Editoriali

NULLA FINISCE, TUTTO PUO' FINIRE

28 maggio 2005 | Luigi Caricato

Nulla finisce, ma tutto può finire. L’editoriale di commiato a firma del bravo e competente giornalista Franco Ziliani su “Wine Report”, ci fa percepire molto bene lo stato della realtà. Siamo messi piuttosto male. Ci crediamo adulti, ma restiamo degli eterni bambini, ancora col ciuccio in bocca, pronti a un esilarante uuuuueeeeeeee. E questo perché si è abituati agli approcci morbidi con la realtà e ci spaventano gli scontri, le spigolosità, le ruvidezze.

Mi fermo qui, per non irritare coloro che così sensibili alle critiche preferiscono chiudere orecchie, occhi e quant’altro pur di non confrontarsi con la realtà, e vado al dunque.

Per quanti lo ignorassero, il webzine diretto con lucida determinazione da Franco Ziliani si occupava di vino in maniera intelligente, non con scopi nascosti, che sono poi gli atteggiamenti più ricorrenti in molte altre testate analoghe, finto-giornalistiche, più vicine alle redazioni degli uffici stampa che non al giornalismo serio; ma poi, diciamo la verità, esiste un giornalismo in Italia? Già quello in senso lato difetta, pensate ai pessimi telegiornali, roba da spazzatura, inguardabili; spostando lo sguardo al giornalismo agricolo, a parte qualche periodico di settore (quelli liberi però da condizionamenti e appartenenze), esiste un vuoto infernale: il nulla assoluto. La fine di un ciclo di “Wine Report” segna un forte arretramento, perché poi dobbiamo sorbirci quei finti giornali edulcorati, ibridi, inconsistenti, ai limiti della pornografia.

Perché “Wine Report” ha dovuto voltare pagina? Perché semplicemente manca un fruitore con gli occhi aperti, coraggioso, capace di accettare come già evidenziato le ruvidezze. Là dove manca la critica, anche la più feroce, manca la visione lucida e veritiera della realtà. Ed è questa la pecca del mondo vitivinicolo e del mondo agricolo più in generale: nel non riuscire ad accettare una visione che non coincida con la propria, nel non accogliere il seme dell’alterità poiché tutto deve rispondere ai propri punti di vista, e il pensiero deve per forza di cose coincidere con il proprio, la dialettica diventa perciò come tale merce rara.

Trascrivo quanto ha riportato Ziliani nella rubrica “Il franco tiratore”: “Alles, was ist, endet... , tutto ció che esiste, finisce, dice Richard Wagner in Das Rheingold, e così, com’era nell’ordine naturale delle cose, con l’uscita della settimana di venerdì 29 aprile e con questo editoriale di congedo, finisce, dopo sei anni, la mia esaltante avventura, di direttore e one man band, a WineReport.
E’ stata un’esperienza unica ed indimenticabile, un’occasione fantastica che ha consentito a me e ai miei bravissimi collaboratori, che ringrazio per il loro prezioso contributo ed il loro entusiasmo, di dire letteralmente quello che volevamo e quello che pensavamo, senza censure né mediazioni, sul mondo del vino italiano. In pochi anni, e con mezzi ridottissimi, grazie alla fiducia concessa da un editore che mi ha consentito, e gliene sono grato, di lavorare con la massima libertà, abbiamo dato vita ad un giornale unico, indipendente, coraggioso, spregiudicato per certi versi, un’oasi di libertà e una boccata d’aria fresca in un panorama dell’informazione sul vino che appare sempre più spesso condizionata da interessi di bottega, di cupola o di clan, o semplicemente pubblicitari.
”

Fin qui il congedo, poi una riflessione amara: “Era una scommessa, quella di un giornale libero, senza padrini né padroni, mantenuto solo dai suoi lettori, mediante gli abbonamenti, che inizialmente ha funzionato e ci ha consentito di avere una dignitosa indipendenza economica per un paio d’anni, ma che poi, causa l’incrollabile forma mentis della maggior parte dei frequentatori del Web di continuare a pensare ad Internet come a qualcosa di assolutamente libero e gratuito, e di non riuscire a superare lo scoglio psicologico dell’abbonamento a pagamento, è stato contraddetta dalla realtà delle cose, ovvero dall’evidenza di un numero di abbonati insufficiente per mantenerlo economicamente vivo”.

Intanto da parte di alcuni, la soddisfazione per ciò ch'è capitato in “Wine Report”: finalmente, qualcuno ha pure scritto da qualche parte, facendosi ganzo di fronte a qualcosa che finisce. Le accuse a Ziliani quando tutto è finito sono state le tipiche denigrazioni di chi non ha il coraggio di nulla, di chi ancora balbetta una qualche forma primordiale di pensiero, ma sa solo esaltarsi ed ergersi a maître à penser perché ha il potere dalla propria parte conquistato chissà come.

Ebbene, valga una utile riflessione, in chiusura: dove sono i lettori del mondo vinicolo, ma per estensione anche di tutto il mondo agricolo, disposti a sostenere iniziative di libera circolazione delle idee? Sono un’esiguità, un’élite che peraltro conta molto poco perché inascoltata e senza seguito: tutti però vogliono tutto senza impegnarsi in prima persona; ed è questo il male terribile che attraversa il mondo rurale, fregarsene, star lontani dall’impegno, lasciar fare; ed è proprio così che lasciando fare gli altri (gli arraffatutto) si è gettata l’agricoltura nelle mani di pochi scaltri individui e subdoli gruppi di potere che ne fanno ogni giorno poltiglia di questo mondo sordo e insensibile, capace solo di lamentarsi lasciandosi andare in uuuuuuuueeeeeeeeee continui, assordanti, piagnucolanti, con sonori “non ce la faccio, non ce la faccio”, senza però mai decidere una volta per tutte di diventare adulti e dire: “sono pronto a difendere il mio mondo, la mia identità”. No, questo non accade, perché il pensiero è fatica, e allora si lascia tutto ad altri, che se ne occupino altri al nostro posto; ed ecco dunque il perché l’agricoltura in Italia sia proprio nella merda più merda.

"Wine Report" in ogni caso prosegue il suo corso, seppure con altro taglio. Noi ci auguriamo che non perda tuttavia lo spirito impresso da Ziliani: la libertà d'espressione è un valore che va coltivato con grande dedizione.