Editoriali 06/11/2015

Noi spagnoli sappiamo farlo meglio... l'olio d'oliva


La comunicazione spagnola sull'olio d'oliva è semplice, chiara e diretta, quindi efficace. Ha anche un obiettivo ben definito, lineare e assolutamente spietato.
La Spagna vuole che venga riconosciuta la sua leadership, anzi supremazia, culturale e colturale sul mondo dell'extra vergine.

Nei numeri lo è, senza ombra di dubbio. La loro produzione nazionale è quattro volte quella italiana e greca, dieci volte quella tunisina. Non c'è partita.

Dal punto di vista culturale, però, faticano un po'. L'Italia resta ancora, almeno nell'immaginario collettivo internazionale, un passo avanti.

Italia vuol dire qualità, anzi, eccellenza. Forse non è sempre vero ma l'importante è che i consumatori percepiscano questa equazione come tale, per farla diventare vera.
Ecco allora che è questa percezione a dover essere demolita, fin dalle fondamenta.

Hanno cominciato, una quindicina d'anni fa, con il nostro “Product of Italy”. Sono andati in giro per il mondo a spiegare che il tanto amato olio extra vergine d'oliva “italiano” era in realtà fatto con le loro olive, che quei furbacchiotti degli imprenditori italiani confezionavano il loro olio appiccicando poi la bandierina italiana. Visto che questa operazione comunicazionale richiedeva molto tempo hanno pensato di acquistare i nostri marchi più importanti. Come a dire: l'olio “italiano” è spagnolo e ve lo diciamo perchè lo possediamo.
Il risultato è che, a distanza di qualche anno, eccezion fatta per gli Stati Uniti, la leadership commerciale spagnola è ben consolidata ovunque. Anche l'ultimo baluardo, il Giappone, è stato espugnato e chi sognasse di riprenderselo sappia che i rapporti di forza, certificati dal Coi, sono 54 a 41, per loro ovviamente.

L'olio extra vergine italiano rimane comunque superiore in termini di qualità. I bei nomi dell'olivicoltura italiana dominano i concorsi e le guide internazionali. E' l'Italia a vantare il primato della biodiversità. E' l'Italia a dettare la linea, in tema di qualità, al Coi e dintorni.

Una bella seccatura, non c'è che dire.

E se anche in Spagna si mettessero a fare olio di grande qualità? Poco, per carità, ma abbastanza da vincere concorsi, da essere presenti nelle guide con risultati stellari, da realizzare workshop e degustazioni vantando la qualità iberica. Detto e fatto. Cos'ha da invidiare una buona Picudo a una buona Coratina? E una Manzanillo con una Frantoio? E una Picual, raccolta precoce, con una Nocellara del Belice? Provare per credere.

L'olio spagnolo di eccellenza non solo è buono ma si presenta anche meglio. Bel packaging curato e attento alla moda, ai colori, alle tendenze. Posizionamento a scaffale alto, molto alto, con prezzi superiori a quelli degli italiani. Se costa di più varrà anche di più? O no?

Gli italiani sono però ancora i leader mondiali nella ricerca scientifica sull'olio d'oliva e nell'imposizione di linee guida, dall'olivo all'olio. I nuovi paesi produttori guardano all'Italia se devono fondare una nuova olivicoltura. Occorre quindi creare un modello, facilmente esportabile e di grande impatto, tutto spagnolo. Ecco nascere il superintensivo. Se poi anche gli italiani lo adottassero, sarebbe l'apoteosi...

Certo, resta ancora qualche passo da compiere. Al Coi gli italiani sono stati tanto furbi e tanto abili da imporre un parametro, gli alchil esteri poi etil esteri, che dà molto fastidio al sistema industriale spagnolo dell'olio d'oliva. Con una guida spagnola del Consiglio oleicolo internazionale sarebbe tutto più semplice. Il Coi ha già sede a Madrid e la maggior parte dei funzionari sono spagnoli? Dettagli superabili, bastano le giuste amicizie in sede di Commissione europea e una buona politica estera.

C'è altro che possono fare? Forse solo farsi amico qualche italiano, di quelli che contano o dicono di contare. Una quinta colonna per demolire le residue certezze italiane. Si comincia con l'affermare che l'olio spagnolo è buono tanto quanto l'italiano e poi il passo che resta da fare è breve: l'olio spagnolo è anche meglio di quello italiano. Potrebbero persino pensare di mettere un po' di zizzania, rinverdire certe polemiche contro gli alchil esteri, cercare di far rompere ogni ipotesi di accordi di filiera, come quella sul prezzo minimo garantito, far saltare il Piano olivicolo nazionale, ultima residua speranza di una rinascita dell'olivicoltura italiana.

