Editoriali 04/12/2015

Chi lo dice ora al New York Times?

L'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha dimostrato che il re è nudo. Forse è ora di mostrare unità di filiera e d'intenti anche contro i pessimi soggetti che fanno un danno alle aziende sane e al Paese


Era il gennaio 2014 quando il New York Times uscì con le sue vignette che fecero infuriare tutto il mondo olivicolo-oleario italiano. Per chi lo avesse dimenticato, l'infografica descriveva come gli imbottigliatori e gli industriali dell'olio (producers) truffavano sull'origine dello stesso, vendendo per italiano ciò che italiano non è.

L'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, condotta dal Corpo Forestale dello Stato, non ha fatto altro che dimostrare che quanto dichiarato dal New York Times fosse vero.

Fa male ammetterlo, ma purtroppo è così.

E' come quando perde la squadra del cuore, raramente ammettiamo che ha giocato male.

L'Italia, in questo caso, ha giocato veramente male la partita, vendendo al mondo un prodotto falso, per speculare, per guadagnare oltremisura, prendendo in giro i consumatori.

Attribuire colpe all'arbitro, ovvero agli organi di controllo o peggio ai media, è un comodo alibi. Si punta l'indice contro gli effetti, veri o presunti, dello scandalo, per nasconderne la causa: il comportamento illecito.

Fosse anche vero, e ne dubito fortemente, che siano stati gli scandali a produrre le perdite di quote di mercato delle aziende olearie italiane all'estero, eliminiamo la causa e non si avranno neanche gli effetti. Eliminiamo le mele marce e queste non potranno più né contagiare quelle sane né spargere cattivo odore.

Forse è ora di mostrare unità di filiera e d'intenti anche contro i pessimi soggetti che fanno un danno alle aziende sane (concorrenza sleale) e al Paese (danno d'immagine).

Sono persone e aziende che, troppo spesso, la fanno franca. La maggior parte delle inchieste che finisce nei tribunali si conclude con la prescrizione, che è cosa ben diversa dall'assoluzione.

La frode in commercio e l'utilizzo mendace di indicazioni geografiche, per esempio, si prescrivono in sette anni e mezzo. A chi pensi che si tratti di un periodo sufficientemente lungo, ricordo che il processo Valpesana è ancora in corso e che il verdetto di primo grado, se tutto va bene, si avrà nella prossima primavera, ovvero quattro anni dopo l'operazione Arbequino, gli arresti e il sequestro di 8000 tonnellate d'olio.

Se è in pericolo la sopravvivenza stessa del settore olivicolo-oleario italiano, è sufficiente un cambio di ragione sociale o serve un cambio di mentalità?

Il silenzio pubblico di Federolio e Assitol, di fronte alle recente inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, è un troppo rumoroso, specie se lo paragoniamo alla mobilitazione in forze contro l'inchiesta Guariniello di poche settimane fa.

Dopo panel test, alchil esteri ed etil esteri non vorrei si profilasse all'orizzonte una nuova battaglia sull'analisi del DNA.

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum (commettere errori è umano, ma perseverare è diabolico)

di Alberto Grimelli

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Commenti 4

Domenico  Musicco
Domenico Musicco
08 dicembre 2015 ore 15:11

DVR (Documento Valutazione Rischi) alcune centinaia di euro;
Infortunistica Formazione Lavoro 60 euro;
Attestati di sicurezza ... non pervenuto;
Visite mediche per gli assunti ... 50 euro (ci sono anche le marche da bollo;
Poi ci sono tutte le attrezzature da fornire agli operai che si assumono;
In fine ci sono i contributi previdenziali e assistenziali ed in fine la paga all'operaio !!!
Quindi per attivarsi alla raccolta delle olive ad un "Azienda" servono circa 600/700 euro !! E poi i contributi e le giornate !!
Tutte queste "previdenze" si riverseranno sul consumatore è ovvio; Chi ne trarrà dei benefici saranno quelli che ... di cui all'articolo .... che ne calcolano conto profitti e perdite ..... e l'olio Italiano è ritornato a 3,20 euro!!!!
SE PRIMA UN OLIO EVO "EXTRA VERGINE DI OLIVA" NON POTEVA COSTARE MENO DI 8/10 EURO, OGGI NON PUò ESSERE INFERIORE A 12/14 ....
Ora capisco perchè ieri, girando nell'agro di Trani ho visto distese di uliveti incolti da molti anni, Terre abbandonate

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
05 dicembre 2015 ore 09:09

Gentile Sig. Donadini, gli inquirenti, al momento, non hanno fatto nomi. Ci sono varie indiscrezioni sulle aziende coinvolte nell'inchiesta ovviamente, ma senza conferme ufficiali dalle autorità. Quando le avremo, non si preoccupi che non esiteremo un secondo a fare i nomi, come per l'inchiesta Guariniello. Come abbiamo letto nel comunicato stampa che abbiamo riportato integralmente, l'inchiesta è alle prime battute e non è strano che gli inquirenti vogliano approfondire le indagini prima di far nomi e cognomi. Cordiali saluti

Marco Cartolina
Marco Cartolina
05 dicembre 2015 ore 08:48

Complimenti per la completezza di informazioni contenute in questa edizione di Teatro Naturale sulle problematiche del mondo olivicolo. Oltre al giusto risalto sulla truffa del Made in Italy avete dato risalto anche al calo dei prezzi dell'olio in Spagna e al resoconto del COI sulla differenza anche notevole dei costi di produzione degli oli nei vari Paesi produttori. Oltre alle truffe dei produttori olivicoli, dei frantoiani e degli imbottigliatori, sarebbe interessante conoscere cosa pensano il Ministro Martina, la Mongiello e le Associazioni di tutte le categorie sulle altre problematiche del settore. È' sufficiente il nuovo Piano Olivicolo? Quando parte? Quali risultati si pensano di ottenere.

Francesco Donadini
Francesco Donadini
05 dicembre 2015 ore 08:34

sarebbe utile poter rivelare i nomi in modo che i consumatori possano conoscere e liberamente boicottare tali marchi di prodotto. Perchè è così difficile arrivare a dare un nome a chi truffa impunemente nell'olio? Federolio e Assitol non dicono nulla, è lampante (scusate il gioco di parola) che hanno interessi da non far conoscere. Se neppure Teatro Naturale riesce a fare vero giornalismo come fanno quelli del New York Times, ci rimangono solo le intenzioni buone ma inefficaci.