Editoriali

Pachino e l'inutile boicottaggio

12 febbraio 2011 | Ernesto Vania

Alessandro Di Pietro, patron di Occhio alla spesa, ha promosso un boicottaggio del pomodoro pachino perchè “in mano alla mafia”. Dopo qualche ora, quando sono è iniziato il turbinio delle polemiche, ha tenuto a precisare che il boicottaggio non deve riguardare il pachino Dop, prodotto che non subisce le infiltrazioni della criminalità organizzata.
Insomma c'è il pachino buono e il pachino cattivo... ovvero come a cercare di metterci una pezza si provoca una frana.

Le dichiarazioni di Alessandro Di Pietro, sostenute anche da Maurizio Costanzo, hanno fatto arrabbiare tutti, ma proprio tutti.
Esponenti politici, ministri, rappresentanti di categoria, produttori. Tutti splendidamente uniti nel difendere il pachino e a scagliarsi contro quello che è stato definito un “disservizio pubblico” da parte della Rai.

Alessandro Di Pietro è occorso in due gravissimi errori, prima di tutto una improvvida generalizzazione che coinvolge un intero tessuto produttivo che, sebbene insista su di un territorio a rischio mafia, non può certo per questo definirsi mafioso tout court; in secondo luogo il rimedio, un boicottaggio del prodotto è sbagliato dal punto di vista pratico e concettuale.

Boicottare significa recare un danno economico tale da costringere la controparte a reagire, possibilmente assecondando le richieste del proponente.
Chi è la controparte in questo caso?

Boicottare un prodotto, per la legge della domanda e dell'offerta ne fa scendere il prezzo, un ribasso che non danneggerebbe in maniera sostanziale la mafia che fa affari soprattutto nei mercati ortofrutticoli con ruoli diversi: dall'intermediario al commerciante, fino a trasporto e logistica.
La reazione e della criminalità organizzata, a fronte di una riduzione delle richieste di pachino, sarebbe probabilmente immediata, prevedendo una riduzione del prezzo di acquisto all'origine per salvaguardare i propri margini di guadagno.
E' sempre l'ultima catena della filiera a soffrire maggiormente le ripercussioni di un calo della domanda in quanto tutti gli operatori intermedi, anche in un contesto sano, non infiltrato dalla mafia, tenderebbero comunque a scaricare sulla parte debole, la produzione agricola, gli oneri del fisiologico abbattimento del prezzo.
La vera controparte di un eventuale boicottaggio sul pachino sarebbero quindi gli agricoltori, già vessati e tartassati dalle mafie.

Per Alessandro Di Pietro si tratta quindi un boomerang, per danneggiare i disonesti si colpiscono gli onesti...

La denuncia di infiltrazioni mafiose nel sistema di approvvigionamento e distribuzione alimentare, però, va presa sul serio. E' vero che i mercati ortofrutticoli sono sempre più permeati dalla criminalità organizzata, specie al sud, territorio che, per infrastrutture e tessuto produttivo, spesso non può fare a meno del mercato ortofrutticolo, cadendo, gioco forza, nelle mani della mafia.

Per rompere il cerchio occorre creare i presupposti per diversi e differenti sistemi di distribuzione e commercializzazione, soprattutto evitando certi slanci populistici, certamente spettacolari ma assolutamente nocivi.

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