Editoriali
Il fallimento del Consiglio Oleicolo Internazionale
26 settembre 2014 | Alberto Grimelli
Giochi di potere, scontri politici e diplomatici. Il Consiglio oleicolo internazionale è divenuto un terreno di guerriglia e la sede di Madrid è ormai circondata da campi minati.
Difficile dire da quando la situazione è così tesa, più semplice invece identificare il momento in cui si è arrivati al punto di non ritorno. Il 1 giugno 2014 la Turchia ha assunto la presidenza del Coi e da allora lo scenario è mutato, con l'Unione europea che si è vista costretta a giocare in difesa. Fino alla primavera, infatti, si dava abbastanza per scontato un rinnovo dell'incarico di direttore esecutivo a Jean Luis Barjol per un anno, il tempo per arrivare al nuovo accordo quadro sul funzionamento del Consiglio oleicolo internazionale. Una linea che però la Turchia, che manterrà la presidenza fino al 31 maggio prossimo, osteggia apertamente e platealmente. Questioni di politica ed equilibri internazionali che l'attuale direttore esecutivo non ha saputo governare, facendolo apparire una figura di parte, tanto da sembrare schiacciato a difesa di alcune nazioni o particolari interessi.
La situazione ha reso quindi impraticabile la via scelta da Bruxelles per la governance del Coi e, nella situazione di stallo in cui ci troviamo, sono cominciate a circolare le voci più strane e strampalate, comprese quelle di un fallimento pilotato del Consiglio oleicolo internazionale. Un'ipotesi inesistente, che non è mai stata sul tavolo di nessun paese, tanto meno dell'Unione europea che, anzi, ha fatto capire, con un documento ufficiale della metà di settembre, di voler mantenere in vita l'ente.
Resta da capire come il Coi verrà mantenuto in vita, ovvero se vi sarà accanimento terapeutico su un moribondo, con rinnovi annuali di un accordo scaduto, oppure se si vorrà delineare un percorso ambizioso e di lungo periodo.
La sensazione che il Consiglio oleicolo internazionale abbia perso credibilità e autorevolezza negli ultimi anni è purtroppo molto diffusa. Lo hanno detto a chiare lettere anche i presidenti di Unaprol e Assitol la scorsa settimana su queste pagine. Le critiche sulla stampa mondiale si sono moltiplicate, facendosi via via più insistenti.
Troppe le gestioni approssimative di crisi, piccole e grandi, del settore.
Non voglio entrare nel merito dell'efficacia delle politiche di comunicazione e promozione degli oli d'oliva, su cui si potrebbe questionare a lungo, nonostante la crisi economica globale sia un alibi perfetto.
Per non partire da Adamo ed Eva mi riferirò a fatti dell'ultimo anno, a partire dalla vicenda di Taiwan e dell'olio colorato con clorofilla. Si è partiti screditando la competenza dei chimici asiatici, per poi invitarli a un tavolo comune, fino ad arrivare a dei limiti di concentrazione per la clorifilla negli oli d'oliva. Ovvio che Taiwan abbia potuto cantare vittoria, anche se le sue tesi non hanno trovato pieno accoglimento.
Senza dimenticare la questione degli oli aromatizzati, ben più grave la posizione politica riguardo agli Stati Uniti, i quali, ormai da diversi anni e col supporto dell'Australia, stanno boicottando il Consiglio oleicolo internazionale accusato di difendere limiti e standard commerciali ormai obsoleti e a danno dei consumatori. La politica voluta e imposta da Jean Luis Barjol è stata sempre molto conciliante e accondiscendente tanto da aver voluto gli States come osservatori al Coi, senza alcuna contropartita. Gli Stati Uniti hanno così avuto modo di prendere visione delle proposte di abbassamento dei limiti, tra cui acidità e perossidi, facendole poi proprie e inserendole nei nuovi standard californiani, varati il 26 settembre. Così agli occhi del mondo sono gli States ad apparire gli innovatori e il Coi come l'ente conservatore e retrogrado. Un bel successo per un direttore esecutivo che ha passato più tempo negli Stati Uniti che a Madrid negli ultimi mesi.
Prescindendo da ogni giudizio personale e professionale, appare però evidente che Jean Luis Barjol, oggi, è un elemento divisivo più che unificante, in un momento storico, invece, in cui si chiede il massimo sforzo per arrivare alla condivisione di un accordo quadro per il funzionamento dell'organismo che gli dia credibilità, autorevolezza e una prospettiva di lungo respiro.
Cosa accadrà nelle prossime settimane non so dirlo, ma mi sento di lanciare un augurio: lunga vita al Coi!
Voglio infine esprimere la mia gratitudine alla redazione e ai collaboratori di Teatro Naturale per questa cavalcata lunga un anno. Non vi cito ma vi ringrazio uno per uno. L'aiuto, il supporto e i contributi prestati in questo mio primo anno di direzione sono stati fondamentali per il successo della testata. Numeri record per la storia di Teatro Naturale, con l'incremento più elevato, sia in termini assoluti che percentuali, del numero di visitatori: +25,5% da inizio anno, con punte anche del 40%. Risultati che sono uno stimolo a offrire a voi, cari lettori, sempre di più. Abbiamo investito, in una nuova grafica e nella versione mobile, e continueremo a farlo per ripagare la vostra fiducia e l'apprezzamento che riscontriamo, giorno per giorno, nei numeri e nelle attestazioni di stima.
Grazie mille e buona lettura!
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Accedi o RegistratiSergio Enrietta
27 settembre 2014 ore 08:41Da ultimo arrivato ho molto apprezzato le pagine numeriche di Teatro Naturale, una finestra aperta su un mondo sconosciuto, a me, e ai più, e che ora grazie al lodevole impegno è disponibile a tutti quelli, che vogliano almeno sporgesi un po oltre il bancone del supermercato.
Ringrazio vivamente tutti i promotori dell'iniziativa a cui auguro di cuore per il bene di tutti larga diffusione, informati si vive meglio, non ci si intruppa come pecore seguendo i classici "si è sempre fatto così, ecc".
Quanto allo svecchiamento e rinnovo delle menti e degli interessi di botteguccia, sia pure grazie a Turchi o Statunitensi, per conto mio sono benvenuti, è ora di spazzare la morchia che riposa da troppi anni in un settore che qualcuno pensava di aver ereditato per concessione divina.
nico sartori
29 settembre 2014 ore 08:23Ho apprezzato la nuova linea editoriale di Teatro Naturale. Una presa di posizione verso la qualità senza compromessi. I parametri qualitativi COI sono fermi a 50 anni fa. In Italia, gli interessi di pochi ma grossi, hanno bloccato anche quel piccolo tentativo di miglioramento che si chiama Alta Qualità. L'Italia ha sempre esportato macchinari e Tecnici in tutto il mondo. Dobbiamo chiedere ad Australiani e Californiani di insegnarci come produrre la qualità?
Nico Sartori