Editoriali
Lacrime e sangue
03 settembre 2011 | Luigi Caricato
Ci risiamo. A pagare sono sempre i soliti, sempre i più onesti. Non si dia però nulla per scontato. Talvolta le responsabilità sono da addebitare anche a chi si lamenta. Non sempre chi è stato penalizzato in questo Paese folle e anomalo è del tutto esente da colpe.
Sì, perché alla fine poi in molti si adeguano al sistema. Tanto lo fanno tutti, si dice. Già. E così si sono registrati abusi su abusi, senza che si possa risparmiare alcuna categoria. Tutti con la coscienza sporca in Italia? Fate un po’ voi…
Certo è che è stata fin troppo disinvolta l’Italia in tutti questi anni di apparente normalità e di economia effervescente, ma il debito ci disonora, le occasioni perdute soprattutto ci umiliano per ciò che non abbiamo fatto e potevamo fare. Forse è proprio giusto dire che siamo stati fin troppo disinvolti, e forse anche un po’ troppo ingordi, noi italiani, credendoci furbi, come se non si dovesse prima o poi pagare a caro prezzo il conto.
Troppo furbi, ma più che altro maldestramente furbi, ignorando di fatto, con gli atteggiamenti ambigui che ci caratterizzano, il valore e il senso profondo di ciò che viene abitualmente definito “bene comune”.
E così oggi, dopo aver ignorato a più riprese gli inviti a voltare pagina che le persone di buona volontà, anche attraverso i propri personali esempi, hanno chiesto a tutti di fare, è il caos generale su tutti i fronti, è allarme e disorientamento, incapaci di praticare la svolta tanto attesa.
Moralizzare il Paese è un’impresa che sembra impossibile. E’ sufficiente assistere al degrado della classe dirigenziale del Paese per rendersi conto dello stato di declino più morale che economico in cui stiamo precipitando.
L’economia soffre, figuriamoci l’economia di un’agricoltura già fin troppo provata e abusata, continuamente saccheggiata e depredata. Chi potrà mai risollevare un Paese che corre all’indietro?
Ma è così, lo sttao della realtà è quello descritto. Le dinamiche di una crisi, non soltanto nazionale, unitamente a una manovra lacrime e sangue – che è soprattutto iniqua e pavida, giacché incapace di sgretolare i poteri consolidati, non solo quelli forti o oscuri, ma anche quelli che contano meno, ma che sempre poteri sono – non ci consentono di star tranquilli.
Non c’è spazio per la serenità, ma per l’orgoglio e il buon senso ancora sì, lo spazio esiste, e per questo bisogna agire. Agire concretamente e in prima persona, guardando alla propria coscienza. Ciascun lettore di Teatro Naturale si deve imporre una linea di condotta integerrima, e imparare a denunciare i corrotti, e soprattutto a staccarsi da loro, perché è disonorevole sentirsi protetti da coloro che con l’atteggiamento disinvolto che ben conosciamo hanno devastato il Paese, togliendone anche quel filo di speranza tanto necessario per ricomincare.
Buon settembre a tutti. Teatro Naturale come di consueto dopo la pausa estiva riprende il corso delle pubblicazioni. Noi ci siamo. Voi rispondete piuttosto all’appello e agite, non lasciatevi defraudare del futuro. La ricostruzione inizia da subito – anche in solitaria, nel caso – ma qui e ora, adesso, non domani.

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Tonino Arcadu
03 settembre 2011 ore 12:55APPELLO, ma più che altro esortazione al recupero del buon senso e di un po di etica, questo è, mi pare il senso dell'editoriale di L. Caricato, assolutamente condivisibile e di cui c'è un enorme bisogno8 di buon senso e di etica) e su cui non s'insiste mai abbastanza; condivisibile il discorso sulla furbizia autolesionista degl'italiani, sull'ignominia delle occasioni mancate, e non per colpa dello spirito Santo,sul degrado della classe dirigente e sui bisogni economici impellenti che ostacolano la moralizzazione( in quanto c'indeboliscono di fronte ai ricatti), per cui son d'accordo che l'ultima spiaggia possa essere un sussulto d'orgoglio volto al recupero della nostra dignità di uomini, che, manco a farlo apposta, fa rima con Identità, caratteristica quest'ultima, che il perseguire l'anonima globalizzazione, ha fatto sparire, non solo dal nostro modo di essere ma anche dal nostro vocabolario.