Editoriali
L'utilità, non marginale, di concorsi e guide
04 aprile 2014 | Pasquale Di Lena
Si è chiuso a Spoleto il XXII concorso nazionale Ercole Olivario che ha premiato oli dell’Abruzzo, Puglia, Sicilia, con tre riconoscimenti ognun; Umbria e Lazio con due e Lombardia e Sardegna con un premio. Sono rimaste fuori le altre sette Regioni delle 16 che hanno partecipato con i loro oli. Fra le escluse fa meraviglia la Toscana, ma anche il mio Molise che si era appena esaltato dopo i successi ottenuti dagli oli molisani in altri non meno importanti concorsi, i primi del 2014, che hanno valutato gli oli della raccolta 2013.
In particolare L’Olio di Flora de La Casa del Vento, un monovarietale “Gentile di Larino”, che, dopo la Gran menzione dell’Orciolo d’Oro di Gradara nelle Marche, per la categoria “biologico”, ha vinto, con altri tre oli molisani, la medaglia d’oro al Concorso internazionale di Andria, il Biol.
I concorsi, come le guide, sono importanti anche se sono un costo per un’azienda che decide di parteciparvi ed esserci, soprattutto quando si ha la consapevolezza di aver presentato un buon olio.
Un costo bene ripagato nel momento in cui arriva il dovuto riconoscimento e il produttore ha la possibilità di mostrare, con le medaglie vinte e i diplomi rilasciati, tutto l’orgoglio che, in qualsiasi campo, suscita una vittoria. C’è da dire che i concorsi, come le guide, sono anche, e soprattutto, un’occasione per capire cosa si muove nel mondo dell’olivicoltura, sia nazionale che internazionale.
Biol e L’Orciolo d’Oro, con i loro risultati differenti da quelli dello scorso anno, raccontano l’interesse crescente per il biologico, cioè l’olio ottenuto da olive prodotte con un metodo di coltivazione senza l’uso di prodotti chimici, sia per la concimazione che per i trattamenti contro i parassiti e i mali dell’olivo. Un interesse che, sulla spinta della domanda crescente dei consumatori di ogni parte del mondo, coinvolge sempre più produttori e il Biol lo dimostra con i 17 Paesi rappresentati dai loro oli al recente concorso e, con 14, compresa l’Italia, che hanno visto premiare gli oli che li hanno rappresentati.
Un metodo di coltivazione che vede l’Italia primeggiare con il suo agroalimentare. Un primato preparato da tempo che, soprattutto nel campo dell’olivicoltura, se non si adegua alla nuova domanda che arriva dal mercato, rischia di far perdere straordinarie opportunità al mondo dell’olivicoltura.
Tutto questo in un momento di grande bisogno, per l’olivicoltura di qualità e il suo olio extravergine, di una sua definitiva affermazione sui mercati. Una necessità per il rilancio del comparto e, soprattutto, per il rilancio dell’agricoltura di cui ha urgente bisogno il Paese per uscire dalla crisi di un sistema fallito da tempo.
Si tratta di coinvolgere sempre più olivicoltori alla produzione dell’olio biologico, per cogliere tutte le opportunità offerte dal mercato, e ciò è possibile stimolando i produttori a iscriversi al biologico e a sottoporsi ai controlli,e a collaborare con le istituzioni nella promozione di distretti biologici.
Un'altra risposta che arriva dai tre concorsi qui citati è la crescita e diffusione della qualità in tutte le Regioni italiane che l’olivo lo conoscono da sempre, e ciò sta a dimostrare quella crescita culturale riferita all’olio, che riguarda la gran parte dei soggetti protagonisti nel campo della produzione, trasformazione e commercializzazione dell’olio e, soprattutto, il consumatore.
Non spetterebbe certamente a me dirlo, visto che le ho ideate e promosse, parlo delle Città dell’Olio e del loro contributo prezioso alla nascita ed alla crescita di un processo che ha cambiato la cultura dell’olio negli ultimi vent’anni. Una vera e propria rivoluzione partita vent’anni fa che ha fatto il suo tempo. In pratica, si è chiuso un ciclo e i processi in atto ci dicono che è già partito un nuovo periodo che caratterizzerà il futuro dell’olio, con le Città dell’Olio sempre più presenti e decisive nelle rivoluzioni che interessano il comparto più importante della nostra agricoltura.
