L'arca olearia 04/05/2018

Il mito del risparmio in olivicoltura, quando tagliare significa perdere denaro

Il mito del risparmio in olivicoltura, quando tagliare significa perdere denaro

I conti in olivicoltura, sempre più spesso, non tornano e allora si taglia su tutto, anche l'indispensabile. Razionalizzare le spese è doveroso, ridurre acriticamente i costi può portare a perdite di guadagno persino superiori. Dalla concimazione alla difesa, fino alla promozione, ecco perchè tagliare si trasforma in un danno


Le spese e le tasse aumentano e allora si taglia, su tutto.

Nella maggior parte delle aziende olivicole non esiste un vero e proprio bilancio. I conti si fanno con la cassa, la liquidità.

Se c'è liquidità si spende, altrimenti no, anche se la mancata spesa può rivelarsi un danno.

Qualche esempio?

I risparmi di spesa sui trattamenti fitosanitari, ridotti al lumicino, hanno fatto tornare in auge, unitamente ai cambiamenti climatici, patologie che non destavano più alcuna preoccupazione, come occhio di pavone e lebbra.

I tagli sui concimi riducono il potenziale vegeto-produttivo delle piante. Non si guarda più al fabbisogno in nutrienti dell'olivo ma al costo dei concimi, magari scegliendo formulati inadeguati o controproducenti. Scegliere concimi ad alto tenore di fosforo è inutile, mentre utile è dare potassio in certi momenti fenologici. Non è solo il titolo a contare ma anche la formulazione. Abbondare con il nitrato ammonico, magari preso in offerta speciale, può significare dare una spinta non voluta all'accrescimento vegetativo a danno della fioritura e della produzione.

Partecipare a un concorso perchè, in quel momento, si ha qualche soldo in cassa, senza una programmazione, anche finanziaria, degli investimenti promozionali può significare dover rinunciare a occasioni interessanti nel futuro.

Cerchiamo allora di analizzare, solo per le voci di spesa citate, il “risparmio” potenziale e le possibili ricadute sulla produttività.
Si tratta solo di esempi che non hanno la volontà di essere calati nella singola realtà olivicola ma debbono servire solo da indirizzo, da linea guida per poi far i conti in proprio.

Stimiamo, sulla base delle letteratura scientifica disponibile, che squilibri e eccessive carenze nutrizionali possano portare a perdite di produzione del 10-20%. Altrettanto per l'acuirsi di patologie poco curate.

Su un oliveto intensivo irriguo, con un potenziale produttivo di 80 quintali ad ettaro, la possibile perdita dovuta a “risparmi” di spesa per concimazione e difesa può quindi andare dai 16 ai 32 quintali ettaro. Ai prezzi degli ultimi anni (70 euro/qle medi), 16 quintali di olive significano un mancato introito di 1120 euro, 32 quintali ovviamente 2240 euro.
Considerando che un buon concime ternario, oggi, ha un prezzo intorno agli 80-100 euro/quintale e ne servono 3-4 quintali per un oliveto calcoliamo una spesa di 320-400 euro. L'acquisto di presidi fitosanitari (trattamenti per la mosca esclusi) può arrivare a costare altrettanto: 300-400 euro/ha. Se ne deduce che la spesa media (=uscita di cassa) per un oliveto intensivo irriguo è di circa 800 euro/ha.

La spesa è quindi inferiore al beneficio generato da una corretta concimazione e difesa fitosanitaria.
Se poi, anziché eliminare totalmente le voci di spesa concimazione e difesa, si sceglie di risparmiare solo su formulazioni o quantità, rischiando comunque di provocare squilibri e danni, ecco allora che il risparmio diventa ancora più apparente e improduttivo.

Veniamo ora al capitolo promozione/comunicazione/marketing, valido per le aziende che hanno canali commerciali diversi dal grossista o commerciante o conferimento a frantoio o cooperativa. Nei testi di economia aziendale è prassi piuttosto consolidata ritenere che l'incidenza di questi costi sul fatturato complessivo sia del 10% per prodotti o mercati maturi, anche molto più del 20% per prodotti e mercati fortemente innovativi o che necessitano di forti spinte al consumo.

L'olio extra vergine di oliva è sicuramente un prodotto maturo e pertanto possiamo considerare il 10% del fatturato un buon punto di partenza. La produzione di 80 quintali di olive va quindi trasformata in olio: 12 quintali (15% di resa). A seconda della zona di riferimento, e tenendo conto del prezzo all'ingrosso, abbiamo quindi un fatturato potenziale da 7200 euro/ha (6 euro/litro di prezzo di vendita) a 18000 euro (15 euro/litro di prezzo di vendita). Se ne deduce una capacità di investimento promozionale da 720 a 1800 euro/ha.
La capacità di spesa ad ettaro equivale, quindi, alla partecipazione a due/quattro concorsi oleari/guide o a uno o due piccoli eventi oleari.

Si tratta di una capacità di spesa che rende necessario scegliere con ponderazione gli eventi o i concorsi ai quali partecipare, tra quelli che possono avere, potenzialmente o per riscontri pregressi oggettivi, il massimo ritorno possibile in termini di comunicazione/visibilità/promozione nel o nei mercati che si intendono sviluppare.
Va ricordato che la comunicazione/visibilità/marketing non dà, di per sé, un ritorno commerciale ma che è leva per incrementare le vendite. Detto in altre parole, non è un concorso o una guida che fa vendere direttamente le bottiglie, ma può aiutare a venderle di più e meglio, se ben sfruttati.

Privarsi di ogni strumento promozionale, al fine di risparmiare, può essere una soluzione accettabile nel breve periodo, o in caso di crisi contingente, ma non in maniera continuativa poiché, come recitava un vecchio slogan: la pubblicità è l'anima del commercio.

Occorre, quindi, anche in olivicoltura un cambio di paradigma con un passaggio dell'analisi economica da cassa (liquidità) a bilancio, ponderando adeguatamente pro e contro, sia per eventuali investimenti sia per eventuali risparmi di spesa che non devono essere mai tagli ma razionalizzazioni. Ogni bilancio, infatti, è composto da due colonne: spese e ricavi, ovvero attivi e passivi. La razionalizzazione presuppone che l'imprenditore stia bene attento ad entrambe le colonne del bilancio aziendale.

di R. T.

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