Mondo
Gli oli di semi sono il nemico della dieta americana e devono dare spazio all’olio d’oliva
          Il messaggio del segretario alla salute dell'Amministrazione Trump, Robert F. Kennedy Jr., apre spazi enormi per il mercato dell'olio di oliva negli Stati Uniti che potrebbe innescare il più grande balzo nella storia del settore
04 novembre 2025 | 10:00 | Vilar Juan
Un colpo di timone dal primo potere del pianeta può cambiare la storia recente dell’olio d’oliva. Robert F. Kennedy Jr., Segretario alla Salute degli Stati Uniti, ha portato alla ribalta un messaggio clamoroso: gli oli di semi sono il “nemico intimo” della dieta americana e devono dare spazio all’olio d’oliva.
L’eco politica e mediatica non è da meno: si parla di un terzo mercato di consumo di oli d’oliva al mondo, dopo Italia e Spagna, che consuma già circa 390.000 tonnellate all’anno e produce solo 15.000 t – il 3,8% del suo fabbisogno –, con la California quasi come unico motore interno e una dipendenza strutturale dalle importazioni.
Il cambiamento culturale era già in corso – più cucina mediterranea a casa, più attenzione alla salute cardiometabolica, più etichetta pulita – ma ora riceve carburante istituzionale. Se quel discorso si traduce in incentivi, campagne e riforme nell’industria della ristorazione e dell’alimentazione, gli Stati Uniti potrebbero innescare il più grande balzo della domanda nella storia del settore e, per la prima volta, classificarsi come il primo consumatore mondiale di olio d’oliva.
La domanda non è se il consumo americano crescerà, ma quanto e a quale velocità. Con 330 milioni di abitanti e un solido potere d'acquisto, il potenziale è gigantesco.
L'attuale struttura del mercato nordamericano rivela una crescente dipendenza sdalle importazioni: anche nello scenario attuale, gli Stati Uniti hanno bisogno di acquisire circa 375.000 tonnellate di olio d'oliva all'estero per soddisfare la loro domanda interna. Se il consumo dovesse accelerare fino a raggiungere le 750.000 tonnellate, il divario di importazione si allargherebbe notevolmente, superando le 735.000 tonnellate, una cifra che consoliderebbe il paese come importatore leader mondiale di questo prodotto.
Se gli Stati Uniti dovessero accellerare le importazioni fino a 750.000 t, il commercio potrebbero evolvere come segue:
Spagna : da 145.000 t a 250.000 t (+70%).
Italia : da 90.000 t a 130.000 t.
Grecia : da 30.000 t a 50.000 t.
Portogallo : da 15.000 t a 25.000 t.
L'effetto collaterale di questo aumento della domanda sarebbe la pressione rialzista sui prezzi internazionali, specialmente nelle campagne a bassa produzione all'interno dell'Unione europea. Il mercato tenderebbe così a mantenere elevati i livelli di prezzo alla fonte, guidati dalla forza della domanda americana e dalla concorrenza per l'offerta.
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