Editoriali 28/11/2014

Non si salva nessuno


Cosa è andato storto? Praticamente tutto. Ma si poteva fare qualcosa?

E' il leitmotiv di tutti gli incontri, i dibattiti, i convegni, le interviste, le inchieste sulla campagna olivicolo-olearia che si sta quasi per chiudere, con largo, larghissimo anticipo sul solito.

Si è cercato e si sta cercando un colpevole, anzi i colpevoli.

Perchè dare la colpa ai cambiamenti climatici, alla mosca delle olive, in fondo in fondo, non convince nessuno.

Si va allora a scavare nel passato, per ricercare le scelte non fatte, le iniziative non intraprese e le strade non percorse. Un amarcord del settore che sarebbe potuto essere ma non è.

Utile per non ripetere gli stessi sbagli. Sufficiente? No.

Si cominciano ad appiccicare colpe a destra e a manca. Servizi fitopatologici che non hanno vigilato e associazioni che non hanno avvertito. Tecnici che si sono adagiati su conoscenze di un tempo che fu. Rivendite di presidi fitosanitari che hanno dato consigli con superficialità. Istituti di statistica che fanno uscire dati e numeri quando la situazione è precipitata, in peggio, dando un'immagine sfalsata del dramma. Speculatori che si sono arricchiti, da un giorno all'altro, con carichi di olive o di olio.

Ce n'è per tutti e per nessuno. Perchè ognuno di questi soggetti si difende, con le unghie e con i denti. Non è mia la colpa, ho fatto il possibile, dati i finanziamenti a disposizione e le circostanze. Ciascuno attaccato al proprio orticello. Al proprio posto di lavoro. Alle proprie consuetudini.

Si poteva fare di più e di meglio. Non è stato fatto.

Anche Spagna e Portogallo se la passano male? Mal comune non fa mezzo gaudio, anche perchè c'è la sensazione diffusa, aleggia, che... forse, se.

“Definire calamità naturale l'attacco della mosca olearia è ridicolo – ha affermato il presidente di Confagricoltura Umbria Marco Caprai – e c'è da prendersela solo per non aver adottato le contromisure necessarie pur avendole a portata di mano.”

C'è da prendersela con chi? Con noi stessi. Perchè in questa campagna olearia non si salva nessuno, tutti hanno un pezzettino di colpa o responsabilità.

Cercare di sfuggire denota solo immaturità. Qualsiasi accenno di difesa è un'autoassoluzione che non convince, sa anzi di egoismo.

Non si salva nessuno in questa campagna olearia, per quanto si poteva fare e non è stato fatto.

Fatta l'autocritica e cosparso il capo di cenere, voltiamo pagina e cominciamo a pensare a quanto si può fare da oggi. Non da domani, da oggi.

Non si può pensare di andare nell'oliveto in potatura e poi in raccolta.
Non si può più pensare che tanto la mosca, la lebbra, la piombatura non ci sono mai stati, quindi è inutile occuparsene.

Prevenire è meglio che curare e un po' di sano allarmismo serve, se risveglia le coscienze.

Il comparto dell'olio d'oliva è fermo da 20 anni, a parlare delle stesse cose. Ormai è diventato un ronzio di fondo. Nessuno ci fa più neanche caso.

Nel frattempo il mondo è andato avanti e noi, sempre più spesso, ci troviamo a commentare le notizie che vengono da altre nazioni. Le ricerche che vengono da altri paesi. Perfino nelle trattative al Consiglio oleicolo internazionale siamo diventati solo spettatori.

La nostra migliore dote è diventata difendere lo status quo e un passato che, come ci insegna tragicamente questa campagna olearia, non esiste più.

Il superintensivo? E' sicuramente un sistema produttivo con pecche e molti limiti. Sì, ma almeno ci hanno provato. Noi cosa abbiamo fatto?

E' ora di qualche nuova trovata, di tracciare percorsi, di far uscire il fiato. Non in attesa di ricevere soluzioni, provate anche a darne. Non in attesa che qualcuno, come un novello Mosè, vi traghetti verso una nuova olivicoltura.

Ne usciranno tante cavolate? Vero, ma magari anche qualche buona idea.

Ditela, scrivetela qui, su Facebook, dove vi pare.

Il peccato mortale oggi si chiama passività.

