Cultura
Peter Pan e l’animale donna
In una società destinata ad essere sempre più “vecchia”, la discrepanza tra uomini e donne maturi è particolarmente evidente. I primi assumono spesso comportamenti adolescenziali, anche con capelli bianchi e rughe, mentre le donne acquistano un fascino più sobrio sia nell’aspetto che negli atteggiamenti
10 novembre 2012 | Paola Cerana
In un bel libro intitolato “L’animale donna”, Desmond Morris offre un’interpretazione interessante a un aspetto particolarmente evidente della nostra epoca.
Mi riferisco al fatto che la nostra società, sempre più longeva, trabocca di persone mature che, nonostante l’età, si mantengono giovani e arzille tanto nel lavoro quanto nell’amore. E l’interpretazione scientifica di Morris completa e trascende le motivazioni legate ai traguardi della salute e del benessere sociale per scavare lontano, fino all’origine dell’uomo.
L’antropologo riassume che l’esuberanza giovanile manifesta durante la senilità – soprattutto quella maschile - sia eredità di quel fenomeno che i biologi chiamano “neotenia”. Si tratta di un meccanismo biologico presente in entrambi i sessi, per cui negli individui adulti di una specie permangono le caratteristiche morfologiche e fisiologiche tipiche delle forme giovanili. E questa tendenza a mantenere vive alcune peculiarità giovanili anche durante la maturità, non riguarda esclusivamente lo sviluppo anatomico ma anche quello psicologico. La neotenia diventa così anche un trucco evolutivo raffinato in millenni di trasformazioni che mescola fantasia, socialità e curiosità, equipaggiando gli esseri umani del desiderio di giocare e di divertirsi anche in età adulta.
Il gioco dei “grandi” è, infatti, una caratteristica squisitamente umana. Gli altri animali giocano solo finché sono cuccioli e perdono questo comportamento naturale via via che crescono, perché esso diventa superfluo alla sopravvivenza. Al contrario, gli esseri umani normalmente in salute amano giocare sempre, per tutta la vita, quasi fossero una specie a parte: quella di Peter Pan per eccellenza.
Naturalmente questa passione per il gioco muta espressione attraverso la cultura e si trasfigura in modi diversi, anche molto raffinati. L’arte, lo sport, la danza, la poetica, la musica, il teatro e l’erotismo - da un punto di vista strettamente evolutivo - sono tutte attività che contemplano le caratteristiche ancestrali del gioco. Gioco inteso come mescolanza di rischio, curiosità, inventiva, esplorazione, creatività, eccitazione e divertimento. Quindi, la neotenia psicologica sottesa a queste espressioni giocose della vita è uno di quei segreti che aiuta a mantenersi giovani il più a lungo possibile anche nello spirito, a dispetto dell’età anagrafica.
Ma perché questa caratteristica propria di entrambi i sessi è più esplicita negli uomini che nelle donne, soprattutto quando riguarda il desiderio erotico?
Anche questa differenza dipenderebbe dalla storia dell’evoluzione. Uomini e donne non hanno percorso il cammino evolutivo allo stesso ritmo e la neotenia ha inciso in maniera diversa sui due sessi, a seconda dei ruoli svolti nella società. Tra i nostri antenati, il rischio (caratteristica fondamentale del gioco) era indispensabile ai maschi per aver successo nella caccia e nella protezione della tribù. Al contrario, le femmine dovevano essere prudenti e conservatrici per non compromettere la natalità e la sicurezza della prole. E siccome l’istinto di correre rischi non è qualcosa di esclusivamente fisico ma anche mentale e psicologico, ne derivano differenze molto evidenti anche nei comportamenti slegati alla pura sopravvivenza ma piuttosto inerenti agli affetti, ai desideri e alle emozioni.
