L'arca olearia
Vietato bruciare le ramaglie di olivo con i contributi Pac

La bruciatura delle ramaglie di olivo è una delle principali fonti di inquinamento da PM2,5 e il legislatore ne ha previsto il divieto qualora si acceda ai contributi dell'Ecoschema 3 della Pac
14 febbraio 2023 | R. T.
La storia del divieto di bruciare le ramaglie di olivo dopo la potatura comincia diversi anni fa, con l'articolo 184 del Dlgs 152/2006 che classificava come “speciali” “i rifiuti da attività agricole e agro-industriali ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 cod. civ.”
Bruciare un rifiuto equivaleva a un reato penale e, per qualche tempo, il rischio di fortissime sanzioni per gli olivicoltori aleggiò sulle campagne.
Poi il legislatore capì l'eccesso normativo e modificò la norma con l'esclusione dalle procedure di smaltimento rifiuti “paglia, sfalci e potature".
Da allora, seguendo le indicazioni regionali sui limiti di periodo e le distanze da boschi, la bruciatura delle ramaglie di olivo è stata consentita.
Bruciare le ramaglie di olivo non è una pratica sostenibile
Sebbene risolva un problema pratico importante nelle campagne italiane, specie nelle aree marginali e in collina, dove la gestione delle ramaglie di olivo e più in generale dei residui di potatura con sistemi più sostenibili, come l'uso di trinciasarmenti, biotrituratori o biocippatori, fosse onerosa, faticosa e richiedesse molta manodopea, la bruciatura delle ramaglie non è certamente una pratica sostenibile.
Prova ne è una ricerca condotta in Grecia.
In aree ad alta densità olivicola, come Creta, gli aumenti di PM2,5, durante gli orari di abbruciatura, possono arrivare al 150%.
I ricercatori hanno calcolato, su base mensile media, che l'incremento delle emissioni di PM2,5 dovuti alla bruciatura delle ramaglie è di 1,5 mg/metro cubo di aria a Creta e nel Peloponneso, aree ad alta densità olivicola, e di 0,4 mg/metro cubo di aria in Grecia.
I ricercatori suggeriscono, quindi, che la bruciatura delle ramaglie è una delle principali fonti di inquinamento da PM2,5, in particolare durante l'inverno, nelle regioni più olivicole del Mediterraneo.
Vietato bruciare le ramaglie di olivo con i contributi Pac
La nuova Pac prevede un contributo fino a 220 euro/ettaro per sostenere e migliorare la produttività degli oliveti di particolare valore paesaggistico e storico.
Possono richiedere questa misura tutti gli olivicoltori in possesso di oliveti con una densità media (a livello di parcella agricola) inferiore a 300 piante per ettaro e quelli individuati dalla regione o provincia autonoma competente per territorio, fino ad un massimo di 400 piante per ettaro, in base ad elementi oggettivi quali l’architettura degli impianti, le tecniche di allevamento ed altre pratiche tradizionali. La densità minima è di 60 piante ad ettaro e viene calcolata a livello di parcella agricola.
L'adesione alla misura però prevede, all'Ecoschema 3, il divieto di bruciare le ramaglie di olivo.
L’Ecoschema è indirizzato a sostenere il mantenimento degli oliveti quale patrimonio del paesaggio agrario e dove l’olivicoltura tradizionale svolge importanti funzioni ambientali quali la tutela della biodiversità agricola, la prevenzione del dissesto idrogeologico e del rischio di incendi Si vuole pertanto a preservare e valorizzare gli aspetti paesaggistici e storici delle aree olivetate del territorio italiano, tutelando le caratteristiche di un’olivicoltura tradizionale, meno produttiva rispetto ad un metodo produttivo più intensivo, a maggior fabbisogno di input.
Ed eccoci dunque alle motivazioni per cui il legislatore ha introdotto il divieto di bruciare le ramaglie: "il divieto di bruciatura in loco fa sì che l’Ecoschema concorra alla mitigazione dei cambiamenti climatici riducendo le emissioni”.
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