Cultura

Un sito megalitico per la coltivazione della vite

Varchignoli, situato nell'alto Piemonte, costituisce un’affascinante testimonianza a conferma delle capacità tecniche di un popolo nell’era di passaggio tra l’età del bronzo e quella del ferro

25 aprile 2009 | Daniele Bordoni, Silvia Ruggieri



Il Piemonte è sempre stato terra di vigneti, in particolare le aree del Monferrato e delle Langhe ne costituiscono le aree principali e più conosciute, ma la vite e di conseguenza il vino sono patrimonio dell’intera cultura del nostro Paese e si possono trovare anche in angoli poco conosciuti. Talvolta, come nel nostro caso, si riscontrano tracce di tempi molto antichi nei quali non si sospettava esistessero delle colture vitivinicole così bene organizzate e così lontane nel tempo.

L’area di Varchignoli è in sostanza una parte della collina che sovrasta il Comune di Villadossola, borgo centrale della Valle Ossola all’imboccatura della Valle Antrona, di cui costituisce il punto di riferimento principale. Una parte dell’area rientra anche nel Comune di Montescheno, piccolo borgo della Valle Antrona.

Che la coltivazione della vite fosse una tradizione antica nell’area è testimoniato da un’ antica pergamena risalente al XIV secolo in cui si menzione del commercio di vino, indicandone in Prunent il nome del vitigno originale. Tale vitigno, clone del Nebbiolo, può quindi vantare un’origine storicamente documentata ancora più antica di ben più famosi vitigni piemontesi. Ancora oggi tale vitigno e di conseguenza il vino che ne deriva continuano ad essere prodotti, anche se in esigue quantità da parte di appassionati viticoltori locali.

Stiamo però parlando di tempi pressoché moderni o comunque epoche storiche, ma l’origine del sito di Varchignoli può essere fatta risalire al XIII secolo a. C., nel periodo a cavallo tra l’era del bronzo e quella del ferro. Non tutte le popolazioni erano insediate e coltivavano regolarmente campi e tanto meno vigneti. Già qui si tratta di qualcosa di poco comune, ma la straordinarietà sta nella capacità progettuale.

Per la creazione di questo sito di coltura della vite fu dapprima costruito sul declivio della collina, una canalizzazione completa che doveva servire al drenaggio delle acque. Successivamente la zona fu coperta di terra e furono approntati i terrazzamenti, sostenuti con muri di pietra a secco, connessi con scale scavate nella pietra. Furono inoltre create camere e depositi, sia scavando nella pietra che costruendo con muri a secco. Infine vi sono tracce regolari ed equidistanti di buche nelle pietre che dovevano servire al sostegno dei pali in legno che costituivano le spalle dei filari delle vigne.

Per rendere l’idea dell’efficienza del sistema bastino due sole annotazioni: la prima è che il drenaggio funziona ancora molto bene, impedendo all’acqua di stagnare nelle zone coltivate, ma confluendo verso il basso attraverso apposite canalizzazioni e uscendo infine ai piedi della collina. La seconda è che nell’area ci sono tuttora coltivazioni di vite che testimoniano come la posizione e l’esposizione fossero state scelte con cura. Nonostante il clima non ideale il vino continua ad essere prodotto in Ossola, anche se in modeste quantità.

Purtroppo la capacità progettuale e la visione del futuro che i primi popoli insediati stabilmente in queste aree possedevano è andata persa, come testimoniano le chiusure e le difficoltà di progettazione e di lavoro comune, che sono l’attuale limite di queste aree e di molte altre realtà alpine.



Il Fai, Fondo per l’Ambiente Italiano, Delegazione del Verbano Cusio Ossola, si è riproposto un progetto di valorizzazione del territorio, che passi per questo sito, su cui, per usare l’espressione coniata dal Fai stesso, si intende “Accendere i riflettori”. In altre parole, si intende far conoscere, anche al di fuori delle realtà locali, per farne un punto di riferimento e uno stimolo sia per chi intenda approfondire lo studio di quest’area o di altre di epoche analoghe a breve distanza da questa, sia come motivo di ispirazione per ritrovare quella capacità di cooperare e di progettare che ancora manca.

Mercoledì 22 Aprile, il Fai delegazione del Verbano Cusio Ossola, ha organizzato una serata di presentazione del sito da parte degli studiosi che l’hanno esaminato a lungo e che ne hanno analizzato molti aspetti. Si tratta dell’Arch. Paolo Negri e del Sig. Aldo Banchini, i quali hanno illustrato il risultato dei loro studi e delle loro scoperte. La serata ha avuto luogo presso la Sala della Fondazione A. Rosmini di Domodossola al cospetto di una nutrita presenza di pubblico qualificato. Ci si augura che la presentazione abbia contribuito a dare il dovuto risalto a questa area straordinaria.

L’Italia, tutti lo sappiamo, è un Paese meraviglioso, ricco di arte, cultura, tradizioni e tesori nascosti. E’ anche tempo di valorizzare quei tesori celati un po’ dalla posizione e un po’ dall’abbondanza di elementi di grande valore artistico che ci circondano e tra cui siamo cresciuti. Quest’area non è contenibile in un museo e non ha il rilievo e la notorietà delle grandi aree archeologiche italiane, ma merita comunque un’attenzione maggiore e potrebbe essere il motivo di attrazione di studiosi, turisti curiosi e attenti, media specializzati che potrebbero offrire anche interessanti ricadute economiche sul territorio.

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