Editoriali

DUE PUNTI ROSSI

12 gennaio 2008 | Monica Sommacampagna

Permettetemi di condividere con voi una riflessione che, forse, vi sembrerà bizzarra o visionaria. Di unire due punti rossi di dolore – un po’ come si faceva da ragazzini sulla “Settimana enigmistica”, congiungendo punti neri che alla fine avrebbero tracciato un disegno, in quel caso preordinato.

L’assassinio di Benazir Bhutto è un sopruso compiuto dal Male contro una donna di straordinario rilievo politico e umano, che rappresentava un sole di speranza. Di quelle speranze che superano i limiti dell’egoismo e del buonsenso per abbracciare un PAN-Bene orientato fermamente a generare cambiamenti non solo in una piccola società ma nel mondo intero.
Con la sua morte è il mondo intero a piangerla, a sentirsi ingiustamente privato di una fibra intima, pulsante e generatrice di Bene.
Credo che non dovremmo permettere la proliferazione del Male. Dovremmo tutti impegnarci di più per salvaguardare il Bene. Magari partendo da un punto di vista diverso.

Vi faccio un esempio. C'è una suora che io conosco che è una maestra generosa e tanto amata dalle fanciulle e dai fanciulli che frequentano la sua scuola materna. Lei, la vita religiosa e il suo impegno per i bambini sono una cosa sola. Ho incontrato la suora subito dopo Natale. L’istituto era deserto di creature. In quel pomeriggio freddo la classe, spoglia, presentava, insieme ai giochi, qualche attrezzo per le pulizie. Le sale dove generalmente brulicavano voci concitate, rumori di passetti veloci e fruscii di grembiulini erano immerse in un silenzio di ghiaccio. Ma proprio in questa atmosfera, in questo silenzio quasi surreale, sono risuonati altri aspetti, quelli che la frenesia e la quotidianità spesso camuffano al punto da accecarci sulle cose che contano.

Mentre la suora era andata a prendere da una bacheca demodè alcuni cioccolatini a forma di coniglietto per le bimbe, ho notato che zoppicava. Le ho domandato perché. Come se fosse la cosa più naturale del mondo, lei mi ha risposto che per un serio problema alle anche avrebbe dovuto operarsi. Glielo avevano detto due specialisti. Lo avrebbe fatto a giugno, per non lasciare a metà anno la classe dei piccoli. Più persone le hanno detto però che dovrebbe anticipare. Lei ha sorriso.

Il suo bene coincide da sempre con quello dei bimbi. Apparentemente.
Perché il suo bene prevede la sopportazione di un male che – se non viene curato correttamente – può compromettere la salute di lei come fonte di Bene.
A mio avviso Dio ci ha dato il Male perché noi lo ascoltiamo e facciamo tutto quello che è in nostro potere per superarlo. Non per sopportarlo, né per piegarlo alla nostra logica. Perché il Male, lungi dall’attenuarsi, cresce se pensiamo di occultarlo, che non esista o di procrastinare la soluzione del problema che l’ha generato. Simile al vapore in una pentola a pressione, mano a mano che il tempo passa, quanto più si tenta di soffocarlo tanto più aumenta la sua forza e la pentola rischia di scoppiare.

Il Male (la sofferenza) va accolto come parte fondamentale della vita (avete mai visto un colore senza tonalità più scure, il sole senza ombra?). Ma per combatterlo dobbiamo a mio avviso ascoltare i segnali che esso ci dà e fare prontamente tutto quello che è in nostro potere per diminuirne sia l’intensità che la portata. Attuando cure che possano almeno fornirci l’illusione di aver risolto il problema. È una questione di tempi e di modalità. Riconoscere il Male senza nasconderlo. Accoglierlo come parte di un processo che serve a qualcosa di diverso dalla distruzione fine a se stessa. Ma soprattutto AGIRE subito, agire bene, animati da una Fede capace di andare oltre lo smarrimento, la sfiducia, il dolore del momento. Anche perché la sopportazione limita.

L’avrete sperimentato pure voi: avendo male a un dente il dolore vi deconcentra dal lavoro, dal piacere, dalle relazioni con gli altri, in maniera più o meno intensa. Perché che voi lo vogliate o no, per sopportare investite energia preziosa che potrebbe essere dedicata a sviluppare un compito in un modo migliore e più veloce, a un ascolto più attento degli altri, a dare un aiuto più libero e disinteressato. È nella natura delle cose, del corpo stesso: se un campanello d’allarme squilla in un punto del corpo – un focolaio di dolore – mente e risorse fisiche sono impegnate a fronteggiare l’emergenza.

Certo, la medicina, i rimedi – pur tempestivi – mica sempre funzionano. Ci si può operare anche subito all’anca e poi magari insorge qualche altra complicazione… La sopportazione in quel caso per me ha senso nel momento in cui si sta agendo per trovare una soluzione: serve a gestire meglio i momenti di sconforto, di fallimento momentaneo e ad aiutarci a mantenere una visione positiva del futuro. La Fede ci aiuta. Tanto. Ma la Fede è attiva, mai rinunciataria.

In sostanza dobbiamo avere cura del corpo e della mente per generare bene in modo più immediato e generoso. È un dovere che abbiamo verso noi stessi e anche verso gli altri.

E se il Male (il dolore) dovesse poi avere la meglio comunque? Penso che nessuno sforzo fatto sia inutile. Nessuna morte – come quella, globale, di Benazir Bhutto – è priva di conseguenze. Presto o tardi genera una catena di eventi le cui proporzioni – in questo caso benefiche – nemmeno possiamo immaginarci.
A patto che ciascuno di noi si impegni nel lavoro di difesa e di comunicazione del Bene. Il principio dell’energia che si propaga – sia dal punto di vista della fisica che delle religioni orientali – è un dato riconosciuto. In una presunta fine un nuovo inizio e di qui la possibilità di un cambiamento rigeneratore.

Tutte le discipline scientifiche e umanistiche sono d’accordo su questo punto: l’energia, la Fede, l’ottimismo per esplicare la loro magnifica azione devono essere lasciati liberi di fluire. E vanno difesi sin dalle prime avvisaglie di dolore e di male, che li limitano. Poi Dio (il caso) farà il suo corso. Ma almeno avremo compiuto il nostro dovere di uomini, dedicandoci al Bene con una passione piena e potente, capace di generare cambiamenti.

Se questo nostro corpo è limitato dal dolore, se lo spirito è minacciato dal Male, il fatto di prenderci cura del bene di noi stessi e, di conseguenza, degli altri, ci renderà migliori e più forti testimoni del Bene. Ci appagherà se non altro del fatto di non aver fatto il gioco del Male ma, anzi, proprio sovvertendo il principio della sopportazione intesa come sacrificio limitante, di aver contribuito, invece, a una più rapida e incisiva azione per diffondere il Bene a livello quanto più globale.

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