Formazione

Vignolini: per i 25 anni di Onaoo, si punta a rafforzare il ramo internazionale

Il direttore dell’Organizzazione nazionale assaggiatori oli di oliva racconta le esperienze del suo gruppo all’estero. Grande interesse dal Giappone, ma anche da Turchia e Marocco

26 aprile 2008 | Luigi Caricato

Onaoo quest’anno onora il suo venticinquennale con l’orgoglio di essere la prima organizzazione di assaggiatori in Italia, la più antica che ha fatto storia, quella da cui sono poi scaturite le altre.

Un motivo d’orgoglio, Vignolini?
Sì, indubbiamente, ne siamo profondamente orgogliosi. Nella seconda metà del 2008 festeggeremo ufficialmente i nostri venticinque anni di costante e fattiva presenza nello scenario non solo nazionale.

Già, perché la vostra area di intervento tocca anche altri Paesi, la Spagna in primis…
Infatti, in Spagna siamo presenti ormai da tempo; e i nostri impegni, non solo quelli recenti, rimandano anche ad altri Paesi dell’Unione europea, con puntate per ora anche in altri continenti.



Per esempio in Giappone…
Esattamente. Tutto è nato da una loro esigenza, quella di capire l’olio extra vergine di oliva, così da farlo conoscere in maniera più dettagliata e precisa nel Sol Levante. All’inizio non nascondo che ci sia stata qualche comprensibile difficoltà, soprattutto nel capire le loro diverse richieste.

Non è stato facile…
Non è stato facile, ma la tentazione di lasciare è stata subito superata brillantemente, tanta era forte la motivazione che muoveva in particolare chi ci ha contattato.

Con quali risultati?
Più che soddisfacenti. L’impatto è stato molto bello, a Tokio si è instaurato infatti un rapporto di forte condivisione culturale, oltre che un ottimo sodalizio umano. Tale atteggiamento, che ho potuto verificare personalmente con mano, era più che evidente e palpabile nella realtà dei fatti. Un ottimo risultato che ha fatto ribaltare l’incertezza iniziale.

Quindi ora si prefigura un Onaoo in versione nipponica…
Sì, è così. Ciò che sorprende tra l’altro è la vicinanza con un popolo così lontano, e in particolare affascina la piena condivisione sull’idea che si ha del prodotto olio extra vergine di oliva, oltre che sul concetto di sana e corretta alimentazione. Un’attenzione senza dubbio maggior rispetto a quella espressa e manifestata da altre popolazioni a noi più vicine.



Non è dunque giusta l’accusa di chi giudica molto frettolosamente i giapponesi come dei copioni pronti a fotocopiare la realtà che vedono altrove e di riprodurla tal quale…
Direi di no, senza alcuna esitazione. Siamo portati a dire che i giapponesi vengono da noi per replicare un modello, in realtà essi hanno la capacità di entrare nel vivo della realtà e di approfondirla. In loro c’è più umiltà nell’accogliere l’olio, pur non appartenendo il prodotto alla loro cultura. Hanno assunto molto bene la capacità di selezionare l’olio extra vergine di oliva proprio perché si concentrano più di noi e si applicano con dedizione.

Cosa hanno di così particolare?
Dopo due, tre assaggi sono già in grado di riconoscere ciò ch’è stato loro insegnato. Tutto parte dalla mente, l’applicazione è tale da garantire il massimo risultato. Non è una questione di organi di senso, ma di giusto approccio mentale.

E l’utilizzo dell’olio extra vergine di oliva nella loro alimentazione? E’ una forzatura?
No, non lo è. Pesce, verdure e zuppe si prestano molto bene ad essere condite con l’olio extra vergine di oliva. La loro è una cucina di notevole complessità. Trovo dunque che per l’olio ci sia un grande spazio per soddisfazioni importanti.



Altre sensazioni che ha percepito?
Ho notato che prima vengono i rapporti umani, e solo in un secondo momento seguono i rapporti commerciali. E, oltretutto, una volta iniziato bene, il rapporto può avere benissimo una lunga durata.

