Formazione

C’è bisogno di nuovi oleologi, ma l’Italia non comprende

Inaugurato il Master in “Olivicoltura e olio di qualità” all’Università di Pisa. Prendono il via i corsi, ma l'attività di formazione sembra non interessare il comparto oleario

17 gennaio 2009 | Luigi Caricato



Questa non è cronaca, ma una riflessione a voce alta.
Il corso di specializzazione in “Olivicoltura e Olio di qualità”, organizzato dalla più antica Facoltà di Agraria al mondo, quella dell’Università di Pisa, ha avuto il fatidico virtuale taglio del nastro lo scorso martedi 13 gennaio.

Io ero tra il pubblico presente. Ero lì con grande gioia, giunto appositamente da Milano, pur di essere a Pisa, per un impegno di formazione che ritengo ragguardevole.

La prestigiosa aula magna dell’ateneo non era però gremita, come si vorrebbe in certe occasioni. Non è una colpa degli organizzatori, beninteso, ma una scarsa sensibilità di chi non crede che è proprio a partire dalla formazione ch’è possibile imprimere una svolta a un settore che langue e si sta lentamente liquefacendo.

In aula magna erano presenti gli studenti iscritti a un Master di cui andare fieri, giunto quest’anno alla sua quarta edizione.
E c’era, ovviamente, al loro fianco, un variegato nucleo di addetti ai lavori. Mancavano tuttavia i giornalisti della stampa specializzata, tranne che i miei occhi non siano riusciti a inquadrarli bene – tutto è possibile, d’altronde. E mi sembra che mancassero anche i rappresentanti dell’associazionismo di categoria. Sì, ce n’era qualcuno, è vero, ma credo che fossero lì più in una veste privata, di addetti ai lavori, che pubblica.

Ora, queste mie amare annotazioni mi vengono spontanee, fluide come l’olio - perché io al Master di cui è direttore il bravo e volenteroso professor Riccardo Gucci, ci credo moltissimo. Eppure resto attonito, completamente sbalestrato quando scopro che gli studenti iscritti al corso sono soltanto 10 su un totale di 25 posti disponibili! Che poi in realtà sono 5 gli studenti con possesso di laurea e 5 invece gli iscritti ai vari moduli aperti ai non laureati.
“Otto anni fa – ha precisato il professor Gucci – non ci avrei scommesso di giungere oggi alla quarta edizione del Master”. In effetti, a parte il Master di Perugia, gli altri che comprendevano una formazione che spaziasse dall’olivicoltura all’elaiotecnica non hanno resistito. Pur nella esiguità degli iscritti, c’è ancora la speranza per il futuro. Però, credetemi, è avvilente scoprire la scarsa sensibilità di chi potenzialmente poteva puntare su una formazione così accurata, che comprende anche prove in laboratorio e un approccio con l’analisi sensoriale, senza nemmeno trascurare materia come il marketing e la comunicazione. Eppure, i pochi iscritti fanno sperare in un futuro diverso.
“Il Master – si legge nel testo di presentazione - intende preparare e aggiornare tecnici e professionisti specializzati per la filiera olivicolo-olearia, attraverso un percorso formativo innovativo che tenga conto delle profonde trasformazioni che l'olivicoltura e l'elaiotecnica stanno attraversando e che offra dei contenuti reali sia dal punto di vista scientifico che dell'esperienza professionale”.

L’impegno economico non è indifferente, come è giusto che sia, visto che la formazione deve necessariamente avere un prezzo.
Il costo del Master è stato fissato infatti in tre mila euro. E di questo mostra ampia soddisfazione il professor Gucci: “E’ un’iniziativa che vive sul mercato”, dice. E aggiunge: “La nostra è nata in contemporanea con il Master di Perugia, e sono ora le due iniziative che sono rimaste in piedi, attive con le proprie gambe, rispetto a quelle di altre istituzioni analoghe”.
Onore al merito. Anche se l’Italia è un Paese sordo e muto, che non ascolta e non risponde alle sollecitazioni esterne, qualcosa ancora resiste. Il nostro è un Paese di poveri cristi che si lamentano ma non hanno il coraggio di aggiornarsi e nemmeno dimostrano la forza di credere nella formazione.

