Cultura

Il piacere del risveglio

L’alba non è come il tramonto. L’alba è per pochi e sopraggiunge in punta di piedi, con la sua mistica verginale. I contadini, i primi veri filosofi, lo sanno bene

15 settembre 2012 | Paola Cerana

“L’alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d’un residuo di sogno e d’un principio di pensiero” ha scritto Victor Hugo. Chissà da quale inafferrabile sogno e indicibile pensiero è stato ispirato il grande scrittore che, con disarmante leggerezza, ha saputo cogliere il mistero del momento più fuggente della nostra giornata: quello del risveglio.

Non tutti si svegliano all’alba, è vero, ma chi ha avuto occasione almeno una volta di sorprendere la notte farsi giorno, sa quale tenera emozione infonde quest’effimero sciogliersi del tempo. Non è come il tramonto che, seppur anch’esso breve, anticipa e prolunga la sua manifestazione attraverso le mille sfumature del sole. E’ uno spettacolo che si dona a tutti, quello del tramonto, sfacciato e prorompente. Mentre l’alba è per pochi e sopraggiunge in punta di piedi, con la sua mistica verginale.

In ogni caso, svegliarsi la mattina non è mai un atto da poco e ha una sua spiegazione filosofica tanto profonda quanto sottovalutata. Lo stupore infantile che si avverte nell’aprire gli occhi e scoprire che il mondo è ancora esattamente dove lo avevamo lasciato la sera precedente, prima di abbandonarci all’oscuro emissario del sonno, è la prova di essere di nuovo vivi, frementi, capaci di pensare, sentire, desiderare, ricordare, amare e tornare a sognare.

Il risveglio è la rinascita dei sensi dopo la morte del pensiero cosciente. E il ponte che congiunge la letargia alla veglia è rappresentato dai sogni, quei fantasmi alati che galleggiano nell’intercapedine tra consapevolezza e inconsapevolezza. Così, il sollievo di riemergere ogni mattina a uno stato di coscienza, evoca la sensazione dell’intervento di un invisibile angelo che, provvidenzialmente, ci afferra dagli inferi per riportarci sulla terra, in attesa forse di guadagnare il paradiso.

In fin dei conti, basterebbe osservare dalla Natura per rendersi conto di questo miracolo che puntualmente ogni giorno si rinnova. E i contadini, i primi veri filosofi, lo sanno bene. A ogni alba, tutto il Creato si risveglia, non solo quello umano ma anche quello vegetale: i tuberi si ergono dal terreno, i fiori si schiudono al primo sole, le foglie leccano le gocce di rugiada, le spighe s’allungano al vento e le piante stiracchiano radici e rami come fossero arti intorpiditi assetati di luce e calore.

Ecco, immaginiamo per un attimo d’essere anche noi esseri umani come tante piccole piante, che ogni mattina contribuiscono a mettere in moto questo ineluttabile movimento cosmico, tanto scontato e necessario quanto miracoloso e inafferrabile.

Noi, rispetto alle piante, abbiamo il dono di rifletterci su e di raccontarcelo, anche se magari non sappiamo partorire parole belle come quelle di Victor Hugo. Sta di fatto che gustare il risveglio con stupore e gratitudine può diventare un’esperienza esistenziale profonda e gratificante, il primo semplice gesto per apprezzare ogni giorno la vita.

 

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Paola Cerana

15 settembre 2012 ore 16:32

Caro Fabrizio, ti ringrazio. Io d'altro canto resto ammutolita, pensierosa e riconoscente di fronte a ogni nuova alba, come quella di stamane, nata da un lago mite e silenzioso su cui tuttora mi affaccio. Spero di trovare sempre parole nuove per raccontarla, così come lei - l'alba - ogni volta si risveglia con sfumature nuove e stupendamente vive.
Un caro saluto!

Fabrizio Penna

15 settembre 2012 ore 15:31

Cara Paola, nel tuo scritto sei riuscita a dipingere l'alba con colori così tenui e, contemporaneamente, sgargianti da lasciarmi ammutolito, pensieroso e riconoscente. Con il massimo rispetto per Victor Hugo, questa volta alla sua complessa e colta poetica preferisco la tua fresca espressività bucolica. Brava!