Editoriali
La Xylella è oggi quello che l'Aids era negli anni Ottanta
Qualcosa non ha funzionato ma gli errori del passato devono condurci sulla giusta strada per il futuro. Quando vedremo negli oliveti uomini e donne in camice bianco piuttosto che in divisa o in toga potremo nutrire una speranza
26 aprile 2019 | Matteo Storelli
Considerata la rilevanza ormai nazionale di uno dei fenomeni più importanti che stanno gravemente minando uno dei principali pilastri dell’economia regionale pugliese , sempre più spesso i mass media dedicano prime pagine o servizi di apertura all’infezione da Xylella che sta causando il disseccamento rapido degli ulivi nel Salento.
La questione è ormai tristemente nota e ci limiteremo qui a ricordare il filo rosso comune a base dell’informazione ossia i rapporti spesso conflittuali tra le varie potenze in gioco: quella politico/amministrativa, giuridica e scientifica tutte concordi nell’agire in difesa degli agricoltori e del territorio pur proponendo a volte tesi contrapposte.
L’elemento centrale della discussione sembra essere il rimbalzo di responsabilità legato più al comportamento umano che alla conoscenza del fenomeno. Ormai siamo di fronte ad un vero e proprio flagello biblico. Quattro provincie su sei risultano infette!
Al di là degli errori del passato e del presente di cui parleremo, continua a passare sotto silenzio l’argomento chiave di tutta la vicenda: l’impotenza della scienza a contrastare efficacemente un fenomeno naturale come può essere la diffusione di una malattia umana o vegetale.
La storia, se si sa leggerla, è una brava maestra!
Per restare ai tempi recenti, trent’anni fa uno stesso senso di impotenza sconfortava l’ambiente sanitario: la diffusione dell’AIDS che con questa malattia vegetale, almeno nei passaggi chiave, ha più di un punto in comune. La battaglia contro l’AIDS che dura ancora oggi ha raggiunto ormai i risultati minimi attesi ossia la derubricazione da malattia letale a malattia cronica, il che non è poco con prospettive promettenti come possono essere una futura completa guarigione o l’introduzione di un vaccino efficace.
La sinergia tra le istituzioni, la comunità scientifica e le aziende farmaceutiche nel rispetto dei propri ruoli ha prodotto risultati concreti che hanno consentito di proporre cure antivirali sempre più efficaci e migliorare notevolmente la qualità di vita dei pazienti. Quando i ruoli si rispettano e il bersaglio individuato correttamente i risultati arrivano.
Per la Xylella, a cinque anni dall’infezione, a situazione è paragonabile a quella dell’AIDS alla fine degli anni ottanta!
Sappiamo qual è l’origine dell’agente infettante, il suo modo di propagazione e gli effetti che produce ma non disponiamo di sistemi di lotta efficaci per contrastarne la diffusione. Anche l’eradicazione degli alberi nelle cosiddette zone cuscinetto è una misura intrapresa in ritardo e alimenta dubbi di efficacia. Il fronte è troppo largo e viste le dimensioni attuali è un po’ come se a livello sanitario si volesse mettere in quarantena un’ intera popolazione. E’ l’errore del passato per il quale l’Italia rischia il deferimento alla Corte di Giustizia Europea per non aver ottemperato ad uno dei principi fondanti dell’Ordinamento Comunitario ossia a il principio di precauzione.
L’errore del presente non è meno grave. Non è ancora stato riconosciuto il ruolo chiave della scienza in tutta la vicenda. Infatti in mancanza di un opportuno coordinamento si avanza in ordine sparso e in una dimensione che non è quella giusta. Già nel 2015 l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) aveva raccomandato di promuovere e intensificare la ricerca a livello locale, dalla biologia del batterio e degli insetti vettori ad un sistema integrato di soluzioni per le difese delle coltivazioni. Qualcosa non ha funzionato. La batteriosi infatti continua ad avanzare inesorabilmente! Le piante muoiono! La dimensione del problema impone un coordinamento a livello europeo.
Il tempo dei tavoli tecnici locali nei quali la responsabilità viene parcellizzata e che raramente porta a risultati concreti è terminato. Non si può più spegnere l’incendio col secchio! Il problema non è più solo italiano: anche Spagna, Francia e Germania registrano focolai di infezione.
L’olivicoltura europea è stata colpita al cuore! Non è nemmeno un problema di fondi e di risorse!
La seconda potenza, quella politico-amministrativa almeno questo riesce a farlo Da qui al 2021 sono state annunciati finanziamenti per circa 300 milioni di euro. Le risorse sono importanti per risollevare nel breve termine la situazione economica degli agricoltori ma non contribuiranno ad arrestate la diffusione della malattia che è la vera emergenza da combattere.
La scienza purtroppo a volte non si mette in moto da sola!
Sarebbe opportuno che la Commissione stessa individui senza indugio l’Autorità scientifica competente che faccia da capofila per un progetto di ricerca che affronti l’emergenza secondo uno schema a catena corta adottando modelli efficaci che prevedano una equa ripartizione tra le risorse da destinare alla logistica e quelle da destinare alle risorse umane ossia l’impiego massiccio di ricercatori qualificati e motivati ma soprattutto coordinati.
In sostanza solo quando vedremo negli uliveti uomini e donne in camice bianco piuttosto che in divisa o in toga potremo dire di stare più tranquilli e nutrire una speranza!
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