Editoriali 13/03/2015

L'Expo delle multinazionali del cibo


Appare sempre più evidente che lo scontro è tra chi lavora la terra, la cura, e, attraverso il cibo prodotto, ne sente i profumi e i sapori per offrire al consumatore la qualità, quella che ha un’origine strettamente legata al territorio, e tra chi questa terra, quando non la divora per dare spazio al cemento e a miniere e cave, la sfrutta con un’agricoltura intensiva che la inquina e, nel tempo, la distrugge solo per produrre quantità.

Lo scontro è, quindi, tra un’agricoltura contadina e quella industriale.

La prima, l’agricoltura contadina, è quella che, mentre mette a disposizione dell’uomo un cibo di qualità, si preoccupa anche della salute dell’ambiente, cura il paesaggio, alimenta la biodiversità e la stessa cultura che il cibo con i suoi differenti prodotti esprime. La seconda, quella industriale, invece, sotto l’azione di forti e crescenti concimazioni, pesticidi, semi OGM - essenziali per ottenere la quantità – produce tutto a spese dell’ambiente, del paesaggio, della biodiversità, e, anche, del gusto, avendo la necessità di uniformare, livellare, appiattire.

Parlo di agricoltura ma lo stesso discorso vale per la zootecnia e la selvicoltura.

Una quantità di cibo che, a oggi, non ha portato a dare quella sicurezza alimentare di cui ha bisogno l’umanità, ma ad affamare ancor più il mondo e a metterlo in crisi.

Tutta colpa della bulimia di denaro che affligge i padroni delle multinazionali, e non solo, anche della loro natura incline all’esagerazione che, poi, si traduce in spreco di cibo. Il cibo benedetto, che è la prima, vera, fondamentale energia pulita di cui l’umanità non può fare assolutamente a meno.

Infatti, non è un caso che sono un miliardo le persone che muoiono di fame e molto di più quelle che convivono con la fame in uno stato di crescente povertà, e, tutto questo, mentre più di un terzo del cibo prodotto sono buttato. Una massa enorme di energia che è sprecata per ingrassare i quindici padroni della finanza mondiale; quella decina di multinazionali che operano nell’agroalimentare e, altre, in particolare quelle della chimica, dei medicinali, del petrolio e dei semi, soprattutto Ogm.

Un lusso che il pianeta, l’umanità tutta, non può più permettersi se non vuole arrivare a situazioni disastrose e punti di non ritorno, in considerazione dei sette miliardi e più di persone che ora abitano il pianeta (più del doppio dei 3 miliardi censiti 50anni fa) e dei 9 miliardi di abitanti previsti per il 2050, cioè se non domani, dopodomani

L’Expo “2015", la grande esposizione mondiale che fra meno di due mesi (10 maggio) si apre a Milano, nata con il proposito di “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, un’immagine e un messaggio di grande forza, soprattutto di grande attualità, è diventata e sarà la grande vetrina delle multinazionali.

Tant’è che lo slogan “Nutrire il pianeta” c’è già chi l’ha trasformato in “Nutrire le multinazionali”.

Una grande occasione, per questi padroni affamati di territorio, di affermare ancor più il loro strapotere, che è tanta parte di quella crisi sistemica di cui soffre il mondo e dei rischi riguardanti la difesa stessa del pianeta, nel momento in cui andrà avanti il processo da loro avviato di furto crescente di suolo e della natura che esso esprime, in particolare la biodiversità, che è vita.

Continueranno ad affamare il pianeta, e, quindi, ad aggravare il problema della sicurezza alimentare, non a risolverlo, e, opereranno per abbassare ancoro di più i livelli della qualità del cibo fino a uniformare i profumi, i sapori, e, con essi, il gusto. Per loro la diversità non ha senso, non è un patrimonio di storia, cultura, tradizioni, ma una perdita di tempo, l’unico spreco che non ammettono.

Ecco che l’Italia e con essa, non a caso, la Spagna e la Grecia, cioè i paesi più rappresentativi dello stile di vita mediterraneo, già colpite duramente a causa di uno sviluppo che ha mostrato tutto il suo fallimento, stanno operando, per assecondare le volontà delle multinazionali. Soprattutto l’Italia con l’attuale governo se penso alle risposte date a quelle del petrolio, con “Sblocca Italia”; l’applauso al “TTiP”, il trattato America del Nord- Europa, che più di altre azioni spiega la loro volontà di comandare il mondo appropriandosi delle sovranità nazionali; lo strappo alla Carta costituzionale e alla partecipazione dei cittadini alle scelte, negata dalla nuova proposta di legge elettorale. Una situazione pesante, pericolosa per la stessa democrazia, che, al di là degli annunci, si va aggravando ogni giorno sempre più.