In apertura, il professor Filiberto Loreti ha giustamente annunciato che iniziative simili sono molto importanti, seppure operative “in un momento di grandi difficoltà per le aziende olearie, purtroppo”; ma d’altra parte l’interesse verso l’olivicoltura è solo recente, dieci anni fa non era pensabile una formazione così specialistica.

E’ in ogni caso ottimista il professor Gianfranco Montedoro, presidente dell’Accademia dell’olivo: “Formare tecnici ad alto livello è uno dei compiti fondamentali”, ha detto. “Tutto andrebbe valorizzato, l’olivo come l’oliveto, e finanche le foglioline o lo stesso paesaggio”. Montedoro è ottimista, lo sono tutti, ma non perché presentano la quarta edizione del Master e allora occorre vedere positivo per forza. lo sono perché guardando al passato abbiamo effettivamente compiuto passi da gigante. Si fa per dire, è la Spagna in verità ad avere avuto la forza di scommettere sull’olivo. Noi siamo più avanti semplicemnte perché in passato eravamo molto indietro, tutto qui.

La prolusione è stata affidata al professor Francesco Visioli, il quale è ordinario di Fisiopatologia all’Université Pierre et Marie Curie di Parigi (link esterno), e che, spiazzando abilmente il pubblico, ha fatto capire come spesso ci si affida a “troppe affermazioni scientificamente poco attendibili”, puntando a tessere ampi elogi sulle virtù salutistiche degli oli di oliva senza averne la piena consapevolezza di come stiano effettivamente le cose. Gli oli extra vergini di oliva fanno sicuramente bene alla salute, ma da qui a ritenerli un toccasana in grado di curare e guarire ce ne vuole. E mette in guardia i paladini degli oli di oliva: Non è l’acido oleico il vero responsabile delle tanto decantate proprietà salutistiche. L’oleico è utile ma non essenziale, anche perché il nostro organismo lo può sintetizzare da sé, in caso di carenza”. E mentre il pubblico restava un po’ sconcertato, Visioli ha tenuto a precisare che occorre andare oltre molti luoghi comuni, e, di conseguenza, occorre anche adeguare la comunicazione intorno all’olio di oliva, scrostandola di certi giudizi già preconfezionati e da certi atteggiamenti trionfalistici.

Sarà pronto il nostro Paese a misurarsi con il mondo della conoscenza? Da certa pigrizia intellettuale non si direbbe. I dieci studenti iscritti al master sono davvero pochi, segno che l’Italia non ha proprio voglia di andare avanti. L’assenza delle organizzazioni di categoria nemmeno giova. Al di là ovviamente dell’Associazione produttori olivicoli toscani, e dell’Unione provinciale degli agricoltori di Pisa, che insieme con altre realtà hanno fattivamente collaborato alla realizzazione del Master, c’è un silenzio che raggela. E proprio per questo è giusto segnalare gli altri, eroci che ci hanno creduto: Pieralisi, Alfa Laval, Sagra, Carapelli, Netafim, Toscana enologica Mori, Terre dell’Etruria, Badia di Morrona, oltre a Camera di Commercio di Grosseto e al Comune di Suvereto. L’Italia olivicola che ci crede non ha un respiro corale. Si va avanti a fatica, grazie agli uomini di buona volontà. Non c’è, insomma, un grande futuro alle porte per il nostro Paese. Si fa quel che si può, con tanta passione, finché si resiste. Nemmeno c’è l’orgoglio di dire “ricominciamo”. E dei gruppi di potere che finora si sono spartiti la torta neanche l’ombra. Così va l’Italia.



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