Naturalmente ci si può anche accomodare e stare oziosi aspettando che passi quest'annataccia. La prossima campagna olearia tornerà tutto normale, con i prezzi a 3 euro al chilo e l'usuale guerra tra poveri. Forse, speriamo, ho sentito dire.
No, così non si salva nessuno.

di Alberto Grimelli

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Commenti 10

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
02 dicembre 2014 ore 18:29

Devo purtroppo intervenire perché richiamato in causa, su un argomento che mi è doloroso, lo faro quindi con poche parole.
Dimetoato, l'unico per ora che funziona.
Si dovrebbe per legge usare non più di due volte nell'anno.
Tralascio ogni altra precauzione necessaria.
Ecco perché parlo di rischio caduta tegole, queste in genere cadono se non si opera con grande professionalità.
Mettiamoci un articolo a grandi caratteri su uno dei giornali Nord Europei o Americani e poi si a piangere.

Gianni Lezzi
Gianni Lezzi
02 dicembre 2014 ore 13:16

Caro direttore,
penso sia il caso di fare il punto della situazione e cominciare a metter giù qualche seme, considerando che (almeno da noi) siamo nel periodo giusto per la semina del grano (altra filiera su cui si potrebbero fare molti "mea culpa" da grandi consumatori di pane, pasta e derivati quali siamo, senza che si parli, o sparli, abbastanza come per l'olio). Il tempo di ammortizzare il colpo con le prossime festività che serviranno, magari, a comprendere il grande valore dei rari buoni oli da olive 2014. Ripartire poi, con ciò che dovrebbe essere la REGOLA BASE che mi piace ripetere agli olivicoltori tutti: 1) gestione del terreno e contenimento delle infestanti (anche in Bio); 2) potatura (intesa come mantenimento delle dimensioni e proporzioni, olivi/terreno, prestabilite nell'oliveto, senza necessariamente ambire alla toilette della chioma) con valorizzazione della ramaglia di risulta; 3) trattamenti fungicidi (anche in Bio). Non volevo tediarvi, ma questi primi 3 punti costituiscono il minimo comune denominatore per il MANTENIMENTO DEL PATRIMONIO ARBOREO sul quale, eventualmente, possano allegare le olive ed ambire a raccoglierle. Arrivo al dunque: stiamo parlando di impresa, di agronomia (che includerebbe il reddito dell'agricoltore che impegna: esperienze, tempo e risorse) o di alzare le mani ed arrendersi aspettando un'altra annata?
Faccio solo delle considerazioni derivate dai pochi ma significativi commenti registrati su questo articolo (non seguendo quelli su Facebook) con ordine cronologico escludendo a priori il mio: 1) SI, nell'offrire la corretta comunicazione "al e del" comparto olivicolo oleario; 2) NO, nel tentare di proiettare, su tutto il territorio italiano, il comportamento hobbistico dei moltissimi bravi ed appassionati olivicoltori che hanno spinto l'olivicoltura, coraggiosamente, fino alle Alpi ed oltre; 3) NO, nel pretendere ancora che qualcuno (OP = Organizzazioni Professionali?) elargisca cadeaux natalizi di ogni genere in gran parte frutto di finanziamenti pubblici (costituiti da attrezzatura agricola o agroalimentare e quant'altro financo ai presidi fitosanitari). Non faccio di tutta l'erba un fascio, conosco diverse buone ed oculate gestioni in Italia, tali da essere emulate. Distinguerle (non per giudicarle ma per essere oculatamente preferite dagli olivicoltori) risulta molto semplice a tutti: rileggete cronologicamente i comunicati che spesso diramano periodicamente alla base associativa e calcolate la precocità e veridicità di ciò che poi è stato l'andamento fitosanitario. Quelli tempestivi ed attendibili vincono e possono considerarsi validi partner produttivi. L'ulteriore mortificazione risulta essere quella di interporre (edulcorandone il processo) il tecnico agricolo, ansioso di lavorare per qualche periodo fino al punto di mortificare la propria professionalità quando esiste, tra gli olivicoltori e chi dovrebbe rappresentare gli stessi olivicoltori nelle dovute sedi e sul mercato; 4) SI, all'attento e circostanziato commento "dell'ultimo arrivato" che mi ha preceduto. Esso racchiude, in poco più di 10 righi, il sunto reattivo che la categoria dovrebbe avere, la "resilienza", termine che non conoscevo fino ad oggi ma che mi ha spinto a studiarlo, valutarlo e riproporlo.
Tutti abbiamo necessità di conoscere, imparare e quando possiamo, nelle nostre capacità, anche di insegnare. Scusatemi, quindi, se non ho compreso il senso di quanto mi viene mosso da chi commenta: "Andrei quindi cauto a citare chi ha salvato il raccolto ad ogni costo come esempio, prima che un'altra tegola ancora più disastrosa si abbatta sulla testa, a buon intenditor poche parole." Forse non sono un buon intenditore, ma a quali tegole allude? Evidenzio di aver esortato gli "olivicoltori professionali" a fare il proprio dovere prima di pretendere giustamente quanto gli è dovuto dall'esterno. In particolar modo mi riferisco a quelli che operano nei territori vocati all'olivicoltura. Salvare il raccolto (non ho scritto io "ad ogni costo"), significa anche portare in magazzino qualcosa di significativo e non il NULLA. Lei ci è riuscito al 30 % ed in Bio (se ho compreso bene), non vedo come non si possa riuscire nell'olivicoltura convenzionale (per distinguerla dal quella Bio), rispettando le regole e tutte! Ciò detto per mera chiarezza, ma pronto a collaborare al suo fianco per una corretta informazione, comunicando le diversità produttive, da cui nascono i diversi extravergini (e moltissimi VERGINI 2014) con vari costi e prezzi.
Rinnovo il mio caro saluto a tutti ed in particolare a coloro i quali avranno avuto la pazienza e passione di leggere fino in fondo. GianniLezzi