Un Expo messo in mano alle multinazionali, alla fine, non può e non deve meravigliare perché perfettamente in linea con le scelte in atto, tutte all’insegna del neoliberismo, che ha mostrato di non avere alcun rispetto per quel bene comune che è il territorio.

Uno strapotere, quello delle multinazionali, e, in questo senso, un grande rischio proprio per il territorio, il bene più prezioso che il Paese ha. Il territorio, perché fonte di conoscenza, progettazione e programmazione, è uno straordinario e fondamentale contenitore di risorse e di valori legati alla storia, alla cultura, all’arte, alla ruralità ed alla sua agricoltura, alle tradizioni. Le tante stupende tradizioni che le nostre ottomila e più comunità hanno saputo tessere nel corso di secoli e mettere a disposizione del mondo, in particolare quelle che fanno riferimento al cibo, alla cucina, alla tavola.

In questo senso l’Expo 2015 può risultare una grande occasione persa per affermare, con la difesa, tutela e valorizzazione del territorio, la Sovranità alimentare; dare a chi produce il cibo la gestione delle sue risorse e dei suoi valori; stimolare il ruolo che spetta al glocale, con tutti i suoi aspetti di vita, organizzativi e culturali, per non subire e rimanere vittima del Globale.

Non era, poi, così difficile per questa esposizione internazionale, che vede l’Italia protagonista, organizzare e assicurare la sicurezza alimentare; diffondere la cultura del cibo espressione di territori e di saperi, il valore e il grande significato della sua qualità e bontà, con il tempo protagonista insieme con la stagionalità, la freschezza e la creatività protagoniste.


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Commenti 8

pasquale di lena
pasquale di lena
20 marzo 2015 ore 16:00

Grazie Direttore di questa tua risposta al Signor Minguzzi"lettore agronomo".
Capisco che la parola fondamentalista sia, tragicamente purtroppo, di grande attualità, ma non capisco come mai il Sig. Minguzzi continui ad usare questa ed altre parole che, facendo riferimenti al mio articolo, non mi riguardano. Fondamentalista, tendenzioso, manicheo, non scientifico e, quindi, approssimativo parlando di un’attività, l’agricoltura, di cui, secondo Minguzzi, ignoro la complessità.
La verità è che, a furia di ingiurie nei miei riguardi e di piccoli, miseri ricatti nei confronti del direttore e di Teatro Naturale, evita di entrare nel merito delle questioni da me sollevate che, non ho problemi a rivedere se mi dimostra e mi convince che sbaglio. Un bel modo di accettare il confronto! Certo, evitarlo fa capire che - mi dispiace dirlo - non ha, non dico il coraggio, ma il buon senso o la forza di spiegare il suo punto di vista.
Non essere d’accordo ci sta, anche su niente, ma la diversità di opinione e, anche, di contrapposizione è utile e serve a dare spazio alla dialettica, però nel pieno rispetto dell’interlocutore.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
20 marzo 2015 ore 15:03

Buongiorno Dr. Minguzzi,
è la seconda volta che mi interpella, quasi fosse una chiamata in correità, che respingo con forza.
Su Teatro Naturale trovano spazio molte voci e un'informazione a tutto tondo.
Non è la prima volta che, da parte di colleghi, la testata viene accusata di essere “di parte”, più precisamente veniamo tirati per la giacchetta da una parte e dall'altra, a fasi alterne.
E' accaduto anche pochissime settimane fa sul tema degli OGM (Fecondazione cleistogama in piante OGM: informazione inadeguata; http://www.teatronaturale.it/pensieri-e-parole/la-voce-dei-lettori/20715-fecondazione-cleistogama-in-piante-ogm-informazione-inadeguata.htm).
La verità è che Teatro Naturale continua la sua opera di informazione tecnico-scientifica in collaborazione con le principali Università, gli Enti e le Accademie italiane e internazionali. Ospitiamo quasi tutte le settimane i contributi di docenti universitari e ricercatori.
Una visione plurale dell'agricoltura.
Inoltre: tutti gli articoli pubblicati su questa rivista sono approvati dal sottoscritto. Questo ovviamente non significa che ne condivida sempre il contenuto. Lo stesso vale per i commenti e il dibattito che scaturisce.
Forse ignora che gli editoriali, in ogni giornale, sono articoli d'opinione che si possono basare su notizie scientifiche o di attualità. Nel caso specifico, a poche settimane da Expo, sapere che McDonald's sponsorizza l'evento è una notizia che si presta naturalmente a un commento, che ho chiesto a Pasquale Di Lena, tra i collaboratori e le firme più conosciute e apprezzate di Teatro Naturale, oltre a essere un amico personale. Ero perfettamente a conoscenza del taglio che avrebbe dato all'articolo, sapendo che avrebbe suscitato un certo dibattito.
Mi aspettavo contributi, sullo stile di quelli di Nicola Bovoli ed Enrietta Sergio, ovvero che prendessero il toro per le corna, affrontando gli spunti di riflessione offerti da Di Lena. Dicendo la propria, giusta o sbagliata, condivisibile come no. Certo non mi attendevo, tanto meno da un collega, le solite sterili polemiche su un'“impostazione fondamentalista e manichea”.
Smettiamola una buona volta di additare il “nemico” ed invece entriamo nel merito delle questioni. Si potrà sempre contestare le opinioni espresse da chiunque, a partire dal sottoscritto, su questo giornale. Le opinioni, però, non le persone.
Buona lettura
Alberto Grimelli

