Editoriali

Il precario vestito di nero

23 febbraio 2008 | Antonella Casilli



Chi conosce bene la sottoscritta ha sovente l’abitudine di dire che parla per libri. Qualsiasi intervento personale su argomento di attualità e quant’altro è liquidato con un "in quale libro sta scritto?"

Questa volta, dopo l'editoriale del dott. Tesi (link esterno), scelgo, personalmente, di dare la voce a un libro per continuare ad interessarci di un argomento, quale il lavoro nero, che mi occupa ed interessa sin dai banchi dell’università.

Il lavoro nero, spesso si dimentica, purtroppo, comporta anche il venir meno della rete di tutela, pensiamo a disoccupazione, malattia, maternità, infortuni.
I lavoratori in nero difficilmente, in futuro, godranno di un trattamento pensionistico superiore all’assegno sociale riconosciuto a tutti i cittadini poveri.

Canio Lagala, associato di Diritto del Lavoro nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Foggia, in un interessantissimo saggio, edito da Ediesse, Precariato e Welfare in Italia, si interroga appunto su quale Welfare riconoscere ai lavoratori precari, optando per una soluzione non "compassionevole" ma che premi e incentivi il lavoro.

Domanda fondamentale, da porsi, ritiene Lagala, è, in merito al mercato del lavoro agricolo se questo sia più trasparente di quanto non lo fosse in passato e se la previdenza agricola presenti una gestione finanziaria più equilibrata e soggetta ad abusi.
Ricorda, l’autore, che una delle più significative innovazioni, del processo di riforma, attuato nell’ultimo decennio ha riguardato la c.d. liberalizzazone del mercato del lavoro e altresì l’introduzione del registro d’impresa.
La legge 608 del 1996 pone a carico dell’impresa agricola solo l’onere di:

a) consegnare al lavoratore, all’atto dell’assunzione una dichiarazione sottoscritta dal datore di lavoro contenente i dati relativi all’assunzione effettuata;

b) comunicare al centro per l’impiego e all’Inps, inizialmente entro cinque giorni (ora preventiva) il nominativo del lavoratore assunto, la data dell’assunzione, la tipologia contrattuale, la qualifica e il trattamento economico. E’ di tutta evidenza che quantunque si sia venuti incontro alle esigenze del datore di lavoro si è anche data la possibilità al lavoratore di avere contezza del rapporto di lavoro instaurato e questo è lapalissiano che nella ratio della legge fosse uno strumento per combattere “il nero”.

A partire dal 1988, ricorda l’autore, con la L. 160 è stata introdotta l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti che è una prestazione economica erogata in un’unica soluzione l’anno successivo in rapporto alle giornate lavorate nell’anno precedente.

Lagala chiarisce che le ragioni che maggiormente hanno giustificato la nascita della nuova prestazione di disoccupazione possono essere così riassunte:

a) assecondare le richieste provenienti dal mercato del lavoro di prestazioni lavorative sempre più flessibili e limitate nel tempo;

b) dare la possibilità a migliaia di lavoratori di costruirsi un reddito vitale annuo fatto, oltre che di lavoro precario, saltuario e stagionale, anche di risorse previdenziali ed assistenziali;

c) far emergere tutto il lavoro precario superando le situazioni di connivenza in uso tra datore di lavoro e lavoratore tese ad occultare il lavoro prestato in tutti i casi in cui lo stesso non fosse produttivo di alcun beneficio sul piano previdenziale ed assistenziale.

Eppure, conclude Lagala, è di primaria necessità accertare la sussistenza dello stato di disoccupazione dei lavoratori (con occupazione parziale, saltuaria, intermittente) se si vogliono estendere le tutele per i lavoratori precari senza favorire, però, il lavoro nero o alimentare comportamenti opportunistici che farebbero venir meno l’indispensabile apporto di solidarietà necessario per coprire le ingenti spese che una simile tutela comporta.

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