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
02 dicembre 2014 ore 11:06

Se comandasse il cliente sarebbe molto più facile convincerlo del valore di un prodotto, a patto che questo valore superiore ce l'abbia veramente.

Il fatto è che non comanda il cliente, pardon "gregge", ma il fischio del pastore e le sirene della pubblicità.

Scordiamoci di voler dare capacità di scelta alle pecore e accontentiamoci di servire un olio di qualità ineccepibile alle capre che notoriamente non brucano dove vuole il pastore ma dove il boccone è migliore.

Se riusciremo a soddisfare intanto chi vuole il boccone migliore, anche tra le pecore per imitazione avremo clienti.

Il piatto che proponiamo, però, deve essere il migliore di fatto, e non solo perché viene dall'olivo millenario e carico di storia, è italiano, ecc, affascina ma non basta.

Un giusto dosaggio di tradizione e modernità ci può portare fuori dal disastro olivicolo italiano, e non mi riferisco all'annata passata che per quanto mi riguarda, per ora, la confinerei ai ricordi da caminetto.

Il lettore mi scuserà il paragone usato, non era affatto intenzione irrispettosa, è solo un tentativo di stare sul territorio e non nel mondo delle chiacchiere redditizie o vuote.

Buon lavoro a tutti, intanto io ho già potato una parte di olivi, appena smette di piovere riprendo a rifare muretti in pietra che aspettano da anni di essere rimessi su.

Modernità, tradizione, qualità irreprensibile, tutto il resto verrà quasi da se, ma non domani, forse tra 5 o 10 anni.

Francesco Donadini
Francesco Donadini
02 dicembre 2014 ore 08:37

caro direttore e tutti coloro che sono intervenuti, sono stato il primo a intervenire, non mi funzionava la linea e ho scoperto di aver fatto due post, nel secondo propongo una cosa concretissima, perchè non interessa e invece tutti "a lamentarsi"? Io non sono un produttore, sono un consumatore, un potenziale vostro cliente, io apprezzo l'olio extravergine di oliva, chiedo più attenzione e interesse verso la comunicazione, in primis sulla natura stessa e qualità del prodotto. Io cerco un olio "fresco", con ciò intendo che abbia una data vitale e che si capisca nella bottiglia quando è stato franto, è un concetto semplice e concreto, possibile che non interessi ai produttori il cliente? E' un concetto che valorizzerebbe solo chi fa olio con le proprie olive e lo frange davvero.

