Gastronomia

L’olio extravergine di oliva da utilizzare in cucina per digerire bene

L’olio extravergine di oliva da utilizzare in cucina per digerire bene

Le patatine fritte in olio extravergine di oliva di qualità possono addirittura sbloccare la digestione. Il segreto in cucina è scaldare l’olio in una padella e procedere a una cottura veloce. Così facendo non si disperdono le proprietà dell’alimento e si rende il cibo digeribile

05 aprile 2024 | Giosetta Ciuffa

Frittura sdoganata secondo Sara Farnetti, ma stando attenti a contenere la temperatura di cottura così da controllare il punto di fumo e a non bruciare gli alimenti. Seguendo questi accorgimenti, consumare alimenti fritti può trasformarsi in un momento ancora più piacevole e privo di sensi di colpa. Perché, ammettiamolo, comunque i fritti ce li concediamo e anche volentieri, e quando li compriamo nei ristoranti, nei fast food o nei food truck non badiamo neanche poi tanto alla preparazione. In occasione del 26° forum della cultura dell’olio, promosso da Bibenda, la specialista in Medicina interna, con un PhD in Fisiopatologia della nutrizione e metabolismo nonché uno in Scienze chimiche e nutraceutica, ha spiegato ancora una volta perché vanno scardinate le convinzioni che il fritto faccia male e che inoltre, per chi frigge con l’olio extra vergine, si debba usare comunque quello “più vecchio” ossia della passata stagione, mentre per condire a crudo vada conservato il più nuovo, quello dell’ultima campagna di raccolta. Invece è proprio per friggere che ha senso usare l’extra vergine di alta qualità poiché, grazie all’alto contenuto di polifenoli, saranno minori o nulli gli effetti negativi conseguenti alla frittura (come siamo abituati a farla), avendo una bassa acidità e un punto di fumo molto alto (e comunque, va ricordato, con le temperature raggiungibili in una cucina casalinga difficilmente questo si supera).

Friggere con l’olio extravergine di oliva secondo il metodo Farnetti: la cottura veloce

Questo tipo di cottura, veloce e con l’extra vergine, fa sì che gli acidi grassi si liberino leggermente, l’olio facilita la liberazione biliare nell’intestino e peraltro non dà tempo ai batteri di creare gonfiore e meteorismo. I polifenoli dell’olio evo, per i quali è indicato anche e soprattutto in cottura usare olio di qualità – che ne contiene di più -, prevengono le malattie e sono attivatori delle sirtuine, proteine presenti nelle nostre cellule che regolano la proliferazione cellulare, il metabolismo energetico, il riparo del dna e la difesa dall’infiammazione; potere antiossidante lo ha anche la vitamina E, contenuta sempre nell’olio evo.

E quando capita di mangiare pesante, con la conseguenza di un blocco digestivo, per superare l’impasse e sbloccare il sistema, Sara Farnetti propone addirittura l’alimento vietato per eccellenza, il sogno di tutti i bambini: le patatine fritte, ritenute tra gli alimenti maggiormente responsabili dell’esposizione all’acrilammide. Questa sostanza si forma naturalmente nei prodotti amidacei durante la cottura ad alte temperature (frittura, cottura al forno e alla griglia e anche lavorazioni industriali a più di 120° con scarsa umidità) in seguito alla reazione di Maillard, e genera l’abbrustolimento che lo rende più gustoso ma quell’aspetto “bruciacchiato” in realtà fa male. Preparate in un certo modo però le patate fritte possono accelerare le funzioni del fegato. Gli accorgimenti suggeriti dalla specialista sono di tagliarle a bastoncino lasciando la buccia, con olio extra vergine d’oliva, che ha un punto di fumo elevato, e controllare il colore che deve essere chiaro. L’acrilammide si crea se l’alimento brucia: non è un problema dell’olio bensì della cottura; quando il punto di fumo viene superato si genera acroleina, particolarmente dannosa per il fegato (quando questo accade, si forma il fumo). Puntualizza la dottoressa: “L’olio di qualità, così come ce lo dona la natura, con un punto di fumo a 200 gradi, senza dover ricorrere agli oli raffinati, consente invece di creare un farmaco in cucina”.

Attivatore della bile – il liquido verde emesso dal fegato per digerire e assorbire i grassi e per eliminare i prodotti di degradazione dell’emoglobina – è un ormone, la colecistochinina, secreto in presenza soprattutto di amminoacidi liberi e, più generalmente, del pasto grasso o proteico: i grassi che mangiamo rendono difficile l’escreto biliare. Ogni pasto andrebbe infatti considerato come un processo ormonale. Attivata la bile, entra nell’intestino e seleziona i batteri; per gestirla bisogna cambiare lo stile in cucina e cucinando in padella con olio extra vergine selezioniamo i batteri buoni.

Per il corpo si è sostenibili se non lo si porta ad ammalarsi. Considerare quindi anche la biodisponibilità, capacità dell’organismo di riconoscere i principi attivi presenti in una pianta, determinata dal fitocomplesso ossia l’insieme dei componenti chimici: il nostro corpo sa riconoscere meno gli integratori; i principi attivi singoli inoltre possono essere meno efficaci rispetto all’insieme complessivo.

“La malattia è funzionare meno, oppure sentirsi infelici, o sintomi quali crampi e prurito; se c’è un ormone che dobbiamo controllare è l’insulina. Senza non si vive, mangiando male ne attiviamo troppa, il cervello diventa resistente e inizia la malattia”. Il noto ormone insulina, prodotto dal pancreas, regola il metabolismo del glucosio; il compito principale è ridurne la concentrazione nel sangue. Chi ha bisogno di non introdurre troppi zuccheri potrebbe quindi lessare 80 g di pasta al dente e mantecarla nella padella, nell’olio caldo: si assorbono meno zuccheri (ossia carboidrati), utile in caso di sindrome metabolica, altrimenti detta da insulino-resistenza. L’olio evo favorisce la liberazione dell’ormone GLP-1 (lo stesso che molti si iniettano per dimagrire) che agisce a livello del pancreas, dove stimola la secrezione di insulina che, a sua volta, permetterà alle nostre cellule di utilizzare gli zuccheri assunti con il pasto. Inoltre, il GLP-1, insieme al GIP, agisce anche sul cervello, dove modifica l’attività nervosa di neuroni deputati al controllo della fame e della sazietà. L’olio innesca la reazione, produce insulina e fa passare la fame. “Un grasso sano è cruciale per dialogare con i nostri organi: se uso extra vergine quindi ho meno fame e meno insulina. La fame è un sintomo purtroppo di squilibrio, il fegato lavora, libera la bile e attiva l’insulina”.

Ancora, un’intolleranza al nichel indica incapacità di eliminare questo metallo e, più in generale, la difficoltà nella produzione della funzione biliare o un flusso biliare non adeguato. Migliorarlo o attivare la funzione epatica si può, anche grazie all’olio evo. La bile viene aiutata dalla cottura in olio extra vergine, cosa che però purtroppo non risulterà poi così efficace se si consumano cibi di terza e quarta gamma che contengono olio di semi.

Osserva in conclusione Sara Farnetti: “Paradossalmente si ha paura più dell’olio che del cibo pronto. La gestione del cibo può far guadagnare di nuovo in salute. Guardiamo gli allarmi, ad esempio il prurito”, senza demonizzare l’olio extra vergine, un grasso buono fondamentale per la nostra salute.

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