversi vantaggi non trascurabili. In primo luogo si concentrerebbero le analisi su un unico grande laboratorio, dotato di tutte le tecnologie necessarie, compresa la risonanza magnetica nucleare, unico strumento davvero in grado di fornire la carta di identità dell’olio d’oliva. Una struttura del genere sarebbe inoltre in grado di ottimizzare e coordinare l’impegno di ogni singolo organismo di controllo, evitando dispersioni e aggravi di tempo e di spesa. Tale sistema sarebbe di per sé capace di scoraggiare l’ingresso in Italia di olio di scarsa qualità destinato attraverso operazioni fraudolente a essere immesso sul mercato con il marchio italiano dell’extravergine, il più apprezzato nel mondo.

Certamente non mi sfugge il particolare che una struttura di tal fatta avrebbe bisogno dell’avallo normativo comunitario e che numerose potrebbero essere le obiezioni che, a diversi livelli, potrebbero essere opposte. Non ultimo il fatto che accentrare i controlli smantellerebbe un sistema ormai cristallizzato e diffuso su tutto il territorio nazionale di interessi contigui, per non dire conniventi, fra esportatori, importatori, controllori e destinatari finali. Ma se di sistema si deve parlare, è necessario chiudere il cerchio con controlli a scaffale sempre più serrati. Dall’origine del prodotto fino alla tavola, l’intero complesso dei valori dell’olio d’oliva deve rimanere invariato.

Mi pare però del tutto evidente dunque che l’introduzione di un nuovo sistema più puntuale potrebbe progressivamente scoraggiare le frodi, che invece vengono rilevate con cadenza ormai quasi quotidiana.

In questo quadro, è per onestà intellettuale che va fatto un richiamo all’importanza di avere un sistema di imprese nazionale realmente capace di chiudere tutti quegli spazi della filiera produttiva lasciati aperti all’ingresso di prodotto non made in Italy o adulterato, tenendo ben presente che le aziende sane, interessate a produrre un buon olio, restano la maggioranza

 

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Marco Repetto

29 febbraio 2016 ore 10:06

buona idea!! un deposito costiero di controllo..

federico barbarossa

27 febbraio 2016 ore 17:44

fate saltare il PORTO!