Pier Sante (nino) Olivotto
Pier Sante (nino) Olivotto
01 dicembre 2014 ore 22:08

Sono forse l' ultimo arrivato ad occuparmi di questo affascinante prodotto , ho lavorato in altri settori ma non ho mai visto una simile disfatta.
Oggi nel mondo senza spazio (globale) e senza tempo (veloce) comanda il cliente. E noi che cosa gli diciamo ? che ci siamo sbagliati o che ci aspetti per un anno ? Riconquistare un cliente costa 10 volte rispetto al mantenerlo.
Questo e' il vero impatto economico di questa crisi.
Ma le crisi non vanno mai sprecate!!! Dobbiamo quindi andare oltre la condanna della passivita'. Bisogna fare subito un' attenta review di che cosa non ha funzionato ( sistema e persone di governance, flusso di informazioni e conoscenze, di finanziamenti, di processi operativi,..) e migliorare da subito la "resilienza" della filiera.
Se non lo facciamo noi lo faranno i nostri paesi concorrenti sui nostri clienti cosi' come e' capitato in molti altri settori economici dove l' Italia era leader.

GIACOMO DAIDONE
GIACOMO DAIDONE
29 novembre 2014 ore 11:51

Buona parte del "prevenire é meglio che curare" si sarebbe potuto fare se le OP che ci sono nel territorio avessero distribuito, almeno in parte gratuitamente, visto che vengono finanziate dalla UE con dei progetti appositi, le trappole per tignola e mosca olearia. In modo da poter effettuare il monitoraggio almeno per quegli agricoltori che ne hanno ancora voglia, per quelli che non si son fatti ancora prendere dall'apatia in cui l'olivicoltura nazionale é in buona parte entrata da tempo .... Io ho fatto monitoraggio senza trappole, in maniera artigianale andando sui vari appezzamenti settimanalmente, riuscendo a produrre anche in questa difficile campagna olio extravergine con acidità di solo 0.21. Ma ho avuto una perdita produttiva che si poteva evitare se solo avessi avuto una collaborazione da parte di un tecnico che da solo non posso permettermi.... Non sprechiamo questo nostro tesoro dell'agroalimentare qual'é l'Olio Extravergine Italiano !!!!
G.mo Daidone - produttore olivicolo

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
29 novembre 2014 ore 10:34

Quest'anno la mosca ci ha levato l'argomento solito, la piagnucola sulla catena olio di oliva, in realtà la maggior parte degli interessati sul campo la vive con storica rassegnazione.
Quest'anno non ha raccolto, fine.
Lo scorso anno e quello precedente avevano raccolto un po' di olive, le più facili, per farsi l'olio.

Chi aveva prodotto di più aveva realizzato molto poco, la solita grande industria aveva come sempre, compreso quest'anno, provveduto a fornire gli scaffali.

In realtà dov'è il problema?

Le aziende serie hanno esposto il cartello: "Olio 2014 non ne abbiamo."

Il consumatore se vuole capire capirà, altrimenti andrà a comprare altrove.

Secondo me un anno disastroso per condizioni ambientali totalmente sfavorevoli ci può stare senza drammi, anche considerando cosa è stato a volte fatto per salvare il raccolto.
Andrei quindi cauto a citare chi ha salvato il raccolto ad ogni costo come esempio, prima che un'altra tegola ancora più disastrosa si abbatta sulla testa, a buon intenditor poche parole.

Cosa non va bene è quanto esposto nelle tre ultime righe dell'articolo da questo punto si che bisogna rimboccarsi le maniche tutti quanti.

Per la cronaca in Piemonte le segnalazioni sono state tempestive, pochi interventi necessari hanno salvato il salvabile, non si è potuto fare il miracolo.
Io per deliberata scelta di non fare trattamenti anche per capire fin dove la montagna si difende da se, ho perso circa il 70%, una volta ogni decennio ci può anche stare, o no.

Diamoci da fare per salvarci almeno nelle annate ordinarie e conserviamo questo argomento per i ricordi, vi ricordate il 2014....................

