Gastronomia
L'olio extravergine di oliva Dop per l'alta cucina

E’ indispensabile per poter parlare di abbinamenti, conoscere, definire e classificare le tre grandi categorie di oli extravergini di oliva: oli dal fruttato leggero, oli dal fruttato medio e oli dal fruttato intenso
01 agosto 2025 | 11:00 | Giulio Scatolini
Molti sono gli uomini che sanno bere e mangiare;
pochi quelli che conoscono il gusto. (Confucio).
Scrive Allen S. Weiss nel suo “Come cucinare la Fenice”, edito da Marsilio: “Mangiar bene è amare. Mangiar bene è comprendere. Mangiar bene è sognare.
Il pensiero sulla cucina oscilla tra due estremi, tra due definizioni del gusto: il gusto soggettivo ispirato dal solipsismo, il narcisismo, l’immaginazione e il gusto collettivo organizzato dalla seduzione, la mitologia, la tradizione.
Il sapere gastronomico dipende dalla mescolanza dinamica e spesso ambigua di queste due polarità – ciò che Immanuel Kant ha definito paradossalmente, l’universalità soggettiva. Questa saggezza golosa è sempre complessa ma non incomunicabile”.
Il concetto dell’abbinamento, e in particolare quello degli oli DOP italiani con i grandi piatti, nasce da queste considerazioni che hanno come punto di partenza il seguente assioma: “il sapere accresce il piacere”.
Scendendo dal piano filosofico a quello pratico e rapportandolo appunto alla tematica degli oli, possiamo senza ombra di dubbio asserire che se vogliamo gustare al meglio un cibo, fondamentale è non solo l’abbinamento con un giusto vino, ma anche la qualità e l’intensità dell’olio extravergine d’oliva che usiamo per prepararlo e, soprattutto, per condirlo a crudo.
E’ indispensabile quindi, per poter parlare di abbinamenti, conoscere, definire e classificare le tre grandi categorie di oli extravergini di oliva: oli dal fruttato leggero, oli dal fruttato medio e oli dal fruttato intenso, precisando che anche all’interno di ciascuna di queste singole tipologie esistono delle differenze legate al fatto che in Italia vegetano un numero elevatissimo di varietà d’olivo.
Punto di partenza è la definizione corretta del termine fruttato.
Per fruttato intendiamo non solo la sensazione olfattiva, ma il suo insieme con quella gustativa, che ricorda l’odore e il sapore dell’oliva fresca appena franta.
I fruttati leggeri sono generalmente dati o da olive la cui maturazione è omogenea e anticipata o da olive in cui posticipiamo i tempi di raccolta. Nel primo caso possiamo portare l’esempio del Leccino, varietà presente su tutto il territorio nazionale, la cui maturazione avviene in modo omogeneo e precoce (mese di ottobre). Varietà affini sono Melella e Pisciottana nelle DOP campane, Dolce Agogia e San Felice per la DOP Umbria, Dolce di Rossano e Grossa di Gerace per le DOP calabresi, Moresca e Biancolilla per le DOP siciliane, Ogliarola Salentina per le DOP pugliesi.
Esempio “classico tra i classici” di olio con fruttato dolce è la DOP Liguria costituita da raccolta leggermente posticipata della varietà Taggiasca.
I fruttati medi vengono invece ottenuti da olive raccolte al giusto grado di maturazione a base prevalente di Frantoio e Moraiolo per la DOP Umbria e le DOP toscane (Siena e Chianti Classico), da Rotondella e da Minucciola per le DOP campane, da Cassanese e Ottobratica per le DOP calabresi, da Cerasuola e Ogliarola Messinese per le DOP siciliane, da Peranzana per le DOP pugliesi.
Infine, oli dal fruttato intenso, sono costituiti prevalentemente da cultivar consone e raccolte con leggero anticipo rispetto ai canoni classici della maturazione quali Nocellara del Belice e Tonda Iblea per le DOP siciliane, da Bosana per la DOP Sardegna, da Carolea e da Tondina per le DOP calabresi, da Ravece e l’Ortice per le DOP campane, da Itrana per le DOP laziali, da Coratina per le DOP pugliesi.
Volendo ora dare delle indicazioni di massima, definiamo quali sono gli abbinamenti ideali con il cibo, considerando le tre varie intensità del fruttato degli oli DOP.
