Cultura
Corno e bicorno , simboli di fortuna
Al di là della gestualità, della forma e dei materiali con cui è costituito, il corno fa riferimento ad un’antichissima simbologia legata al suo possesso da parte di alcuni animali sacri che impersonavano importanti divinità
28 febbraio 2025 | 18:00 | Giulio Scatolini
Sul finire dell’Ottocento, lo studioso inglese F. T. Elworthy (The horns of honour, London 1900) scriveva in un suo saggio sul malocchio” Un corno di uno o dell’altro materiale (oro, argento, ottone, corallo, madreperla) si può vedere appeso alla catena d’orologio di quasi ogni italiano … molti però lo portano nascosto”.
Scriveva anche che era usanza comune, nell’ambiente contadino, non solo italiano ma anche del suo e di altri Paesi, quella di appendere sulla porta della propria stalla un paio di corna bovine per proteggere il bestiame dalle insidie del malocchio. La funzione scaramantica del corno è quindi giunta fino ai nostri giorni sempre per i medesimi scopi: proteggere dall’invidia, allontanare il malocchio e più in generale tenere lontana la sfortuna …
Al di là della gestualità, della forma e dei materiali con cui è costituito, il corno fa infatti riferimento ad un’antichissima simbologia legata al suo possesso da parte di alcuni animali sacri che impersonavano importanti divinità. In generale, quindi, ad esso, fin dalle origini, viene associata eminenza, elevazione, ma anche potenza, forza e quindi feconda sessualità. Ricordiamo a tale proposito come le corna, nelle pitture rupestri del periodo glaciale, in Africa settentrionale, siano in relazione con animali forti come il bufalo selvatico, a cui veniva posto appunto fra le corna un disco solare segno di potenza divina e regalità.
Nell’antico Egitto anche la dea del cielo Hator, rappresentata con la testa di vacca, porta un disco solare fra le corna. In epoche successive il dio Ammone nell’oasi di Siwa fu rappresentato con corna d’ariete; da ciò presero nome gli ammoniti (corna d’Ammone), fossili con una forma a queste assai simile. Proprio per essere paragonato ad Ammone, Alessandro il Grande si fece rappresentare con le corna: ciò per evidenziare da una parte la sua potenza, dall’altra il suo genio: attributi che gli permetteranno di rimarcare la sua origine divina e di ipotizzare prosperità per tutto l’impero.
I guerrieri di molti paesi, in modo particolare i Galli, proprio in virtù di questa credenza sulla loro “forza inestinguibile” indossarono elmi cornuti. Anche alcuni costumi degli sciamani siberiani sono ornati con corna di ferro, a testimonianza che questa credenza che associa tali amuleti a forza fortuna e fecondità, è appunto radicata in tempi e luoghi diversi uni dagli altri.
La potenza delle corna non è solo perciò di ordine fisico-temporale, ma anche spirituale: le “corna” presenti sulle nella famosa statua di Mosè, scolpita da Michelangelo, rappresentano in realtà raggi luminosi che il patriarca dal viso dopo aver avuto un colloquio con Dio; dice infatti il libro dell’Esodo: “Quando Mosè scese dal Monte Sinai – con le Due Tavole – non sapeva che le pelle del suo viso era raggiante, poiché aveva conversato con Jahvè…”.
Troviamo ossia tutta una serie di simbologie e relativi riferimenti; il corno è, per esempio, l’immagine della luna nuova perché come dice G. Hentze nel libro “Miti e simboli lunari”: “E’ certo che il corno di bovide è diventato simbolo lunare perché ricorda un crescente; chiaramente, le doppie corna rappresentano due crescenti, cioè l’evoluzione astrale totale”. Le corna sono anche l’emblema della Magna Mater Divina (la Madre Terra), che fino alla scoperta del ferro veniva “fecondata” (arata) tramite appunto un corno. Esse caratterizzano quindi le “grandi divinità della fecondità” evocando il prestigio della forza vitale, della creazione periodicamente rinnovata, dalla vita inestinguibile. Il corno veniva anche usato come recipiente in cui bere durante i sacrifici. Ricordiamo come forte valenza simbolica anche “i corni da caccia” associati a S. Uberto, Sant’Osvaldo, Sant’Eustachio e per somiglianza semantica anche a San Cornelio. Pure il copricapo di piume degli Indiani d’America era spesso dotato, lateralmente, di un paio di corna di bufalo raschiate; tale ornamento regale veniva usato, come ci ricorda lo studioso George Catlin, “solo in determinate e rare circostanze (rito di fertilizzazione della terra e di abbondanza della caccia) … è permesso solo a coloro il cui coraggio è riconosciuto dall’intera tribù e cui e la cui voce in consiglio ha il peso di quella di un capo di primo rango”. Infine secondo la famosa psicanalista M. Buonaparte (Psicoanalisi e antropologia 1971) esiste un rapporto diretto tra il corno e il sesso maschile in quanto è del tutto spontaneo che l’inconscio umano, nell’utilizzare gli oggetti come simboli sessuali, veda “nel corno, possente attributo mascolino, un simbolo del fallo, donde tutta la forza promana”.
Tuttavia secondo altri eminenti studiosi, come già accennato nel mio recente articolo sempre su Teatro Naturale (ferro di cavallo), le corna possiedono queste potenti proprietà positive perché la loro natura è definita da un simbolismo addirittura ambivalente rappresentato da una parte, da un principio attivo e maschile dato dalla loro forma e dalla loro forza di penetrazione, dall’altro da un principio passivo e femminile definito dalla loro apertura a forma di lira e di ricettacolo; riunendo, senza contraddizioni, queste due entità si formerà un essere umano dotato di maturità, equilibrio e armonia interiore.
Il corno più famoso e ambito, specie nel mondo agricolo, resta in ogni caso “il corno dell’abbondanza” (o Cornucopia). Esso è sinonimo di fortuna e al tempo stesso simbolo di inesauribili doni dati all’uomo senza che questo abbia alcun merito: una sorta di “corno per bere” dal quale sgorgano, per il prescelto fortunato, frutti e altri doni preziosi e ristoratori.
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