Fantascienza? Forse, chi vivrà vedrà...

di Alberto Grimelli

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Commenti 14

Lorenzo Melozzi
Lorenzo Melozzi
06 febbraio 2016 ore 09:39

Io personalmente non credo che il sistema spagnolo possa giovare all’ Italia, anzi per me dovrebbe essere utilizzato come mezzo per diversificarsi, i veri problemi dell’olivicoltura italiana sono altrove, primo nella politica, manca un piano olivicolo, o forse c'è, ci sarà? Aver lasciato acquisire l'industria agli spagnoli è stato un atto di completa cecità che ancora una volta ha mostrato tutta la nostra debolezza....secondo la terra, qui non basterebbe fare un articolo, non solo manca un ricambio generazionale, infatti aprire ad oggi un azienda agricola equivale a dichiarare fallimento prima d’iniziare, questo limita l'ingresso di nuove forze, giovani e non (per inciso odio gli incentivi per età, credo che anche con la maturità dei 50/60 anni si possa iniziare ottime attività e si possa comunque aver bisogno di aiuti), ci sono famiglie blasonate e non che costantemente ricevono aiuti nonostante non apportino niente ne di nuovo ne di utile, la politica a livello di territorio deve avere il coraggio anche di cambiare; terzo, l’aspetto agronomico, mi dilungherei troppo, ma un punto importante è il rinnovamento varietale, chi possiede olivete raramente è disposto a fare piani di rinnovamento; quarto: marketing, packaging, shop-online, website, qui siamo agli albori, non tutti hanno ancora ben chiaro della forza del web e marketing (causa anche dell’effetto del non ricambio accennato sopra…), paesi come la Grecia propongono etichette e design innovativi, provate a fare un giro anche nei siti web; infine i consumatori, tutti bravi a difendere l'olio italiano dell'amico, conoscente, del contadino, etc... pero quando gli chiedi di pagarlo quanto un buon vino tutti si ritirino nella grande distribuzione.

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
09 novembre 2015 ore 20:31

Non si dovrebbe, però purtroppo devo replicare, non certo per vincere facile, vincere facile sarebbe farmi gli affari miei e non stare a cercare di dare un contributo al rinnovamento dell'olivicoltura italiana.

Mi creda signor Musicco, io non ho ancora incontrato un olivicoltore che non dialoghi con le sue piante, che non gioisca alla vista delle ondeggianti argentee frasche, o che soffra quando qualche intemperia si abbatte disastrosamente sull'oliveto, suo o del collega, italiano o straniero.
Quindi non se ne abbia a male, il dialogo con i nostri olivi non è particolarità di qualcuno ma di tutti coloro che operano nel settore.
Lo fa chi accarezza i rametti mentre li taglia, come chi sul trattore esegue un topping, come il sottoscritto che proprio non pota, lo farà per me uno di quegli inverni più freddi del solito che come nel 2012 mi ha, con mia grande sofferenza bruciato tutte le chiome.

L'olivo però ha la grande capacità di rinascere, rinnovarsi, ripartire, rifare le proprie radici, ecco perché e sempre attuale.
Ora non si può dire la stessa cosa degli olivicoltori tradizionali che imperterriti si attaccano a tradizioni che il tempo ha dimostrato che andavano rinnovate.
Mi duole dirlo ancora, però è per l'ultima:
Non si può rinnovare e attualizzare un settore, senza cambiare niente.

Non è puntando il dito accusatore a destra o manca che si cambia, tutti dobbiamo rimetterci in discussione, ancor di più se il mercato non ci sta valorizzando, se non comprano, forse è anche colpra dei compratori, ma a poco vale accusarli, bisogna convincerli.