Gianni Lezzi
Gianni Lezzi
29 novembre 2014 ore 09:04

ESCLUSIVAMENTE PER GLI ADDETTI AI LAVORI: GLI OLIVICOLTORI.
IL PUNTO DELLA SITUAZIONE DEL DIRETTORE GRIMELLI RISULTA CONDIVISIBILE, TUTTO DA LEGGERE ED ASSIMILARE. RACCOGLIAMO I COCCI, RIMBOCCHIAMOCI LE MANICHE E, A TESTA LUCIDA, ANDIAMO AVANTI:
- PARTIRE DA OGGI? SI E SUBITO;
- SEGUENDO CHI, SE DALLA LETTURA APPRENDIAMO CHE NON SI SALVA NESSUNO? AVREI UNA RISPOSTA O SUGGERIMENTO: RIPARTIAMO DA COLORO CHE, NONOSTANTE TUTTO E TUTTI, SONO RIUSCITI A CONDURRE IL PROPRIO OLIVETO CON PROFESSIONALITA', PRODUCENDO OLIVE SANE ED EXTRAVERGINI DEGNI DI ESSER CHIAMATI TALI; CI SONO IN TUTTI I TERRITORI ITALIANI E, FRA QUESTI, SI TROVERA' IL GRUPPO (NON IL SOGGETTO) DISPOSTO A FUNGERE DA MENTORE.
AD ESEMPIO, PER QUANTO RIGUARDA IL SALENTO, NONOSTANTE TUTTO, TUTTI ED IN PARTICOLARE LE VICENDE MEDIATICHE DI QUELLA "ZitellaFastidiosa" (CHI VUOLE INTENDERE, INTENDA - MI RIFERISCO SEMPRE AGLI ADDETTI AI LAVORI), ANCHE DA NOI ESISTONO DIVERSI OLIVICOLTORI PROFESSIONALI CHE SONO RIUSCITI A PRODURRE OLIVE PER LA MENSA (COMPARTO IN ESPANSIONE), PER GLI EXTRAVERGINI A DOP TERRA D'OTRANTO E PER TANTI ALTRI EXTRAVERGINI. TUTTO QUESTO, SENZA RICORRERE ALLA INVITANTE "TENTAZIONE COMMERCIALE" DI VENDERE LE OLIVE FUORI DAL PROPRIO TERRITORIO. SONO QUESTE PERSONE CHE POSSONO AVER FATTO SCELTE DISCUTIBILI A LIVELLO IMPRENDITORIALE, MA CHE DIMOSTRANO ANCHE DI AVERE LUNGIMIRANZA AZIENDALE E TERRITORIALE. VI INVITO A CERCARLE NEI VOSTRI TERRITORI, CI SONO OVUNQUE, PROVATE A SEGUIRLE CON UMILTA'. SE POI TALI INSEGNAMENTI TECNICO PRATICI, SI FACESSERO NELLE SCUOLE AGRARIE, COINVOLGENDO I GIOVANI NELLE REALTA' AZIENDALI ... OGGI SIAMO COSTRETTI ANCORA A PENSARE CHE SIA UTOPIA RIUSCIRE FARE, OGNUNO DI NOI, UNA BUONA PERCENTUALE DEL NOSTRO DOVERE?
Un caro saluto da Lecce, GianniLezzi

Francesco Donadini
Francesco Donadini
29 novembre 2014 ore 08:53

gentile Direttore, una constatazione: è da oltre un anno che ho messo a disposizione la testata nazionale Sapori d'Italia a due associazioni importanti, AIFO e CONFADI per spiegare e parlare d'olio extravergine d'oliva ai lettori (consumatori consapevoli, scuole alberghiere e negozianti appassionati), risultato: NULLA! Come se la comunicazione non avesse alcun valore, quindi decidendo di rimanendo "spettatori" come lei stesso scrive. E' dal 2005, con i Maestri Oleari che ho iniziato a stimolare analoghi interventi, senza risultati. Infine da appassionato di cibo e di olio extravergine d'oliva devo riconoscere che i produttori, i frantoiani rimangono un esercito di impauriti, perchè l'olio a differenza del vino non dura, dovrebbe diventare un prodotto di valore nel "fresco", forse occorre un nuovo approccio di mktg che punti a questo concetto.

Francesco Donadini
Francesco Donadini
29 novembre 2014 ore 08:32

Caro Direttore, un fatto concreto: quest'anno ho fatto di tutto per coinvolgere le associazioni, AIFO e CONFADI in primis, mettendo a disposizione una testata nazionale "Sapori d'Italia", per parlare di olio ai consumatori consapevoli e al negoziante appassionato: risultato NULLA! Come se la comunicazione non avesse alcun peso o importanza! E, come scrive bene lei stesso: rimanere solo spettatori, sembra la mission del comparto! Ho iniziato nel 2005 con i Mastri Oleari, fra poco sono dieci anni che tento di occuparmi e preoccuparmi di olio extravergine d'oliva, rimango fiducioso in uno scatto, almeno d'orgoglio! Buon lavoro!