L'arca olearia
L'olivicoltura italiana scompare, Ministro Centinaio, ci faccia un pensierino...
La produzione cala e i rischi di speculazioni e frodi aumentano. Varrà la pena di investire della questione l'Antitrust per l'aspetto della turbativa del mercato e l'Autorità giudiziaria per quello di eventuali manovre fraudolente? Ci si può ancora affidare allo Stato, dopo la recente vicenda della nota sul tappo antirabbocco? La politica batta un colpo
05 ottobre 2018 | Giampaolo Sodano, Mario Pacelli
Quest'anno le previsioni sulla produzione olivicola nazionale si aggirano intorno alle 200.000 t, contro le 475.000 in media dal 2011 al 2015, mentre le alterazioni del mercato da parte di aziende olearie senza scrupoli che non esitano a mettere in pratica mezzi fraudolenti di vario genere rischiano di dare il colpo di grazia alla produzione di olio autenticamente italiano.
La verità è che l’olio italiano rischia nei prossimi anni di scomparire dal mercato, stretto nella tenaglia da una parte dal calo della produzione olivicola e dall'altro dalle pratiche fraudolente degli imbottigliatori di olio. Le aziende olivicole italiane sono ben 900.000 ma diverranno sempre meno in attesa di interventi pubblici adeguati, come quelli previsti dal Piano Olivicolo Nazionale con un finanziamento di 32 milioni di euro per incrementare la produzione, promuovere l'attività di ricerca, per l'incremento di efficienza del sistema e il sostegno al Made in Italy.
Il piano è però restato inattuato (fatto salvo uno spot pubblicitario con il noto Cannavacciuolo): malgrado le obiettive difficoltà del mercato il Ministro per le politiche agricole sembra mostrare il maggior disinteresse per la questione, forse troppo preso dalla sua funzione aggiuntiva di ministro per il turismo. Che la xilella continui ad imperversare, che gli ulivi in provincia di Lecce siano ormai un ricordo, che in molti casi le olive saranno destinate a rimanere in terra perché il costo di coltivazione, potatura e raccolta non rende la vendita remunerativa, sembrano tutte questioni di un altro paese. Non c'è quindi da meravigliarsi se l'olio italiano incide sempre meno sui consumi (dal 14,5% di cinque anni fa all'8% attuale) : occorre avere pazienza perché il ministro è molto occupato……
Nel frattempo sta accadendo un fatto addirittura miracoloso: l'olio italiano sarà venduto nei prossimi mesi (forse) ad un prezzo inferiore a quello di costo per le aziende produttrici. Naturalmente il trucco c'è ed è quello che rese celebre il film “I magliari" di Francesco Rosi: si vende un prodotto diverso e di minore qualità da quella dichiarata, ad un prezzo apparentemente più basso di quello della qualità superiore ma più elevato rispetto al valore del prodotto effettivamente messo in vendita. Per l'olio extravergine italiano sta accadendo un fatto analogo. Il prezzo corrente di vendita dell’olio italiano ai confezionatori varia attualmente da 4,5 a 5 euro al chilo, qualcosa in più del prezzo (4,3 euro al kg) concordato tra Coldiretti e imbottigliatori. In generale il prezzo di vendita al pubblico è maggiorato di un euro rispetto al costo (qualcosa di più se si tiene presente che ad 1 kg di olio corrisponde più di un litro e che l'olio viene venduto avendo come termine di riferimento il volume e non il peso). A questo punto sarebbe logico attendersi che il prezzo al pubblico si aggiri intorno al 5,5-6 euro: la sorpresa è che in alcuni casi già oggi i supermercati mettono in vendita quest'olio a € 3,99 al litro. Dov'è il trucco? Il furbetto direbbe che ancora una volta viene venduto come olio italiano quello che italiano non è ma un semplice conticino dimostra che la questione è forse più complessa: l'olio spagnolo importato costerebbe, in base ai prezzi correnti, più di quello preannunciato per la vendita dell'olio italiano. Qualcuno potrebbe ritenere che si tratti di vendite promozionali di singole aziende a scopi pubblicitari ma che può anche darsi che l'operazione sia una frode di molte più vaste proporzioni che può riguardare lo stesso meccanismo di qualificazione dell'olio prima della sua messa in commercio e non solo in relazione alla sua origine. Più volte in passato gli organi preposti al controllo hanno scoperto una truffa che va sotto il nome di “olio di carta”, un fenomeno che si manifesta ovviamente in modo significativo ogni qual volta c’è un calo della produzione.
I Carabinieri, la Finanza, l'Ispettorato frodi del Ministero delle risorse agricole conoscono bene il problema e hanno tutti gli elementi per prevenire e colpire i malfattori. Dovrebbero attivarsi anche quelle associazioni dei consumatori, talvolta sollecite nell'indagare sugli oli prodotti da parte di alcune aziende prescelte non si sa in base a quali criteri? Varrà la pena di investire della questione l'Antitrust per l'aspetto della turbativa del mercato e l'Autorità giudiziaria per quello di eventuali manovre fraudolente? E’ un problema da porsi, così come quello della recente nota che di fatto sospende l'efficacia della legge numero 9 del 10 gennaio 2013 relativa all'obbligo del tappo antirabbocco per l'olio extravergine di oliva messo in vendita nei "pubblici esercizi" (dove sta scritto che per pubblici esercizi si intende i ristoranti e non i negozi e i supermercati?) favorendo in tal modo coloro che vendono olio extravergine a prezzi molto bassi e che per questo sono ben lieti di un provvedimento che li sgravi dall'onere del tappo antirabbocco, dimenticando che una circolare non può abrogare una legge, così come non si può omettere il controllo sulla messa in vendita di olio senza tappo antirabbocco come è avvenuto finora. Signor Ministro Centinaio, se non è troppo occupato, ci faccia un pensierino.
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