L’ultima esperienza in giappone?
Lo scorso novembre. Sei giorni di corso, dal mattino alla sera. Ventidue persone coinvolte, di diversa estrazione: chef e giornalisti in particolare, ma anche, e direi perfino, un produttore di olive.

Già, perché nel loro piccolo sono anche olivicoltori…
Le olive da mensa giapponesi sono eccellenti, l’olio non saprei, non ho avuto occasione di provarlo.

Avrà un seguito tutto ciò?
Le persone che abbiamo formato a loro volta organizzeranno corsi divulgativi in loco. Noi forniremo loro un percorso didattico, ma forniremo anche l’olio con le descrizioni del profilo, con l’indicazione della provenienza e quant’altro, così da avviare un’attività di divulgazione ben strutturata.



C’è un punto di riferimento in Giappone?
Sì, l’Accademia du vin. E’ stato un inglese a istituire tale organismo, con il proposito di favorire la cultura del vino e l’assaggio. E così, dal vino all’olio, il passaggio è stato breve. Quest’apertura ha segnato l’inizio della collaborazione. Loro hanno manifestato un grande amore per l’Italia, tocca noi dare loro fiducia.

Onaoo international non è solo Spagna, Francia, Giappone. L’apertura è verso tutti i Paesi….
E’ questo il nostro obiettivo. Per ora abbiamo già avviato un’apertura importante in Turchia, con otto giorni di corso, due corsi tecnici, per un totale di ottanta persone. Corsi organizzati e voluti dalla Borsa di Aydin, sotto Smirne. Corsi rivolti totalmente ai produttori, a parte qualche chimico e responsabile di laboratorio. Si è trattato di un approccio molto diverso rispetto al Giappone. In Turchia producono poco e consumano poco, e il poco che producono molto è destinato per l’auto consumo, mentre il resto è destinato all’export. Questo è lo stato della realtà. A ben guardare cresce in generale la qualità, anche se ci sono grandi cose da fare.

L’apporto di Onaoo dovrebbe essere alquanto utile in questa direzione…
Credo proprio di sì, da parte dei turchi c’è stata una buona accoglienza, con grandi aspettative nei nostri confronti. Loro sperano di trovare un orientamento su cosa e come produrre. Molte varietà locali sono interessanti e da valorizzare. Vogliono tra l’altro fare dei concorsi, ci tengono molto.

Perché si sono rivolti all’Italia?
Con i greci, nonostante siano i loro diretti vicini, hanno un rapporto controverso, piuttosto complesso, non facile.

E il rapporto con noi italiani?
Hanno grande rispetto per ciò che sappiamo fare e per la nostra storia, ma soprattutto per la nostra abilità commerciale. Non a caso L’olio di oliva viene ancora chiamato merceologicamente “olio riviera”, intendendo con ciò quello prodotto nella Riviera Ligure, giacché in passato si diceva olio di tipo riviera, in virtù dell’importanza e della centralità che aveva un tempo la capacità di espressione olearia dell’area imperiese.

Non solo Turchia, anche Marocco…
Sì, anche in Marocco abbiamo dato il nostro contributo. Noi organizziamo viaggi per verificare ciò che avviene all’estero. Contenti di quel che abbiamo visto quattro anni fa, è nato con uno spirito propositivo il legame con il Marocco. Abbiamo trovato delle potenzialità notevoli, con aziende capaci di coprire abilmente la parte agricola, dell’estrazione e del confezionamento. Il Marocco è un Paese che ha molta voglia di fare e c’è anche una volontà politica che favorisce tale intenzione.

Insomma, Onaoo international è già una realtà…
Quando nel prossimo autunno festeggeremo il nostro venticinquennale emergeranno importanti novità. L’Onaoo ha mantenuto fede alle promesse dei fondatori: essere una realtà di riferimento, nel nome dell’olio extra vergine di oliva di qualità. Abbiamo lavorato sodo, ogni spazio acquisito è ampiamente meritato. Siamo soddisfatti.

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