pasquale di lena
pasquale di lena
19 marzo 2015 ore 19:54

Caro Nicola, entro nel merito del tuo commento, di cui ti sono grato. Non c'è dubbio che il messaggio dell'Expo 2015 è un messaggio fantastico, straordinariamente bello e efficace ed è proprio per questo che non merita la presenza se non ingerenza delle multinazionali. Sono convinto, comunque, che il governo, per quanto non sia da me apprezzato, conti nelle scelte. Quindi confermo quello che ho detto del governo e anche quello che, per ragioni di spazio, non sono stato in grado di dire per giustificare la mia netta contrarietà al suo modo di operare. Parlo della scarsa attenzione all'agricoltura ed alla crisi pesante che ormai questo fondamentale comparto dell'economia sopporta da oltre dieci anni, con i produttori offesi dall'imposizione dell'IMU necessari per saldare il conto con gli 80 euro necessari a Renzi per fare la campagna elettorale alle europee; l'accentuazione della burocrazia invece che una sua riduzione; l'attenzione per le multinazionali (i petrolieri ), con la legge "Sblocca Italia" e per i costruttori, con finanziamenti per nuove case e non per il recupero dei nostri centri storici. Cioè un'accentuazione del processo che ha portato, in meno di 20anni a ridurre di 2 milioni di ettari di suolo fertile, con la cancellazione di una fetta sostanziosa delle nostre campagne pari al 16% (dati CIA del 6 di marzo u. s.). Bastano questi dati per farmi dire che senza suolo fertile non è possibile avere cibo e, quindi, diventerà ancora più difficile nutrire l'Italia e, visto che questo furto riguarda il mondo,il pianeta tutto. Se questo vuol dire essere "Gufi" e piangersi addosso, devo pensare che chi non si vuol rendere conto della realtà agisce come lo "struzzo". Quella realtà che a me piace raccontare, sapendo bene che non tutti saranno d'accordo con me. Il mio punto di vista. Confesso che sono contro questo modello di sviluppo, le multinazionali e il neoliberismo che li anima. Grazie e un cordiale saluto.

angelo minguzzi
angelo minguzzi
19 marzo 2015 ore 11:47

SOS Direttore mi risponda. Potremo andare avanti con questa impostazione fondamentalista e manichea del dibattito? Di qua i buoni e di là i cattivi. L'agricoltura è qualcosa di più complesso e che non può prescindere dalla conoscenza scientifica. O no? O forse sono io che sono capitato nella famiglia sbagliata?! Non sarà per questo che non capita più di leggere commenti di buon contenuto scientifico e pratico al contempo? Dove è finito, ad es Guidorzi?

NICOLA BOVOLI
NICOLA BOVOLI
18 marzo 2015 ore 23:37

Caro Pasquale, sono d'accordo con l'analisi iniziale e con i pricipi di base ivi esposti:
..."Lo scontro è, quindi, tra un’agricoltura contadina e quella industriale.
La prima, l’agricoltura contadina, è quella che, mentre mette a disposizione dell’uomo un cibo di qualità, si preoccupa anche della salute dell’ambiente, cura il paesaggio, alimenta la biodiversità e la stessa cultura che il cibo con i suoi differenti prodotti esprime. La seconda, quella industriale, invece, sotto l’azione di forti e crescenti concimazioni, pesticidi, semi OGM - essenziali per ottenere la quantità – produce tutto a spese dell’ambiente, del paesaggio, della biodiversità, e, anche, del gusto, avendo la necessità di uniformare, livellare, appiattire"...