Gli oli DOP dal fruttato leggero, ossia gli oli dolci, dal sottile e delicato profumo, sono ideali per pesci bolliti e fritti, insalate dal frutto delicato, maionese, verdure all’agro.
Gli oli DOP dal fruttato medio, ossia oli saporiti, fragranti e freschi danno il meglio di se su minestre di verdura, pesci grigliati al forno, carni al pomodoro, frittura e soffritti di carni bianche, creme di legumi, verdure lesse ( spinaci e zucchine), melanzane alla griglia, finocchi crudi, ceci bolliti, insalate di campo, fagiolini ed asparagi all’agro.
Infine gli oli DOP dal fruttato intenso, flavour caratteristico di quelli ottenuti da olive verdi appena frante, aventi spiccata personalità organolettica, sono ideali per zuppe di cereali dal gusto deciso, carciofi crudi, carni rosse alla griglia, bolliti di manzo, minestre di ceci e fagioli.
In altre parole mentre negli abbinamenti vino-cibo si può applicare la teoria del contrasto (o della divergenza), negli abbinamenti olio-cibo applicheremo la teoria dell’armonia (o della convergenza).
Il flavour dell’olio non dovrà mai coprire il sapore del piatto, né il sapore del piatto annullare quello dell’olio.
Questa particolare attenzione dovranno averla, in ogni caso, gli chef della cosiddetta “cucina creativa”, ossia della “nuova cucina” soggetta ad invenzioni e sperimentazioni. Per “i grandi cuochi della tradizione del territorio”, invece l’indicazione è molto facile: utilizzare le DOP locali che sono frutto di selezioni secolari che tengono conto dei giusti abbinamenti olio-cibo-territorio.
Ecco alcuni esempi.
Nel caso della Liguria, quale olio si abbina meglio alla cucina di mare se non quello della DOP Liguria, dove attrice principale è “la dolce Taggiasca”?
E per i profumati e preziosi cibi siciliani quali oli DOP da utilizzare se non quelli a base di Nocellara del Belice e Tonda Iblea?
E per un primo di spaghetti con acciughe di Cetara il meglio non è forse utilizzare gli oli DOP della Penisola Sorrentina ricchi di sentori di rosmarino?
Insomma, secoli di cultura materiale del cibo hanno selezionato i prodotti del territorio che meglio si integrano e si abbinano tra di loro. Basterà rispettare questa semplice regola per realizzare in modo corretto e dignitoso la cucina locale.
Facciamo ora anche alcune riflessioni sulla frittura all’olio extravergine di oliva.
Contrariamente a quello che si crede comunemente, l’olio più adatto alle fritture è quello extravergine d’oliva.
Esso resiste (non si degrada) alle alte temperature molto più a lungo di qualsiasi altro tipo di olio.
Affinché non sovrasti troppo il sapore dei cibi, è meglio, tuttavia, scegliere un olio extravergine non freschissimo, dal gusto non spiccatamente fruttato. Si comprende quindi che parliamo di un olio che ha diversi mesi di vita e di certo non trattasi di olio nuovo appena uscito dal frantoio. Questo avrebbe una nota organolettica così elevata che coprirebbe tutti i sapori e in modo particolare le sfumature del piatto in questione.
L’olio per la frittura deve essere sempre abbondante; gli alimenti vi dovrebbero galleggiare, in modo da ottenere una doratura uniforme. Perché l’alimento non assorba olio, la temperatura dell’olio stesso deve essere piuttosto elevata. Si friggono ad alta temperatura (180°) i pesci piccolissimi, le crocchette confezionate con alimenti già cotti, i gamberetti, i piccoli fritti vegetali e gli alimenti surgelati.
Hanno bisogno di una temperatura meno elevata (160°-170°) tutti i dolci, la carne impanata e i fritti vegetali di medie dimensioni.
La temperatura scende ancora un po’ (150°) per il pollo e il coniglio tagliati a grossi pezzi, i pesci di grossa taglia e per tutti gli alimenti che richiedono una cottura prolungata.
Concludendo, l’olio extravergine di oliva non è mai neutro; esso può esaltare il piatto se trattasi di olio buono, al contrario, peggiorarlo se è difettoso. Basterà quindi, per avere grandi piatti, utilizzare oli DOP che garantiscono la qualità e tipicizzano la cucina e il territorio.
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