Editoriali

Sott'acqua: miliardi all'emergenza, non milioni alla manutenzione

01 dicembre 2012 | Alberto Grimelli

E' stata un'altra settimana sott'acqua. Non è la prima di quest'autunno. C'è da scommettere che non sarà l'ultima. Purtroppo, dietro alla violenza dei temporali e delle burrasche, si nascondono tragedie. Morti, feriti e danni enormi, per miliardi di euro.

Ovviamente, anche tra agronomi e più in generale tra addetti ai lavori, il tema è di strettissima attualità e centralità. Se ne parla e se ne discute, attribuendo spesso la maggior parte delle colpe e responsabilità ai cambiamenti climatici, con accentuazione dei fenomeni estremi, e, solo in subordine, alla cementificazione e all'abbandono del territorio.

Ma è proprio così? Oppure il clima impazzito è un comodo alibi?

Il libro su Le piogge intense in Toscana (Felici Editore) pubblicato dall’Istituto di Ricerca sul Territorio e l’Ambiente “Leonardo” di Pisa nel 2006 offre una risposta che fa vacillare molte certezze. Dal 1920 ad oggi i fenomeni di forte piovosità sono complessivamente diminuiti in Toscana “In effetti – sostiene il prof. Sergio Pinna, docente di geografia applicata all’Università di Pisa e autore della ricerca – la serie storica dei dati del servizio idrografico nazionale dimostra per la Toscana una diminuzione della frequenza degli eventi intensi per un 15-25% come media regionale, mentre gli episodi con valori almeno tripli rispetto alla media della piovosità di lungo periodo non sono affatto divenuti comuni, ma anzi rappresentano un’assoluta rarità: circa lo 0,3% del totale.” Nella ricerca sono stati considerati per 53 stazioni i massimi annui di pioggia in 1, 3 e 24 ore; inoltre, di sette località sono stati anche esaminati tutti i dati di pioggia giornaliera nel periodo 1921-2003 e ciò ha permesso appunto di cogliere una riduzione della frequenza degli eventi violenti. Analogamente, le serie temporali relative al numero di giorni nell’anno con precipitazioni di oltre 40 mm evidenziano prevalentemente dei trend negativi.

O dal 2006 a oggi vi è stato un cambiamento tanto profondo da invertire la tendenza oppure occorre invertire i fattori, mettendo al primo posto la cura del territorio.

“Senza gli agricoltori viene meno, in collina come in pianura e in montagna,  l’opera molecolare di controllo e manutenzione del territorio – mi ha scritto Rossano Pazzagli, storico del turismo e dell'agricoltura - Se non si inverte la rotta, se non si ripopolano le campagne di nuovi agricoltori, se non si incentivano quelli tradizionali a raggiungere livelli di reddito sufficienti a restare sulla terra, allora le devastazioni degli incendi estivi e le alluvioni autunnali che trascinano rovinosamente la terra a valle dando luogo a frane e smottamenti, saranno scene sempre più frequenti delle nostre stagioni.”

Insomma, mentre si discute di come abbattere prepotentemente i fondi Pac, anche per gli agricoltori dei territori marginali, si destinano sempre più risorse alle emergenze. Il teorema è: spendere miliardi per riparare i danni è giusto e sacrosanto mentre è uno spreco stanziarne milioni per la cura del territorio.

E se per invertire il trend occorresse invertire anche i termini economici del problema? Non miliardi alle emergenze e milioni alla manutenzione ma miliardi alla manutenzione per spendere poi solo milioni per le emergenze.

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati

Accedi o Registrati

andrea marciani

02 dicembre 2012 ore 11:32

Senza nulla togliere della validità delle analisi sul deleterio abbandono delle campagne, bisogna aggiungere che anche il progressivo abbandono della pastorizia nelle regioni collinari e la sua sostituzione con culture cerealicole, che impongono di lasciare a maggese i campi proprio nel periodo dell'anno più piovoso, contribuiscono al depauperamento della funzione carbonica dei terreni in pendenza ed al dilavamento dell'humus di cui sopra.
Inoltre lo studio citato sulla meteorologia si ferma al 2006 ed è indubitabile che le modifiche climatiche avvenute nei 6 anni che ci separano da allora, hanno prodotto grandi differenze, basti citare quanto avvenuto nella bassa maremma quest'anno, dove sono caduti, nel solo mese di novembre, una media di 600 mm di pioggia contro i consueti 60.
Da quando sono stati adottati i pluviometri non esiste un report analogo ed i giornali titolano, non si sa bene in base a quale dato statistico, che passeranno almeno 500 anni prima che si replichi un tale fenomeno, evidentemente neanche loro sono consapevoli dello stravolgimento meteorologico che ci si prospetta negli anni a venire.