In ogni caso per me il problema olio è risolto in proprio, quindi ringrazio per gli inviti ma da anni ormai mi sono ritirato nel mio oliveto sperimentale alpino con oltre 700 olivi di oltre 60 varietà, la prossima settimana frango le Coratina, poi via a seguire.
Al supermercato vado veramente di rado, l'ultima volta ho comprato il sale per salamoia, mi creda, non punti il dito a caso con affermazioni affrettate e errate, non serve alla causa comune che non è aver ragione, ma riuscire anche quando tutto è difficile.
Con simpatia e rispetto per tutti.
Sergio Enrietta

Juan M. Caballero
Juan M. Caballero
09 novembre 2015 ore 16:39

Sr. Musicco:
Me apresuro a escribirle pidiéndole disculpas, porque parece que le he molestado con mis palabras. Le aseguro que no pretendía hacerlo. Aunque hablé de olivicultura romántica, quizás debería haber dicho tradicional, de la que tenemos muchas hectáreas en España, con el consiguiente problema de falta de rentabilidad. Mi intención solo era mostrar que esa olivicultura tradicional debe usar todos los medios posibles para tratar de reducir los costes de producción del aceite.
Yo también hablo con los olivos que cultivo, casi tengo un nombre para cada uno de ellos, ya que son pocos; pero los podo con motosierra para mantener sus copas siempre jóvenes y hago la recolección con medios mecánicos. Y le aseguro que también produzco aceituna de muy buena calidad, apta para proporcionar un magnífico aceite virgen extra.
Sr. Enrietta, mis disculpas también para Vd, ya que su trato como amigo competidor ha dado lugar a la respuesta del Sr. Musicco.
En justa correspondencia, yo también les invito a venir a ver la realidad de la nueva olivicultura española.
Cordiales saludos

Domenico  Musicco
Domenico Musicco
09 novembre 2015 ore 14:56

Enrietta Sergio, ora sono MOLTO impegnato, ma quando .... e se vuole la Invito a Trani e la faccio parlare direttamente con i miei Ulivi ....
Ovvio .... se vuole poi sempre aver ragione Lei e l'Agroalimentare .... bhè! Allora ditelo che vi piace vincere FACILEE !!! Cosa ne sa Lei della conoscenza del coltivare l'Ulivo ?
Io non ho Amici concorrenti, ho dei colleghi....e magari ne avessi TANTI ....
Se vuole ... le so dire quando .... Lei con il suo Amico Torero venite a Trani (ospiti miei) e Vi faccio vedere "con ragionamenti" come avviene la potatura dell'Ulivo
Mi creda, io tutti quelli che conosce Lei, io non li conosco, Tutti quelli con cui vi osannate non ne conosco neanche i Nomi e neanche le sigle associative.... Vede, Io prendevo 270 euro di integrazione comunitaria che quelli consociati con l'agroalimentazione mi hanno tolto, ma io ero e sono uno di quelli che in maniera maldestra parla alle sue piante non affidando il feeling al trattore ed un filare di piante per la potatura !!
Tutta roba già vista con l'aviaria .... la mucca pazza .... e l'Espò di Milano
Robetta ..... io mangio il Ragù che faccio io, quello che lo fa Star glielo lascio a Lei !!
La "mia" olivicoltura non è frutto ne di patrimonio di Tutti e neanche frutto di pregiudizio e abitudini !!!
Lei, è il patrimonio di Politica, Pregiudizi, Clientelismi e di quanto stà distuggendo tutta la piccola Agricoltura !!!

Juan M. Caballero
Juan M. Caballero
09 novembre 2015 ore 13:00

Sr. Enrietta, muchas gracias por su saludo. Y buen trabajo a todos.

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
09 novembre 2015 ore 08:51

Già mio nonno diceva, "il sole si alza per tutti", quindi non ci si deve stupire che l'olivicoltura stia diventando patrimonio di tutti.

Niente è acquisito per sempre.
Meno che mai antiche abitudini e pregiudizi.

Un tempo neanche tanto lontano ebbi modo di sentire un parere pubblico che avrebbe voluto prendendo spunto da un cartello esposto in fabbrica, ridicolizzare il cadente impero sovietico: "Tu dormi, ma il tuo nemico non dorme!"
Sostituiamo la parola nemico con "amico concorrente" e vediamo se era il caso di ridicolizzare.

Quasi ogni giorno mi capitano delle "chicche" circa le abitudini del nostro mondo olivicolo, l'ultima:
"L'olio deve respirare, quindi il tappo non va chiuso, cosi già faceva mia mamma e mio nonno".
Obiettando che magari è sbagliato, perché l'olio si ossida, vedi la delusione del credente verso chi non è graziato per cui bestemmia.

Non è solo dall'alto che deve venire la conoscenza, ma anche dal basso, non per ognuno imperterrito stare sulle proprie posizioni, ma invece con spirito distaccato ma critico, prima con le proprie posizioni, poi, eventualmente, se il caso, di quelle altrui.

