Editoriali

L’ASCESA E IL DECLINO

16 aprile 2005 | Luigi Caricato

In Italia siamo abituati. Quanto danaro pubblico sperperato in progetti inutili e senza futuro. Sono risorse vive del Paese, e non si tratta mai cifre di scarso rilievo. Sono barcate di milioni di euro, non quisquilie. E chi risponde alla fine dei fallimenti? Nessuno. Vengono considerati incidenti di percorso e mai nessuno che paghi.

Veniamo al dunque. Fermiamoci alla notizia intanto, per riflettere. Enoteca d’Italia dopo l’ascesa ha conosciuto l’immediato declino. C’era da aspettarselo, le premesse di partenza non erano buone. E ancora restano senza risposta almeno due interrogativi.

Che senso ha avuto la creazione di Enoteca d’Italia?
Perché si è deciso di realizzare una struttura fotocopia, simile in tutto a Enoteca italiana, e a che pro?

Oggi la situazione è raccapricciante, così come appare. In un comunicato del Ministero delle Politiche agricole si sostiene la messa in liquidazione di Enoteca d’Italia, di cui è già predisposta la procedura prevista in tali casi.

Insomma, un disastro.

Non lascia alcuno spazio agli equivoci la posizione delle Città del vino, espressa in un tempestivo comunicato stampa: “Gli avvisi di garanzia che hanno interessato i vertici di Enoteca d’Italia e di Buon’Italia non devono compromettere i migliori progetti avviati e gli obiettivi innovativi di comunicazione del prodotto enogastronomico italiano nel mondo per cui i due strumenti promozionali erano stati ideati e costituiti.
L’Associazione nazionale Città del vino invita perciò il Ministro per le Politiche agricole e forestali Gianni Alemanno a commissariare le due società coinvolte, affinché non s’interrompa la loro operatività, in attesa che si faccia piena luce sulla vicenda”.

Che strana storia. Prima si investono cifre inverosimili e poi si dichiara il fallimento. E i soldi sperperati? Che fine hanno fatto? Volatilizzati, naturalmente. In progetti inutili e dispendiosi, come spesso accade in questa Italia miserevole. E’ la solita storia: ci sono persone animate da buone intenzioni e non riescono ad avere neppure l’ombra di un centesimo di euro; altri riescono a movimentare il mondo e a non concludere nulla, se non il segno di un’appariscente operazione di maquillage di cui a distanza non resta nulla.

Torniamo ora alle dichiarazioni del direttore dell’Associaziona nazionale Città del Vino: “I programmi, talvolta un po’ fumosi, di Enoteca d’Italia – ha affermato Paolo Benvenuti - non possono comunque intaccare il valore complessivo che il Ministero per le Politiche agricole aveva dato a questi strumenti; poco si conosce delle attività intraprese e non molto è stato fatto in questi ultimi anni, senza una strategia complessiva che evidenziasse l’efficacia delle energie messe in campo; però il mondo del vino italiano e delle produzioni tipiche non può attendere perché la concorrenza è sempre più forte ed agguerrita a livello mondiale. La promozione e la valorizzazione del made in Italy è di fondamentale importanza perché tutto s’interrompa bruscamente. E’ sicuramente possibile rilanciare questi due strumenti con nuovi e più definiti programmi e con persone nuove”

Già, programmi e persone nuove. Mancano le idee, mancano i contenuti. Le persone però ci sono. Quelle “nuove” ci sono sempre state, sono quelle che non hanno mai avuto spazi negli ambienti che contano, sono quelle che non hanno mai ricevuto la benché minima considerazione perché non apparentati con nessuno. Quindi, esistendo le persone “giuste” e “nuove”, i programmi possono certamente venire fuori. Ma sarà veramente in grado il nostro Paese di definire un percorso nuovo, di rinnovamento? Lo dubito fortemente. Le brave persone non hanno spazi, e se ce li hanno sono spazi marginali. Non c’è speranza che qualcosa cambi: occorre essere di questo o di quel partito per avere ciò che si merita. Non c’è spazio per gli uomini di buona volontà. Non c’è spazio, e non ci sarà, se non per pura casualità.

Ecco quanto dichiara il ministro Alemanno sulla vicenda Enoteca d’Italia: la società, “nata da un progetto interregionale per la promozione del vino e dotata di un consiglio di amministrazione a nomina mista (Governo e Regioni), fu sottoposta alla società Buonitalia al solo fine di garantire la coerenza delle due azioni promozionali a favore dell’agroalimentare italiano”. “Va ribadito – conclude infine Alemanno - che le due società, pur essendo legate da un rapporto di azionariato, hanno mantenuto la loro reciproca autonomia e gli addebiti che oggi vengono mossi alla gestione di Enoteca d’Italia non possono ricadere in alcun modo sull’attività gestionale di Buonitalia”.

D’accordo, prendiamo atto. Ma cambia forse qualcosa?

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