Editoriali 17/06/2022

Giovani olivicoltori italiani: imparate l’arabo!

Giovani olivicoltori italiani: imparate l’arabo!

Sono combattuto tra un cauto ottimismo, per una congiunzione astrale particolarmente favorevole all’Italia dell’olio di oliva, e una certa sfiducia nella classe dirigente del nostro Paese. Lo show del mondo arabo al Consiglio oleicolo internazionale non promette nulla di buono


La guerra russo-ucraina, come legittimo e doveroso, ha messo in stand by molte polemiche, diatribe e teatrini, tranne ovviamente nella politica nostrana.

Per fortuna ha fatto eccezione il mondo agricolo che, escludendo le motivate levate di scudi sugli aumenti dei costi produttivi, ha tenuto bassi i toni.

Incredibilmente, anche ai Tavoli olivicoli, si è badato più al sodo, ai programmi e ai progetti, che non alle querelle politico-associazionistiche, tanto che oggi è più diviso, su temi concreti, il mondo dell’industria e commercio oleario piuttosto che quello agricolo.

E si tratta della prima congiunzione astrale favorevole all’Italia dell’olio di oliva.

Vi è poi una recentissima notizia che va ad aggiungersi al piatto della bilancia delle positività: l’elezione di Gennaro Sicolo a vicepresidente nazionale della Cia-Confederazione italiana agricoltori. Gennaro Sicolo è anche il presidente di Italia Olivicola.

Ecco che, considerando che David Granieri è presidente di Unaprol e vicepresidente nazionale di Coldiretti, abbiamo due olivicoltori ai vertici delle organizzazioni agricole, quelle che hanno voce e peso sia al Ministero delle politiche agricole sia a Bruxelles.

E questa è la seconda congiunzione astrale favorevole.

Ve n’è una terza: i progetti di Spagna e Tunisia di rendere l’extra vergine una vera commodity, depotenziare il panel test e dare il via libera all’olio dolce, si sono scontrati col Covid che ha rallentato, in realtà quasi paralizzato, l’attività del Consiglio oleicolo internazionale per quasi due anni e proprio quando doveva avere la maggiore spinta propulsiva.

Purtroppo non c’è una quarta buona notizia, anzi vengono solo le dolenti note, in parte note (la produzione arranca e i prezzi sono bassi, l’abbandono progredisce) e in parte non conosciute ai più.

Pochi sanno che, appena le condizioni della pandemia globale lo hanno reso possibile, il direttore esecutivo del Coi, il tunisino Abdellatif Ghedira, accompagnato da Jaime Lillo, vice direttore esecutivo, sono volati a Bruxelles per incontrare i vertici della Commissione europea. Sul tavolo le trattative per il rinnovo delle posizioni apicali del Consiglio oleicolo internazionale nel 2023.

Voci sussurrano che il mondo arabo reclami, in virtù dell’ingresso di molti nuovi membri, il ruolo di direttore esecutivo, rompendo così l’alternanza consolidata per la posizione di direttore esecutivo tra mondo europeo e arabo. Sul piatto, però, la possibilità che proprio il mondo arabo possa rimpinguare le casse del Coi, facendo diminuire l’esborso per l’Unione europea.

A questo si aggiunga lo show andato in scena in Giordania in occasione della 115 sessione del Consiglio del Coi e del Comitato consultivo. Le delegazioni del mondo arabo erano molto nutrite, attive, propositive e vivaci. Per contro quelle europee, ed italiana in particolare, erano sparute, vivendo l’appuntamento come un obbligo da sopportare piuttosto che un’opportunità da cavalcare.

E’ il Coi la sede dove vengono decise le regole del gioco.

Considerando ormai irreversibile il percorso che porterà l’olio extra vergine a essere una vera commodity, solo presenziare e contare nella stanza dei bottoni può portare a ottenere delle compensazioni che possono salvare tipicità e qualità, garantendo un futuro commerciale all’olio italiano.

E’ tempo che la classe dirigente olivicola italiana sfrutti le poche congiunzioni astrali favorevoli, che raramente tornano, e ottenga qualche risultato per il bene dell’olivicoltura italiana, lavorando insieme.

Non chiedo unità, neanche la pace, nemmeno una tregua: solo un accordo di convenienza.

L’alternativa? Giovani olivicoltori italiani: imparate l’arabo!

di Alberto Grimelli

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