Nonostante tutto Io continuo a pensare che il proposito di Expo 2015: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, continui ad essere un’immagine e un messaggio di grande forza e soprattutto di grande attualità.
Sta a noi far si che le multinazionali del cibo non se ne approprino! Muoviamoci, diamoci da fare, testimoniamo pacificamente ma con fermezza la nostra volontà di riprenderci il nostro ruolo di produttori e consumatori nell'offrire e pretendere un cibo "buono, pulito e giusto".
Io non sono assolutamente d'accordo con te quando accusi il nostro governo di aver lasciato campo libero alle multizionali del cibo.
Non facciamo i "gufi" cerchiamo di essere positivi e cerchiamo di approfittare di questo momento di grande visibilità che Expo 2015 sta offrendo al nostro Paese e mettere in luce i valori autentici della nostra agricoltura sostenibile e delle produzioni artigianali che ne derivano.
Prima o dopo l'Expo, cerchiamo di portare i visitatori stranieri da Milano sul nostro territorio perchè si rendano concretamente conto di cosa significa produrre e trasformare i prodotti di qualità in armonia con il nostro territorio e con la nostra cultura.
Se non ci piangiamo addosso e reagiremo positivamente saremo sempre di più in grado di farci conoscere per quello che siamo e per quanto valiamo. Non diamo sempre la colpa agli altri o al governo. Facciamo sapere cosa noi possiamo fare per il nostro Paese e per i nostri simili!

pasquale di lena
pasquale di lena
15 marzo 2015 ore 17:37

Grazie Sergio per "la grande verità" e per le tante tue riflessioni che condivido. Non sono d'accordo sul consumatore colpevole quando la cultura dominante è il consumismo, che nel tempo si è trasformato in spreco, cioè una delle ragioni prime della crisi che viviamo. Il consumatore svolge - al pari del coltivatore, dell'artigiano, del piccolo negozio, che sono anch'essi consumatori - il suo ruolo di vittima delle multinazionali che sono citate nel mio articolo. Trovo un errore confondere la vittima con il carnefice anche quando la prima asseconda il secondo e ne diventa complice, quasi sempre, inconsapevole.
Sono certo che il giornale e il suo direttore, chiamati in causa risponderà al Sig. Minguzzi che si definisce "lettore agronomo". Per quanto mi riguarda dico subito a questo gentile amico, un po' deluso, che non ho mai nascosto di essere di parte e di questa mia libertà di espressione devo solo ringraziare Teatro Naturale e altre testate, che mi onorano della loro attenzione. Nel caso considerato sono chiaramente dalla parte dell'agricoltura contadina e dei suoi protagonisti, ma non tendenzioso. Un modo di essere che non mi appartiene e, meno che mai, mi riguarda, soprattutto nel caso dell'articolo sopra riportato, visto che la mia non è un'interpretazione dei fatti o di un fatto (la presenza delle multinazionali al prossimo Expo di Milano è un fatto certo) e tanto più fatta per qualche mio fine o mira personale. Un discorso che vale anche per Teatro Naturale con il quale collaboro da 13 anni, cioè dalla sua nascita.

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
14 marzo 2015 ore 08:45

In effetti l'articolo dice una grande verità che io condivido appieno.

Lascia però totalmente fuori il problema di alimentare i vizi del genere umano, che stante la situazione non può che passare per la strada temuta, che intanto nutre anche se con qualche pecca.

Questa strada porterà alla disastrosa distruzione di miliardi di esseri (anche umani che poi sono i veri colpevoli) sulla terra, entro un centinaio di anni.

Di chi è la colpa? Cosa possiamo fare?

La colpa è dell'uomo, proprio l'innocente consumatore che sempre si vuole difendere, e portare a esempio di vittima, ha abbandonato la campagna se non per qualche pic-nic, o passeggiata distensiva.

Al rientro passa al supermercato, compra cosa costa meno e all'occhio gli pare meglio.

La campagna su cui ha passeggiato e imprecato per l'abbandono e i sentieri non intrattenuti, resta abbandonata, lavorarla non rende, costa fatica, ci si deve adattare al raccolto non sempre soddisfacente, ecc.

Mi duole constatare che non ci sono soluzioni, il colpevole non è la multinazionale, è il consumatore, e detto da chi ha ancora le ossa indolenzite per le fatiche fino a notte ieri sera nel ricostruire un muro in pietra per recuperare una decina di metri quadri di terreno, che oggi fanno ridere, ma i miei nonni avrebbero trattato con estremo rispetto, bene chi sarà cagione del suo male piangerà se stesso, o le multinazionali se più gli aggradera.

angelo minguzzi
angelo minguzzi
14 marzo 2015 ore 01:43

Non è un pochino tendenzioso per essere l'editoriale di una rivista che, pensavo, poggia su solide basi scientifiche? Il direttore agronomo cosa ne dice?
Sono Angelo Minguzzi, lettore Agronomo, nel senso lato del termine.