L'arca olearia

Intensivo contro superintensivo. Ecco i dati dell'Università di Bari

In questo caso l'azienda modello presa a riferimento vende le olive e non l'olio ma la situazione non cambia. Senza contributi pubblici l'impresa va in perdita, anche con il superintensivo

28 maggio 2011 | Alberto Grimelli

E' necessario un rinnovamento nel settore olivicolo. E' giusto ed impellente ma quale genere di rinnovamento? In che direzione deve andare l'innovazione in olivicoltura?

E' una domanda a cui non ci si può più sottrarre perchè, probabilmente, la riforma della Pac fornirà al settore fondi necessari anche per rifare gli impianti più vecchi e desueti. Non si tratterà di finanziamenti illimitati e quindi occorrerà investirli saggiamente, con obiettivi precisi e lungo un'univoca via.

Per questa ragione non è più tempo di uno scontro tra due filosofie e idee, tra chi propugna il modello intensivo e chi il superintensivo ma occorre invece guardare ai numeri, ai conti economici e agli indici.

Teatro Naturale aveva aperto uno squarcio con due articoli (Intensivo contro superintensivo. Facciamo un po' di contiSuperintensivo e intensivo: il confronto si accende), ora siamo molto felici di dare la parola a Luigi Roselli e Bernardo De Gennaro del Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali (SAAT) Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Bari Aldo Moro

Qui presenteremo, vista la complessità dell'opera, uno squarcio sul lavoro dei due studiosi che comunque è liberamente e interamente consultabile: Modelli olivicoli innovativi: un’analisi comparativa.

L’obiettivo dello studio del Saat dell'Università di Bari è stato quello di confrontare economicamente i due modelli intensivo e superintensivo, basandosi sulla comparazione dei flussi dei costi e dei ricavi ad essi associati nel corso di un periodo di riferimento, pari all’intera vita economica dell’impianto di maggiore durata e dei relativi investimenti. La comparazione dei due modelli ha preso in considerazione l’area produttiva olivicola settentrionale della provincia di Bari considerando un periodo di osservazione di 48 anni, pari alla presunta vita economica del modello intensivo e a tre volte quella ipotizzata per il modello olivicolo superintensivo. L’unità di analisi considerata è 1 ettaro di superficie coltivata ad oliveto.

I due modelli hanno previsto una fase di allevamento di 2 anni, una fase di incremento produttivi di 6 anni per l'impianto intensivo e 3 per quello superintensivo, e una fase di maturità (produzione costante) di 11 anni per il superintensivo e 40 anni per l'intensivo.

La comparazione dei due modelli olivicoli è stata effettuata sviluppando l’analisi finanziaria dei flussi di cassa (Cash Flow Analysis) generati nell’intero periodo di riferimento (48 anni). I criteri utilizzati per confrontare la convenienza tra i due investimenti colturali olivicoli sono stati: il Valore Attuale Netto (VAN) e il Tasso di Rendimento Interno (TIR). Il primo criterio misura il valore attuale dei benefici netti (ricavi meno costi) generati da un investimento nel corso della sua durata economica, ad un saggio di sconto predeterminato. Il secondo criterio individua il tasso di sconto che rende il valore attuale dei ricavi esattamente uguale al valore attuale dei costi, ossia rende nullo il VAN. Un investimento è considerato conveniente se il VAN è positivo (VAN > 0) e se il TIR è maggiore o uguale al rendimento di investimenti alternativi caratterizzati dallo stesso livello di rischiosità.

Il totale dei costi di impianto per il modello intensivo è stato calcolato in 10.472 euro e per il superintensivo in 12.583. Va, inoltre, considerato che il costo d’impianto dell’oliveto superintensivo, al netto di alcuni materiali che si è ipotizzato possano essere recuperati, viene sostenuto altre 2 volte nel corso del periodo di riferimento (al 17° e al 33° anno), mentre nel caso dell’intensivo è sostenuto una sola volta.

Per quanto riguarda i costi di gestione e i ricavi si veda la tabella sottostante (OI = oliveto intensivo ; OSI = oliveto superintensivo)

 

Il calcolo dei flussi di cassa ha consentito la misurazione degli indici di redditività dell’investimento (VAN e TIR). Al prezzo delle olive sul mercato all’origine di 350 €/t entrambi i modelli mostrano un VAN negativo, pari a -32.249,48 euro per il modello olivicolo intensivo e -34.622,54 euro per quello superintensivo.

 

Il modello olivicolo intensivo, però, ha mostrato una performance migliore del VAN per ogni livello di prezzo. Il TIR, invece, è risultato migliore per il modello olivicolo intensivo fino ad un certo livello di prezzo, pari a 580 euro/t ma, al di sopra di questa quotazione, la performance del superintensivo supera quello dell'intensivo. Quest’ultimo effetto è da ricondurre alla maggiore rapidità di entrata in produzione del modello superintensivo.

I risultati ottenuti indicano che il rinnovamento degli oliveti rappresenta un’opzione strategica praticabile a condizione di un miglioramento delle attuali quotazioni di mercato delle olive; in particolare sono necessari, se si considera il solo criterio del VAN, prezzi uguali o superiori a 461 €/t per il modello intensivo e superiore a 493 €/t per quello superintensivo.

Il modello superintensivo, nonostante gli indubbi vantaggi di costo, derivanti dal più elevato livello di meccanizzazione delle operazioni di potatura e di raccolta, rese produttive elevate, realizzabili entro pochi anni dall’impianto, ha mostrato delle performance economiche complessivamente inferiori. D’altro canto, questo modello può vantare, a parità di altre condizioni, una durata economica più ridotta e, quindi, una maggiore flessibilità temporale delle scelte aziendali.

 

Si ringraziano gli autori per la correzione dell'Ente di appartenenza. Errore dovuto a un'errata citazione bibliografica repertita da Teatro Naturale su Acta Horticulturae.

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