In una società destinata ad essere sempre più “vecchia”, questa discrepanza tra uomini e donne maturi è particolarmente evidente: gli uomini tornano spesso a comportarsi come adolescenti anche quando hanno i capelli bianchi e le rughe, mentre le donne acquistano un fascino più sobrio sia nell’aspetto che negli atteggiamenti. Ecco perché è facile assistere a gagliardi signori attempati che perdono la testa per fanciulle spesso acerbe, esorcizzando così l’ineluttabilità del tempo nelle fattezze della gioventù; mentre è decisamente più raro imbattersi in situazioni inverse.
Ogni storia è unica, ovviamente, e una spiegazione antropologica, seppur affascinante, non è sufficiente a districare tutti i nodi psicologici sottesi. Anche perché quando entrano in gioco i sentimenti, non è più solo un gioco! Così, gli esiti degli ardori senili possono essere tanto sublimi – come fu quello di Goethe che a 73 anni s’incapricciò della diciassettenne Ulrike struggendosi d’amore per lei nell’ “Elegia di Marienbad” - quanto patetici – come alcune mondane vicende ostentate senza alcuna poesia. In ogni caso, forse c’è poca differenza tra una fascinazione adolescenziale e una senile e questo dovrebbe far riflettere sull’unica cosa certamente immortale dopo millenni di evoluzione: la necessità di emozionarsi sempre attraverso le infinite variabili dell’amore e del desiderio.
Una breve digressione personale. L’argomento mi sta particolarmente a cuore e vorrei riparlarne, ispirata da una frase scritta proprio da Goethe: “Non si smorza comunque questo interiore fuoco! Morte e vita si danno orrendo assalto.” Ci tengo, innanzitutto perché ho la fortuna di avere alcuni affezionati amici che confermano questa straordinaria vitalità senile, mentale e sentimentale. E poi, perché io stessa sono nata da un padre ultrasessantenne che si innamorò perdutamente di una splendida ragazza di 25 anni più giovane di lui, mia madre. Quindi, in mezzo alle infinite contraddizioni che certe storie d’amorosi sensi possono alimentare, una parte di me ammirerà sempre le passioni senili vissute con reciproco rispetto. Mi auguro solo che certe emozioni tanto intense possano animare anche noi donne, nonostante la nostra minor dose di neotenia.
Anche di questo vorrei riparlare un giorno, tra tanti tantissimi anni, naturalmente accanto al mio aitante Peter Pan.

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Accedi o RegistratiPaola Cerana
10 novembre 2012 ore 13:48Grazie Federico!
Temo che il rischio di certi paradossi esistenziali possa facilmente proporsi in un'epoca neanche troppo futura.
In ogni caso, per un figlio è sempre un'incolmabile infelicità avere un genitore troppo adulto, perché lo vivrà inevitabilmente poco rispetto ai suoi bisogni e lo rimpiangerà per sempre.
federico callioni
10 novembre 2012 ore 11:00Articolo interessante (come sempre)!
Se posso permettermi di banalizzare il concetto, la ragione ultima del fenomeno descritto è che se tua madre avesse avuto 60+ anni e tuo padre 35, tu non avresti potuto nascere.
pablito cortazar
11 novembre 2012 ore 20:10mon dieu!la Pablita alle prese con le adolescenze protratte...si intuisce a prima vista la sua simpatia o preferenza su un concetto di neotenia estremamente positivo,non regressivo o stagnante seppur pregnante di immaturita' dinamica..cita Lapassade che ipotizza l'adolescenza protratta sulla base di esigenze evolutive(axolotl docet!) tende a sublimare l'amore a mo' di Peter Pan.. quantifica la neotenia a favore dei maschietti e poi alla fine si salva in corner concedendo (per fortuna!)la possibilita' che ogni storia e' unica..c'est vrai Pablita!mia madre x esempio e'stata una cavallerizza del rischio e mio padre un ragioniere mancato e la mia storia un mix di caos e caso alla ricerca di un filo che mi sfugge a pie' sospinto...mi piace quindi finire questo mio pastrocchio con Wisla Szymborska"ogni inizio infatti e' solo un seguito e il libro degli eventi e' sempre aperto a meta'"ciaooooooo