Bio e Natura 15/04/2022

Biodiversità e origine per il futuro del miele italiano

Biodiversità e origine per il futuro del miele italiano

Il miele è una sorpresa che non esprime solo il suo valore di prodotto, ma quello identitario di un territorio. È necessario uscire dall’anonimato in cui viene costretto tra consumi inconsapevoli


Miele italiano di qualità, certificazione biologica delle attività degli apicoltori, biodiversità reale e promozione e valorizzazione dei territori sono i temi di cui si è discusso alla tavola rotonda tenutasi a Sol&Agrifood, il salone internazionale dell’agroalimentare di qualità, dal titolo “Il miele biologico espressione della biodiversità e della salvaguardia dei territori” nell’ambito di Biols.Eu, progetto dall’Unione Europea per il sostegno dei prodotti bio.

“Oggi il miele è il terzo prodotto più adulterato nel mondo. In Italia corriamo dei rischi, perché siamo produttori di miele ma ne consumiamo molto di più di quello che produciamo e quindi dipendiamo dall’importazione per almeno il 50 per cento" ha dichiarato Colomba Mongiello dell'Osservatorio Agromafie, ripercorrendo un parallelismo con l'olio di oliva, anch'esso bistrattato dalla politica, nonostante sia prezioso per l'ambiente e la salute.

“Le api sono uno strumento prezioso per il monitoraggio della salute ambientale – ha detto Nicoletta Maffini, direttore generale di Conapi, Consorzio nazione APIcoltori, che unisce allevatori di api con oltre 110mila alveari in Italia, dei quali oltre 50mila in agricoltura biologica –. Gli apicoltori negli ultimi anni sono intervenuti costantemente per alimentare le proprie api, minate da condizioni climatiche avverse e si sono confermati partner di una filiera di produzione che è espressione reale della biodiversità e della salvaguardia dei territori. Gli apicoltori sono coltivatori e moltiplicatori di questi valori”.

Il processo di certificazione è stato descritto da Stefano Aprili di CSQA, Organismo di certificazione attivo nei settori dell’agroalimentare: “Registriamo, a garanzia del consumatore, tutto quello che ruota intorno all’attività dell’apicoltore, mettendo in pratica la certificazione di processo. Valutiamo, quindi, la qualità dello spazio, il raggio d’azione delle api, il loro areale di vita, il valore stanziale o nomade degli alveari, la registrazione dei loro spostamenti quando si vogliono raggiungere fioriture diverse”. 

Le valorizzazioni territoriali cono state al centro dell’intervento di Serenella Mortani, dell’Associazione Città del miele: “Anche il miele deve comunicare la biodiversità che caratterizza i luoghi di produzione – ha detto Mortani –. Il miele non è mai globale o fine a se stesso: le fioriture e i territori offrono una biodiversità straordinaria che va oltre la quotidianità di consumo di mieli differenziati come oggi il mercato offre. Ogni territorio in Italia, infatti, garantisce caratteristiche olfattive e gustative che rendono il miele un vero viaggio esperienziale”.

Su questo tema si è inserito l’intervento di Valeria Malagnini e Paolo Fontana della Fondazione Mach: “Il miele è una sorpresa per l’ambiente che non esprime solo il suo valore di prodotto, ma quello identitario di un territorio. È necessario uscire dall’anonimato in cui viene costretto tra consumi inconsapevoli, che spesso ingannano un consumatore poco attento. Il miele – ha detto Malagnini – ci offre una nuova prospettiva di azione, rendendoci consapevoli di come, salvando le api, possiamo salvare l’ambiente. Per far questo abbiamo strumenti come il ‘Biodiversity Friend Beekeeping’, certificazione che va oltre il prodotto, raggiungendo l’ambiente e le sue biodiversità. L’ape ci offre la possibilità di apprezzare le diversità dell’ambiente in cui vive, valori questi che dobbiamo certificare”.

Colomba Mongiello ha quindi chiuso il convegno con un auspicio: “Dobbiamo difendere il lavoro dei nostri apicoltori, minato dall’arrivo di prodotti esteri, dalla Cina soprattutto, che giungono sul nostro mercato a prezzi estremamente bassi; se in Italia il costo medio di produzione sfiora i 6 euro al chilo, i prodotti importati arrivano a toccare i 2 euro al chilo. Ma cosa importiamo? Dev’essere chiara una cosa, che a livello industriale il miele non può essere prodotto e il prodotto che riceviamo dall’estero a prezzi irrisori non è altro che un dolcificante ottenuto in laboratorio dall’unione di sostanze zuccherine che alla fine danno un liquido denso che confonde solo il consumatore. Miscele queste che non sono regolate da alcuna norma, ne da diciture obbligatorie in etichetta. Ma senza le adeguate informazioni in etichetta il consumatore non avrà mai la possibilità di ricevere garanzie sulla composizione e sulla qualità del prodotto che si porta a casa. Per questo dobbiamo lavorare per ottenere in etichetta una corretta informazione sull’origine”.

di T N