Gastronomia
La tradizione delle uova nella settimana di Pasqua

Dalla colazione con uova sode o torta pasqualina al centro nord fino al casatiello campano o i cuddura cull'ova siciliani, che le giovani donne usavano regalare ai fidanzati nel giorno della Resurrezione
25 marzo 2024 | C. S.
A Pasqua non possono mancare le uova sulle tavole degli italiani, e non solo quelle di cioccolato.
Nella Settimana Santa è stimato da Unaitalia un consumo di circa 6 uova pro capite per un valore pari a 130 milioni di euro.
Le tradizioni pasquali con le uova in Italia
Tante le tradizioni pasquali da Nord a Sud della Penisola: una delle più popolari, soprattutto nelle regioni centrali, è quella della colazione. A tavola regna indiscusso l’uovo, icona planetaria della Pasqua che simboleggia la vita che ricomincia nelle antiche culture come nel cristianesimo. Dalla Torta Pasqualina ligure alla crescia umbra, dal classico uovo sodo laziale abbinato con la torta al formaggio fino ai “piconi” e frittata al mentastro marchigiane, la Pasqua è l’occasione per cimentarsi in un viaggio tra le preparazioni regionali che a suon di forchetta rompono il severo digiuno della Quaresima, decretando ufficialmente l’inizio della primavera.
Tra le torte salate, immancabile sulla tavola ligure è la torta pasqualina: trentatré le sfoglie della ricetta originale in omaggio agli anni di Cristo, farcite con uova, bietole fresche e ricotta. Protagonista assoluta della colazione umbra è invece la crescia al formaggio: grande lievitato soffice e saporito con parmigiano o pecorino, molto consumata nell'Italia centrale, il cui termine dialettale (crescia) deriva dal rigonfiamento dell’impasto durante la sua lavorazione e cottura. Specialità tipica della tradizione contadina, la crescia è nata nei monasteri medioevali, come testimoniano gli antichi ricettari de “La cucina delle monache” di Tommaso Lucchetti. Nell’impasto erano presenti ben 40 uova, a simboleggiare i giorni di Quaresima. A Roma e nel Lazio, la colazione pasquale è invece un vero e proprio rito che ha come pilastro uova sode - condite con sale, pepe e olio - accompagnate da corallina e torta salata. Nella tavola marchigiana, invece, non c’è colazione pasquale senza la frittata al mentastro, una varietà di menta selvatica tipica della campagna marchigiana conosciuta sin dal Rinascimento. Immancabili sulle tavole pasquali (soprattutto nella provincia di Ascoli Piceno) sono i “piconi”, dei ravioli cotti al forno, ripieni di uova e formaggio.
Scendendo lo Stivale immancabile il casatiello con le sue uova ingabbiate da strisce di impasto a forma di croce. Il ripieno di quello salato è a base di formaggi vari, ma non mancano varianti che contengono anche l’uovo sodo. Sebbene molti attribuiscano la sua origine all’epoca romana per la sua base di formaggio (caseus in latino e casa in dialetto napoletano) altri attribuiscono la sua nascita temporale nel Seicento, tanto da essere citato ne “La Gatta Cenerentola”, opera di Giambattista Basile che descrive i festeggiamenti del re per trovare la fanciulla che aveva perso la scarpetta.
In Sicilia regnano le forme con i “Cuddura cull'ova”, tipico dolce dell’isola di derivazione ortodossa, farciti con un numero variabile, ma sempre dispari, di uova col guscio, che le giovani donne usavano regalare ai fidanzati nel giorno della Resurrezione. Le forme variano in base alla tradizione familiare o locale: si va dal "campanaru" (campanile) al "panarieddu" (a cestino) che augura abbondanza, dal "gadduzzu" (galletto o colomba) per i maschi alla "pupa" (bambola) per le ragazze, fino al “cuore” per i propri amati. Analoga tradizione del dono si trova in Sardegna, dove il “Coccoi pintau” - un pane a pasta dura fatto a mano e di diverse forme - veniva regalato agli sposi per le nozze. Il “coccoi con s’ou” (pane con uovo incastonato) è simbolo della Pasqua sarda e il pane in alcune località dell’isola funge anche da “calendario”: tre settimane prima di Pasqua si confeziona su Pisci, il pesce; a due settimane prima si regala su Lazzaru (Lazzaro) mentre per la Domenica delle Palme si regala sa pramma (la palma), a forma appunto di palma.
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