Ecco, i concorsi, come altri strumenti di comunicazione, servono per capire il percorso da fare per raggiungere gli obiettivi che un produttore si è dato, ma anche per svegliare le istituzioni e far capire che è tempo di:
1. mettere in campo un piano olivicolo per affrontare, con un’attenta strategia di marketing, un mercato globale sempre più complicato, e, che, per risultare vincente, deve mettere in rete, invece di chiudere, le strutture permanenti che, diversamente da tutti gli altri, il nostro Paese ha e da lungo tempo. Pensiamo all’Enoteca Italiana di Siena;
2. Dare spazio al biologico per non lasciare disattesa la domanda;
3. Sapere che, oltre al biologico, ci sono altre fortune da spendere. In primo luogo le indicazioni geografiche, con i bollini dop e Igp riconosciuti dall’Europa e uguali per tutte le eccellenze agroalimentari europee. In secondo luogo, la diversità, che è sempre stata un valore e, oggi, di fronte al processo di uniformazione in ogni campo, lo è sempre più.
Siamo i primi al mondo in quanto a biodiversità olivicola con oltre 500 varietà autoctone (il doppio del patrimonio del resto del mondo), ciò che vuol dire che noi, diversamente dagli altri, siamo in grado di fornire la più ricca carta degli oli per accompagnare la ricchezza della cucina mediterranea e, ancor più, i piatti di altre cucine, con la scelta sapiente dei caratteri per rendere perfetto l’incontro o, se volete, l’abbinamento, lo sposalizio.
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Gianni Lezzi
05 aprile 2014 ore 11:45Spesso quando mi trovo di fronte a lunghi articoli mi limito a leggere il "sottotitolo" e via a metterli da parte, pensando che ci sia tempo per leggerli più in là. Quando mai! Questo di Pasquale di Lena è da LEGGERE FINO IN FONDO per sottolineare e dare forza alle risorse che abbiamo e non valorizziamo abbastanza. Lo stesso e pari atteggiamento che dimostriamo nei confronti del nostro patrimonio culturale, archeologico, museale, ambientale, gastronomico, etc.: sta lì a portata di mano, vicino casa, è nostro, non ce lo tocca nessuno, si degrada, a volte lo perdiamo anche, ma non ci organizziamo per tutelarlo, valorizzarlo e trarne le sacrosante soddisfazioni professionali ed economiche che tanto potrebbero inorgoglirci.
ECCO IL PUNTO di PASQUALE DI LENA: "3. Sapere che, oltre al biologico, ci sono altre fortune da spendere. In primo luogo le indicazioni geografiche, con i bollini DOP e IGP riconosciuti dall’Europa e uguali per tutte le eccellenze agroalimentari europee. In secondo luogo, la diversità, che è sempre stata un valore e, oggi, di fronte al processo di uniformazione in ogni campo, lo è sempre più."
Basta lavorare tutti in tal senso, senza inventarsi altro (...) che, puntualmente, confonde sempre più il consumatore orientandolo (anche per il fatto di essere confuso) sul contenimento dei costi di acquisto. Infine, dobbiamo essere consapevoli del fatto che tutto quanto non possa essere certificato e tutelato (dai soggetti obbligati a farlo) come BIO, DOP, IGP, (compresi, per chiarezza, i BioDOP e BioIGP), non deve essere condannato (sia extravergine che vergine), ma gratificato per quanto possa esprimere in fatto di proprietà salutistiche ed organolettiche: vedi il caso della categoria OLIO DI OLIVA VERGINE nei confronti di quella OLIO DI OLIVA. Gli esperti ed addetti ai lavori conoscono la differenza, SOPRATTUTTO IN COSTI AMBIENTALI, ma i consumatori non vengono informati. Eppure, in tempo di crisi economica, potrebbero avere il privilegio ed opportunità di guadagnarci sia in salute che in denaro. Non mi sembra cosa da poco. Chi può avere non solo il coraggio, ma anche la forza economica di trasmetterlo ai destinatari?
Chiudo con un sogno/desiderio: sarebbe carino "viaggiare il lungo per l'Italia", treno, auto, mare, aereo, ... e contestualmente "percepirne i sapori" dei prodotti con semplici messaggi nelle stazioni ferroviarie, autogrill, aeroporti, porti, siti web degli enti locali: nomeprodotto/indicazione geografica/acronimo(Dop/Igp/... ) Ad esempio: OLIO ...menzione geografica.. DOP.
Perdonatemi in campanilismo ma un esempio va fatto: io vivo nel Salento territorio che, attualmente, risulta fortunata meta turistica di italiani e stranieri: tutti apprezzano la coltre di olivi che ricopre il territorio, tutti rimpatriano con immancabili foto ricordo scattate ai piedi di secolari olivi, ma pochissimi possono avere la percezione, spostandosi oppure in negozio o al ristorante, dei nomi dei prodotti con menzioni geografiche ed acronimi VINCOLATI, PER DEFINIZIONE, AL TERRITORIO: vini, olio, carciofo, patata. Attenzione: per corretta e completa informazione, NON esiste l'Olio Salento ... (che spesso viene chiesto dai turisti), bensì l'Olio Terra d'Otranto DOP, e riecco la storia, la cultura, il legame col territorio, ... .
Un "barocco" saluto da Lecce, GianniLezzi