Colgo l'occasione per un saluto particolare al signor Caballero che ci ha gratificati della sua venuta.
Buon lavoro a tutti

Juan M. Caballero
Juan M. Caballero
08 novembre 2015 ore 20:33

No sé si estaremos de acuerdo en que tanto personas como países, incluso los premios Nobel y los países más avanzados, pueden aprender algo del resto del mundo.
Cordiali saluti

Domenico  Musicco
Domenico Musicco
08 novembre 2015 ore 14:24

Da noi si dice ....
chi lavora con le mani è un'Operaio;
Chi lavora con le mani e la testa è un'artigiano;
Chi lavora con le mani, la testa e un Cuore ...... è un'Artista
Poi sà ... non vorrei esportare molta Italianeità ... già ci sono i Giapponesi con le macchine fotografiche a fotografarci dalla mattina alla sera in ogni parte di Italia ..
:)

Juan M. Caballero
Juan M. Caballero
08 novembre 2015 ore 10:52

Es obvio que la producción de alimentos debe hacerse respetando las normas agronómicas y la sostenibilidad, pero la agricultura no es un arte, al menos no como el del gran Leonardo, como ya le dije a un querido amigo italiano hace años.
No obstante, respeto a quienes practican a ultranza una agricultura que podríamos llamar romántica, pero no creo que de esa forma puedan hacer rentable su trabajo (potatura a frasca gentile, raccolta a portata di uomo), por muy caros que se puedan vender sus productos.
Cordiali saluti
Juan M Caballero

marco peruzzi
marco peruzzi
08 novembre 2015 ore 08:53

Carissimo Sig. Ambrosino,leggo nelle sue parole avvilimento e sconforto e ha pienamente ragione,pero' credo che la strada che vorrebbe intraprendere non sia quella giusta.L'unica arma che e' ci rimane e' il paesaggio e vorrebbe modificarlo? Per arrivare a cosa? Ad un prodotto uguale o simile? e dopo per essere alle solite,lottare per i soliti spiccioli e per di piu'con un paesaggio diverso da quello che Lei ha visto da bambino? Ne varra' la pena?
Pensiamoci bene prima di agire gia' negli anni 90 qualcosa e' stato tentato e con pessimi risultati.
togliere le tante varieta' locali per far posto al semiintensivo di sopratutto "Leccino" che risultati a dato,se non quello di fare un prodotto uguale in Toscana come in Puglia o sul Garda.
Io penso che sia piu' giusto darsi una differenzazione con la qualita' che con la quantita',
sono daccordo per meccanizzare il piu' possibile(nei limiti del possibile),gia' con gli scuotitori,abbacchiatori,ombrelli e qualcosa e' stato fatto,Ma sopratutto bisognerebbe essere piu' uniti per mettere quel valore aggiunto che manca al nostro olio. Lasciamo stare gli spagnoli e non copiamo nessuno,anzi facciamoci copiare,credo sia piu' soddisfacente.
Cordialmente
Marco Peruzzi

Domenico  Musicco
Domenico Musicco
07 novembre 2015 ore 21:18

Tutti siamo padroni di fare quello che è il nostro pensiero
Poi sono i fatti a dover dare ragione o torto
Vedo che c'è chi vuole prendermi il posto .... scherzo ovviamente .... l'ultima ruota del carro sono io ....
Quando sento o leggo di meccanizzazione delle varie Culture sento un lungo brivido lungo la schiena e penso .... se la Gioconda fosse stata dipinta non con le sue pennellate dando corpo alle sue sfumature Leonardo Da Vinci ne sarebbe soddisfatto ? Avremmo la sua Maestria ?
Un potatore che si arrampica sulla sua pianta (perchè in quei momenti sono come l'anima e il corpo) ed esegue una potatura "a frasca gentile" una potatura dove quello che si lascia non deve andare a toccarsi con le altre frasche, tutto questo una macchina può farlo ? La raccolta delle olive con mezzi meccanizzati (che pratico anche io) e lascia i suoi segni sulla pianta ha un suo valore aggiunto? Non credo !
Ho imparato "l'arte dell'agricoltura" quando si raccoglieva scorrevano le mani sulle frasche per raccogliere le olive .... poi ho visto arrivare i pettini .... e già quello ... poi siamo arrivati ... agli scuotitori ......
ma oltre NON mi spingo ....
Gli Spagnoli possono andare dove credono .... io resto e preferisco quello che facciamo nel nord barese, Potatura a frasca gentile, trappole per codificare i trattamenti da eseguire e raccolta per quanto possibile a portata di uomo !!!
Questo "Credo" sia il Made in Italy
Cordialmente, Domenico Musicco

