Editoriali
FORZA RURALE
28 aprile 2007 | Graziano Alderighi
Qualche settimana fa dichiarai il mio amore per Bayrou. Riponevo in lui molta fiducia, ritenevo fosse lâuomo capace di risollevare le sorti dellâagricoltura, un paladino del mondo rurale. La sua sincera passione per la campagna mi aveva commosso.
In realtà , con il proseguo della campagna elettorale, che presto vedrà la Royale e Sarkozy contendersi la poltrona di Presidente della Repubblica, debbo riconoscere che tale passione si è trasformata in stupore prima, in aperto plauso poi.
Ho infatti visto scene che mi hanno fatto sobbalzare sulla poltrona: la Royale con un agnellino in braccio che magnificava il lavoro nei campi e Sarkozy, accompagnato da una selva di fotografi e cineoperatori accovacciati sui trattori, andarsene a zonzo a cavallo per la campagna francese, celebrandola e magnificandola.
La lotta per la conquista dellâultimo voto val bene una cavalcata o un abbraccio a un agnellino, ma perché in Francia sì e in Italia no? Perché, nel nostro Paese, non abbiamo mai visto Prodi o Berlusconi non dico guidare un trattore ma almeno partecipare a una fiera agricola o al famosissimo e rinomato Vinitaly?
La produzione lorda vendibile derivata dallâagricoltura in Francia non è poi così distante da quella italiana né gli occupati francesi nel settore primario sono tanto più numerosi di quelli italiani.
Accantonata così ogni idea di spiegare lo strano fenomeno solo su basi economiche ho cercato di comprenderne le ragioni sociali e territoriali.
In Francia vi sono infatti dei distretti rurali, non tanto e soltanto perché amministrativamente individuati in quanto tali, ma perché la gente che li abita, indipendentemente che viva nei borghi o in fattorie crede fortemente che le esigenze del proprio areale debbano essere vissute, comprese, capite anche dal potere centrale.
Si è venuta così a creare, in Francia, una vera e propria forza rurale capace di condizionare anche le scelte politiche dello Stato centrale. Accade così che Chirac si erga a difensore dellâagricoltura europea contro gli spregiudicati tagli annunciati da Blair, accade così che i candidati alla Presidenza debbano fare una o più tappe in campagna e obbligatoriamente mostrarsi alla Fiera dellâagricoltura di Parigi. Lâagricoltura e il mondo rurale, al pari delle periferie degradate, sono al centro della scena politica nazionale.
In Italia, invece ci dividiamo tra rossi e neri, tra verdi e bianchi, quasi che non appartenessimo a un territorio, che non lo vivessimo quotidianamente, come se le scelte del Governo non avessero ripercussioni sulla nostra regione, sulla nostra provincia, sul nostro Comune. Dimentichiamo che gli amministratori locali, efficienti o inetti, non hanno i pieni poteri e che talune problematiche non possono essere risolte con i miseri budget a disposizione degli enti locali.
Far prendere coscienza ai politici nazionali, così come accade in Francia, delle peculiarità dei diversi territori che compongono la nazione non è bieco individualismo ma una pretesa assolutamente legittima dei rappresentati nei confronti dei rappresentanti.
Per ottenere questo risultato anche in Italia, per ridare dignità alle nostre campagne, occorre però costruire una vera e tangibile forza rurale.
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