Juan M. Caballero
Juan M. Caballero
07 novembre 2015 ore 20:26

Estimado Sr. Director:
Leo y entiendo el italiano, pero no me siento capaz de escribirlo, por lo que pido disculpas.
Creo que italianos y españoles deberíamos dedicar más esfuerzo a cooperar que a confrontar nuestras oleiculturas, creo que de esa forma nos iría mejor a todos.
Pero quisiera reivindicar que en España hemos avanzado muchísimo en investigación, tanto en olivicultura como en elaiotecnia. Y que el gran desarrollo de nuestra producción tuvo lugar bastante antes de que se lanzase el cultivo superintensivo, concretamente cuando en los años 70 y 80 del siglo pasado pusimos a punto la nueva olivicultura española, basada en densidades de 200 a 300 olivos/ha. No recuerdo la cifra exacta, pero hoy debe haber más de 600.000 has con ese modelo, bastantes de ellas con riego por goteo y todas con recolección mecanizada. Ese modelo se ha extendido por muchos países, algunos tradicionalmente olivareros y otros nuevos.
Por otra parte, la calidad de nuestro aceite aumentó mucho porque pudimos adecuar nuestro ritmo de procesamiento del fruto al de su recolección, así como mejorar el proceso de elaboración en la almazara.
En cualquier caso, deseo mucha suerte a la olivicultura italiana.
Cordiali saluti
Juan M Caballero
Jefe Departamento Olivicultura (retirado)
IFAPA, Centro Alameda del Obispo, Córdoba

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
07 novembre 2015 ore 11:54

Gentile Sig. Ambrosino,
le rispondo con una battuta: tra una copia e l'originale preferisco sempre l'originale, a meno che la copia costi meno, molto molto meno.
Perchè dovrei comprare dell'Arbequina "italiana" a 2,5/3 euro/kg quando posso comprarne della spagnola (l'originale) a meno e una copia, fatta in Tunisia e Marocco, a meno di 2 euro/kg?
Poi esiste sempre la possibilità che l'olio di Arbequina spagnola venga "naturalizzato" italiano, dopo le opportune triangolazioni.
Daremmo così pienamente ragione agli spagnoli: gli italiani, popolo di truffatori...
L'Italia è stata, e può ritornare a essere, vincente solo se saprà proporsi con un'identità ben chiara e definita. Solo se tornerà a essere un modello, guardato con rispetto e ammirazione.
Copiare è segno di pigrizia. E' il segnale che non sappiamo dare altro, di nuovo, al mondo. Forse è ora, invece, di usare la nostra intelligenza e creatività per creare un modello italiano di olivicoltura, di elaiotecnica e di olio d'oliva.
Siamo rimasti indietro? Recuperare si può, non copiando ma creando e allora forse scopriremo che sono sufficienti molti meno di 30 anni per recuperare le posizioni perdute.
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

Andrea Ambrosino
Andrea Ambrosino
07 novembre 2015 ore 09:45

Egregio direttore,sono un modestissimo operatore in campo oleario forse l'ultima ruota del carro, ma mi consenta alcune considerazioni dei principali problemi della olivicoltura italiana.
Oggi in Italia si raccoglie esattamente come due secoli fa' quando i sacchi di olive viaggiavano a dorso di mulo !
Oggi il trasporto avviene con tir da 300 qli ad una velocità' di 100 km. Al ora. Da sempre l'olivo oltre si è sempre lamentato che i costi della raccolta sono proibitivi è tutta la poca redditività viene erosa da quelle spese. Come mai con i trasporti tanti passi avanti e nessuno in Italia trenta anni fa non ha iniziata a studiare quello che in altri paesi già esiste da molto ? Possiamo dire che c'è stata molta pigrizia ? La soluzione a mio modesto avviso è' una sola copiamo almeno a testa alta e con dignità quello che altrove già fanno. Sistema super intensivo e raccolta rigorosamente meccanizzata e impianti irrigui goccia a goccia con culti ad di grande prestigio e forse fra trenta anni torneremo a prenderci il ruolo che per molto tempo ci è spettato , per non dire che delegazioni estere venivano in Italia a imparare il mestiere e oggi purtroppo ci tocca invertire le parti. Voglio concludere forza olivicoltura italiana rimbocchiamoci le maniche che non è mai e ripeto mai troppo tardi
Con profonda stima e cordialita'
Andrea Ambrosino.